Esteri

Guerra in Medio Oriente

Dubbi e doppiopesismo: i media credono a Zelensky ma non a Israele

Vietato avanzare dubbi sulle versioni di Kiev, mentre per Israele vengono persino accolte le tesi di Hamas

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La comunicazione riveste un ruolo cruciale in tempo di guerra. Le informazioni raccolte sul campo da fonti indipendenti sono poche, pochissime, mentre proliferano versioni e contenuti di ogni tipo sui social network. Dati difficili da verificare, confermare o smentire. Il rischio che si corre è quello di agire inconsapevolmente da megafono della propaganda. C’è però anche un altro aspetto da valutare, reso cristallino da quanto accaduto in Ucraina e poi negli ultimi giorni in Israele: la forza del doppiopesismo.

Durante le fasi più delicate dell’invasione russa in Ucraina, era pressochè vietato avanzare dei dubbi sulla versione fornita da Kiev. Sono tanti i possibili esempi, ma due sono particolarmente significativi: il sabotaggio del gasdotto Nord Stream e l’attacco missilistico a Kostiantynivka. Due situazioni opache, impossibili da analizzare attraverso fonti neutrali. Nonostante ciò, nessuno ha provato a fornire una chiave di lettura diversa da quella di Zelensky nonostante qualche controversia difficile da dissipare. Il tempo – insieme a qualche analisi approfondita da parte dei media statunitensi – ha regalato un’altra verità: i due attacchi non erano stati firmati dalla Russia. Il sabotaggio del Nord Stream firmato dagli ucraini, mentre il bombardamento a Kostiantynivka un tragico incidente.

Chi all’epoca osava contraddire la linea ucraina veniva bollato immediatamente come filo-putiniano. Ma a dire il vero erano in pochi, sicuramente molti meno rispetto ai dubbiosi circa l’attacco all’ospedale battista Al-Ahli nella striscia di Gaza. Già pochi minuti dopo i tragici fatti, molti commentatori ed esponenti di sinistra non hanno avuto dubbi: colpa di Israele. Forse desiderosi di puntare il dito contro Tel Aviv, hanno sposato immediatamente la versione confezionata da Hamas, dimenticando forse che la funzione della comunicazione in tempo di guerra è quello di raccogliere sostegno, coalizzare alleati o persino spingere all’intervento altri Paesi. Anche di fronte alla smentita israeliana, la barra dritta e il dito puntato contro Netanyahu.

Le prove hanno poi smentito i soliti soloni, che dovranno attendere qualche tempo prima di tornare a sfoderare un sentimento anti-israeliano. Ciò che è impossibile sottovalutare è la differenza tra Ucraina e Israele, che dovrebbero viaggiare su binari paralleli ma non per tutti: vietato porsi domande su Zelensky, mentre per prendere per buona la versione di Tel Aviv sono necessarie maxi-inchieste in stile Spotlight. Due pesi e due misure.

Massimo Balsamo, 19 ottobre 2023

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