Venerdì Paolo Savona, nuovo presidente della Consob, ex ministro degli Affari europei del governo gialloverde, e soprattutto economista raffinato e fuori dal coro, nella sua relazione ai mercati ha detto cose piuttosto interessanti. Ha ricordato come il risparmio italiano, pari a 16 mila miliardi di euro in termini di attività finanziarie, sia di fatto una garanzia per la solidità dell’Italia, nonostante il suo imponente debito pubblico che è pari ad una frazione di questo patrimonio e cioè 2.300 miliardi. Ha poi aggiunto che non esiste «un legame ottimale tra debito pubblico e Pil», e per garantire la sostenibilità del primo, «il suo saggio di incremento deve restare mediamente al di sotto del saggio di crescita del Pil». In poche parole se il Pil dovesse crescere più del debito, in fondo non ci sarebbero grossi problemi, soprattutto perché a fronte delle passività accumulate negli anni, ci sono beni al sole sei volte più ingenti.
L’economista ha poi correttamente notato come i «tentativi di contenere gli eccessi di debito pubblico con avanzi di bilancio statale hanno manifestato i limiti intrinseci nel raggiungere l’obiettivo di stabilità senza una parallela crescita». Insomma, negli ultimi anni siamo stati dal punto di vista fiscale un Paese piuttosto virtuoso, con una spesa pubblica inferiore alle entrate (se non si considerano gli interessi appunto sul debito), ma tutto ciò non ha fatto crescere l’Italia, anzi l’ha depressa.
Savona ha poi di fatto sostenuto il progetto, che anche Giulio Tremonti per la verità aveva in testa e che recentemente ha rilanciato il governatore Ignazio Visco, e cioè quella di un titolo di Stato europeo, che dunque goda di un grado di sicurezza sovranazionale importante e tassi di interesse, dunque contenuti.
Finalmente un economista prova a tracciare una strada fuori da quella ufficiale. Essa fino ad oggi non è servita. Tutti a parole si dicono conto l’austerity, tutti nei fatti poi la perseguono. Il risultato è che l’Europa marco-centrica, cioè quella che negli ultimi anni ha utilizzato il marco svalutato cioè l’euro, è riuscita a crescere, a contenere il debito e ad avere tassi di interesse addirittura negativi: un circolo virtuoso che ammazza tutti i concorrenti. Pensate cosa vuol dire, per lo Stato tedesco, finanziarsi a dieci anni con tassi negativi.
Ritenere che questa situazione macroeconomica sia tutta colpa della nostra follia finanziaria è scorretto. Abbiamo le nostre colpe, che tra poco vedremo, ma ci siamo anche incastrati in una trappola per topi. Fatta questa lunga premessa, occorre però fare due considerazioni riguardo casa nostra.
1. La prima è molto semplice. Fare nuovo debito, non è di per sé negativo. Va bene. Ma con la medesima franchezza con la quale Savona lo ha detto, si dovrebbe dire che il nuovo debito converrebbe farlo non per scavare buche poi da riempire. La tesi suggestiva che fare debito comunque mette in circolazione risorse è, a nostro avviso, del tutto falsa. Fare debito per il Reddito di cittadinanza, fare debito per assumere più dipendenti pubblici, fare debito per sussidiare le imprese, non muove l’economia sana, la uccide. Anche abbassare le imposte, in deficit, potrebbe non bastare. Quando Reagan lo fece, realizzò anche la più vasta opera di deregolamentazione mai fatta in America.
Ciò che sosteniamo è che, come in ogni buona famiglia, il debito, disponendo di una bella casa e qualche gioiello da parte, si può certamente fare. E, come dice Savona, se il suo costo è inferiore ai nostri guadagni annuali va altrettanto bene. Ma attenzione, i nuovi prestiti occorre accenderli per far sì che nel futuro il capo famiglia porti più soldi a casa, mandi i figli a studiare, realizzi una nuova camera da affittare, compri un’auto per andare più velocemente al lavoro, non per acquistare l’ultimo televisore per vedere la serie preferita.
2. La seconda considerazione riguarda i mercati. Il nostro debito costa circa 70 miliardi di euro l’anno. I nostri tassi di interesse a dieci anni sono superiori al 2,5%: bassi in assoluto, alti relativamente alla maggior parte dei Paesi europei. Si pensi inoltre che ci sono in circolazione 12 mila miliardi di dollari di obbligazioni con tassi negativi: una quantità gigantesca che non si vedeva dal 2016. Noi ne traiamo solo qualche marginale beneficio, in termini di riduzione del costo del debito.
Il punto è che buoni o brutti, sono i mercati ad avere ragione. Possono anche essere irrazionali, ma sono reali. Non si può far finta che non esistano. Soprattutto se ad essi si deve ricorrere ogni settimana per vendere la nostra carta. Ciò non vuol dire che si debba seguire passo per passo ciò che suggerisce Moscovici (che quando governava sfondava abbondantemente le regole di deficit), ma almeno non giocarci contro. O peggio ancora ignorarli.
Nicola Porro, Il Giornale 15 giugno 2019