Nel corso della conferenza stampa, indetta per comunicare le determinazioni assunte dalla cabina di regia, il premier Mario Draghi, affiancato dal ministro della Salute Roberto Speranza, ha annunciato importanti novità sulle riaperture, sconfessando i fautori pervicaci del lucchetto ben serrato sul Paese. Si procede verso un allentamento delle restrizioni nella consapevolezza di «un rischio ragionato, un rischio fondato sui dati che sono in miglioramento» – così si è espresso il presidente del Consiglio.
Si torna al ristorante
Dal 26 aprile torna in vigore la zona gialla con le attività di ristorazione che potranno operare sia a pranzo che a cena. Nelle regioni, catalogate come gialle o arancioni, riprenderanno le attività scolastiche in presenza, mentre nelle zone rosse l’esercizio della didattica verrà ripartito fra la modalità in presenza e quella a distanza. Dunque, è subentrata una narrazione che archivia la precedente che era ispirata al verbo asfissiante del confinamento. La pressione della piazza, quella pacifica che con dignità rivendicava segnali di discontinuità, la fermezza politica della Lega e l’appello accorato di alcuni governatori regionali hanno influito nella scelta del premier Draghi, che ha preferito dare ascolto alla razionalità delle riaperture, seppur graduali ma con riferimenti temporali certi, anziché all’ottusità del rigorismo.
Commissariato il ministro Speranza
Le misure annunciate dall’ex banchiere centrale, con il ripristino delle zone gialle, le riaperture progressive dei bar, ristoranti, palestre, piscine, cinema e teatri, sbugiardano la linea chiusurista a cui Speranza stava sacrificando l’economia nazionale. L’esponente di Leu, sin dall’esordio pandemico, ci ha rifilato il refrain del lockdown come unica soluzione nel contrasto al Covid. Tanto che, con i suoi messaggi ripetitivi e monotoni, come quando una puntina di giradischi si incanta sul punto difettoso del disco, provocando un effetto acustico molesto, ha concorso a diffondere nel Paese un senso di impotenza.