Draghi ha deciso: ecco quando si dimetterà

Il premier sarebbe pronto a lasciare Palazzo Chigi il prossimo autunno dopo l’approvazione della manovra finanziaria

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Elezioni a ottobre. È il piano segreto della “troika de’ noantri”, ovvero del trio Draghi, Giavazzi e Franco, come lo chiamano ormai a Montecitorio. Per accorciare l’agonia del Governo, l’intento è di anticipare all’estate la Legge di Bilancio per il 2023, senza però riuscire a scalfire il record di Giulio Tremonti che con la sua autorevolezza a giugno del 2008 riuscì a fare approvare dal Consiglio dei ministri la Finanziaria in soli nove minuti e mezzo. E pensare che, quando erano ancora in vigore i parametri europei, generalmente si utilizzava l’estate solo per le cosiddette manovre “balneari”, ma solo per rettificare i conti del primo semestre dell’anno.

Ma torniamo al piano di approvazione-lampo della Legge di Bilancio: è obbligatorio presentarla a settembre ma nessuno impedisce di farlo prima, come riservatamente hanno potuto verificare gli uffici della Ragioneria dello Stato, vista la combinazione micidiale pandemia-guerra. L’unico ostacolo potrebbe essere rappresentato dalla Presidenza della Repubblica; tuttavia anche Mattarella si è reso conto che con un Super Mario uscito così malconcio dall’avventura del Quirinale e dopo l’ennesimo scontro sul decreto fiscale, questa maggioranza multicolore non è più in grado di governare.

A dare l’allarme ad Arcore prima degli altri sul progetto segreto della “troika de’ noantri” è stato il deputato di Forza Italia Antonio Martino il quale, in commissione Finanze, si è battuto per evitare l’inasprimento delle tasse sulla casa. Ma la morsa che si sta stringendo su Super Mario viene anche dall’estero, accerchiato dalle donne che contano in Europa. Infatti, se Ursula von der Leyen lo ha chiamato per dirimere con un’altra donna, la segretaria al Tesoro americano Janet Yellen, la questione del congelamento delle riserve della Banca Centrale Russa, Draghi sarà presto convocato anche da Christine Lagarde, che l’ha sostituito alla Bce. La banchiera d’Europa che sembra sempre uscita da un solarium, non sa più cosa fare ora che gli Stati “virtuosi” vogliono vederci chiaro sui titoli di Stato dei paesi Ue, Italia inclusa, comprati per sostenere l’economia europea dal giorno dell’acclamato diktat “Whatever it takes” del luglio 2012. Vicenda che va di pari passo con la revisione dei parametri comunitari su deficit e debito pubblico, sospesi fino al 2023 per il Covid e la guerra, ma che torneranno a dominarci, anche se con ogni probabilità verranno modificati.

A creare ulteriore confusione è stato – ça va sans dire – il funambolesco consigliere Francesco Giavazzi il quale ha voluto dire la sua anche sul debito pubblico e dopo aver affermato che “possiamo fare a meno del gas russo, con la bella stagione utilizzeremo l’energia idroelettrica”; trascurando che stiamo attraversando la peggiore crisi idrica degli ultimi trent’anni e che l’Italia, da Nord a Sud, è in piena siccità.

Questa volta il coniglietto uscito dal cilindro di Giavazzi è la creazione di una nuova agenzia europea (l’ennesima) che, garantita da tutti gli Stati membri, compri i titoli attualmente detenuti dalla Bce. In Banca d’Italia hanno fatto notare che la proposta sia totalmente inutile, non essendo immaginabile, anche sospendendo l’acquisto di titoli, che la Bce possa vendere o non ricomprare alla scadenza, per esempio, i 700 miliardi di titoli italiani che ha in pancia: se così fosse, lo spread schizzerebbe immediatamente a 500.

Costituire quindi una nuova agenzia per replicare di fatto il lavoro che fa già egregiamente la Bce, con la differenza, nella situazione attuale, che a rispondere delle eventuali perdite sarebbe una banca centrale capace di finanziarsi stampando denaro mentre, nel secondo caso, la garanzia dovrebbero darla tutti gli Stati europei. Nell’ipotesi poi, improbabile, che questa nuova agenzia dovesse comprare debito addizionale rispetto a quello già gravante sul bilancio Bce, bisognerebbe stabilire sino a quando e a che condizioni, ammesso e non concesso che tedeschi, olandesi, austriaci e finlandesi accettino mai di garantire per i vari deficit, compreso quello italiano. Ma anche qualora questo fosse possibile, allora perché approvare il Meccanismo Europeo di Stabilità che prevede l’acquisto del debito con così rigide condizioni?

A queste domande di Banca d’Italia Giavazzi non risponde mentre Draghi, a questo punto, desidera solo fuggire ed è per questo che nel suo prossimo viaggio a Washington cercherà di strappare a Joe Biden una promessa per la Nato. E, forse proprio per togliere il disturbo, spingerà per elezioni a ottobre con buona pace dei deputati che avranno così garantita anche la loro pensione. Speriamo almeno che ci lasci con qualche stufetta e un po’ d’aria condizionata.

Luigi Bisignani, Il Tempo 10 aprile 2022

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