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È come se oggi fossimo tutti dentro «1984» (George Orwell)

«Era un luminoso e freddo giorno di aprile»: così si apre 1984 di George Orwell. E in un luminoso e freddo giorno di aprile, il romanzo distopico (parola oggi molto di moda che banalmente si potrebbe tradurre in «utopia negativa») sembra descrivere la condizione di oggi. Lo scrittore inglese nel 1948 (da cui nasce il titolo, invertendo le cifre, 1984) immagina una Inghilterra dominata da un partito unico socialista. Era la fine della guerra, e l’Urss con la sua pianificazione economica e il controllo dell’informazione, affascinava molti intellettuali. Ma Orwell non ci cade: e ci disegna un mondo orribile.

Pensate un po’ voi: in ogni casa c’è uno schermo che controlla e vede ciò che fanno i cittadini; e per strade ci sono i medesimi aggeggi che non si perdono un particolare. E poi pensi ai droni, usati con gusto dai nostri amministratori locali che si sentono sceriffi, per vedere i nostri spostamenti. E pensi a professori di importanti università che sono chiamati, in 76, a fare commissioni presso il ministero dell’Innovazione (Orwell è favoloso nell’inventare ministeri con nomi che evocano bellezza e nascondano tragicità, da quella della Verità a quello dell’Amore) per studiare il modo migliore per controllarci coi nostri telefonini. In fondo 1984 racconta di un’ipotetica terza guerra mondiale, ma cosa è questa nostra battaglia contro il Virus, se non un’emergenza simile?

Attraverso i teleschermi il potere, nel romanzo, diffonde la sua verità: beh insomma, a guardare l’informazione unica del virus non siamo molto lontani. Fantastica l’idea del ministero degli Interni, che per Orwell si chiama Ministero dell’Amore che si occupa del nostro bene attraverso la «psicopolizia». Adesso non vogliamo apparire irriguardosi, ma quando ci fermano con il cane e ci chiedono: «Lei dove va? Quanto è in prossimità della sua casa? Quante volte è sceso?» in fondo non lo fanno per il nostro bene? Per l’amore che lo Stato ha per noi affinché non si venga contagiati… E anche oggi siamo pieni di «psicoreati»: dubitate delle mascherine, di cui dubitano anche loro, e siete fritti. Dubitate dell’efficacia del contenimento e siete degli untori.

I runner sono diventati dei delinquenti in calzoncini, ma fino a ieri il Ministero della Verità ci aveva spiegato che un po’ di moto ci salvava dalla morte per sedentarietà. Ma, come in Orwell, il passato si cambia a piacimento. Si dimenticano Burioni&Speranza che minimizzavano o Conte che negava l’emergenza: ovviamente non sono i soli. Vale tutto.

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