Economia

E io pago. Quando a sbagliare è il fisco

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Avete presente l’Agenzia delle entrate? Sì, quella che non vi perdona anche il minimo sgarro fiscale. E il braccio della legge tributaria. E si deve rispettare.

Ebbene, settimane or sono la Corte costituzionale le ha dato una mazzata da cui è difficile riprendersi. La Corte ha stabilito che 767 dirigenti su un totale di mille sono stati nominati in modo illegittimo.

Ci spieghiamo meglio. Per accedere a ruoli e funzioni nella pubblica amministrazione, secondo la nostra Costituzione, si devono fare concorsi pubblici. Nel tempo sono stati fatti anche all’Agenzia: nel 2001, nel 2010 e nel 2014.

II problema e che quei concorsi sono stati annullati dal Tar. Poiché, semplifichiamo, i criteri per la promozione a dirigente sono stati considerati troppo favorevoli per chi era già dentro alla pubblica amministrazione. Non vogliamo ovviamente entrare nel merito delle decisioni amministrative.

Ciò che conta è che l’Agenzia, per sanare la situazione, ha affidato con norme straordinarie e ad hoc incarichi dirigenziali bypassando la normale procedura concorsuale prevista delle leggi. Un ricorso sindacale ha fatto il resto.

Questi dirigenti, divenuti tali per decisione dei vertici dell’Agenzia, sono stati dunque degradati sul campo della decisione della Corte costituzionale che in un tragico gioco dell’oca li ha fati retrocedere al ruolo di funzionari.

Lo Stato è a punto di non ritorno: è la bestia affamata che si riduce a mangiare sé stessa

Si aprono così due fronti.

II primo è personale. Ci sono stimabili (immaginiamo) dipendenti pubblici che hanno diretto uffici per anni e improvvisamente si trovano a tornare funzionari. Non deve essere piacevole un datore di lavoro che si comporta così. Lo stesso Jobs act (che si applica ai privati) prevede il demansionamento, ma a parità di stipendio.

In questo caso, vista l’illegittimità della promozione a dirigenti, dovrebbe anche essere prevista la riduzione della paga. Se non vi fate influenzare troppo dalla comprensibile antipatia che si ha nei confronti dell’esattore, converrete che in una organizzazione moderna questo modo di fare è barbaro.

Ma c’è un secondo aspetto che riguarda i contribuenti che è altrettanto importante. Noi cittadini siamo tenuti al rispetto delle regole, anche le più minuziose. Veniamo multati se non rispettiamo alla lettera alcune assurde norme tributarie, siamo spesso vittime dell’intransigenza fiscale, per cui la norma e tutto.

Ebbene, fa un po’ impressione sapere che i sacerdoti della purezza fiscale abbiano trovato una scorciatoia (secondo quanto ha stabilito la stessa Corte costituzionale) per ovviare al loro problema contingente e importante di ricoprire i ruoli dirigenziali. A parti invertite, secondo voi, comportamento dello Stato nei confronti del contribuente in difficoltà economiche od organizzative sarebbe stato indulgente? Direi proprio di no.

Non si tratta di vendette. Ridicole. Ma di diritto. E allora come comportarsi con i regolamenti, i provvedimenti, gli atti amministrativi (che magari ci riguardano da vicino) firmati da dirigenti che oggi la massima autorità giuridica dello Stato ha ritenuto essere diventati tali illegittimamente?

Potevano firmare quegli atti? E che valore hanno provvedimenti di dirigenti che abusavano della loro posizione? Insomma se si applicasse a questo gran pasticcio dell’Agenzia delle entrate la medesima inflessibilità che loro applicano ai contribuenti, cosa potrebbe succedere?

Gli atti firmati da un dirigente che non poteva essere tale rischiano di diventare nulli. Sia chiaro, i beni pubblici e i principi costituzionali che si proteggono hanno valori comparabili.

L’evasione fiscale si considera un furto nei confronti della collettività (quanta retorica su questa tiritera ha giustificato accanimenti fiscali), ma anche la promozione ai ruoli dirigenziali attraverso concorso pubblico tutela il principio dell’imparzialità della pubblica amministrazione, che di questi tempi non sembra esattamente materia di secondo piano.

Leggere nella sentenza della Corte che l’Agenzia ha eluso per anni le norme in materia di pubblico impiego, fa una certa impressione a noi contribuenti a cui si chiede di non sbagliare una virgola.

Ps: all’Autorità anticorruzione di Cantone una dozzina di dirigenti, che erano tali da una decina di anni, sono stati declassati per molto meno. Loro il concorso lo avevano fatto, ma secondo un ricorrente c’era un vizio di forma. E di tutto ci si accorge dopo anni.

Abbiamo come l’impressione che lo Stato con le sue norme, regolamenti, leggi e delibere, che da anni sta molestando la vita dei privati cittadini, sia arrivato a un punto di non ritorno: è la bestia affamata che si riduce a mangiare sé stessa.

Nicola Porro, “E io Pago”, manifesto Anti-Tasse promosso dal Centro Studi ImpresaLavoro giugno 2015

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