Prima l’annuncio della donazione di un milione di dollari al fondo dedicato all’insediamento di Donald Trump. Poi l’addio ai programmi di fact-checking su Facebook e Instagram al fine di limitare le censure social e garantire agli utenti maggior libertà di espressione su tematiche come immigrazione e identità di genere. E adesso anche lo stop ai programmi su diversità, equità e inclusione, in quanto considerati “antiquati” e inadeguati rispetto ai “nuovi scenari”, come recita testualmente una nota interna alla società Meta Platforms, big tech statunitense che controlla i servizi di rete sociale Facebook e Instagram, e i servizi di messaggistica istantanea Messenger e WhatsApp.
Gli scenari in questione sono quelli connessi al ritorno di Trump alla Casa Bianca, evento che ha letteralmente fatto saltare il banco in casa Meta, costringendo il ceo, Mark Zuckerberg, a correre immediatamente ai ripari e a riallinearsi su posizioni liberal-conservatrici seguendo la linea dettata da Elon Musk con X.
Ebbene sì. Chi l’avrebbe mai detto? Zuckerberg disposto a tutto, anche a fare carte false, pur di approdare armi e bagagli alla corte di The Donald. Uno scenario a dir poco clamoroso, di certo del tutto inaspettato fino ad appena poche settimane fa, che tuttavia, complice la sonora batosta elettorale rimediata dai dem americani alle ultime presidenziali, ha via via preso forma a partire dallo scorso 5 novembre, data dell’Election Day Usa, fino a diventare incredibilmente reale dopo il largo successo ottenuto da Donald Trump. Potere del potere. O forse propensione a servirlo il potere, a prescindere da chi di volta in volta lo possa detenere. Sta di fatto che Mr Facebook, lo stesso che giusto quattro anni or sono non esitò un attimo prima di silenziare The Donald dopo la sconfitta incassata nel match elettorale contro Joe Biden, si riscopre d’improvviso trumpiano, un pò per convenienza, un pò per paura, e per un pò per necessità. Ma d’altronde, si sa, solo gli stupidi non cambiano mai idea. E se esiste almeno una certezza sul conto di Mark Zuckerberg è che lui stupido non lo è, affatto. Magari cinico e incoerente, quello sì. Ma non certo stupido, sia chiaro.
A proposito di coerenza: come si comporteranno, ora che anche Zuckerberg sembrerebbe essere diventato un trumpiano di ferro, quegli audacissimi leoni da tastiera che, illudendosi probabilmente di essere nelle condizioni di potere fare un torto a Musk, si affrettarrono a fuggire da X (o minacciarono di farlo) dopo il trionfo elettorale di The Donald? Cosa faranno, dinanzi all’ennesima clamorosa giravolta del ceo di Meta, i vari Piero Pelù, Francesco Guccini, Stefano Belisari (o se preferite Elio e le Storie tese), Milena Gabanelli e Alessandro Gassman? Fuggiranno convinti anche da tutte le piattaforme social e di messaggistica controllate dal gruppo Meta? Rinunceranno in un sol colpo anche a Facebook, Instagram e WhatsApp? Si ritireranno a vita privata, magari su un eremo, a inveire contro Mark Zuckerberg, etichettandolo, al pari di Musk, come un pericolo per la democrazia? O, invece, si convertiranno anch’essi ai “nuovi scenari”, più adeguati, e meno antiquati, proprio come Mr Facebook, ormai pronto a tutto, anche a calarsi docilmente le braghe, pur di piacere a Donald Trump? Meta, o non Meta, questo è il dilemma.
Salvatore Di Bartolo, 14 gennaio 2025
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