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E la stampa liberal si accorse dei sovranisti

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Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.

Roger Cohen, editorialista liberal di punta del New York Times, conferma la sua tradizionale impostazione culturalpolitica con un articolo del 18 maggio in cui analizza l’ascesa politica di Matteo Salvini e il sostegno che a questa offre Steve Bannon, definito da Cohen il Trotsky dell’internazionale populista.

L’Italia non va sottovalutata – scrive il columnist newyorkese – è un significativo laboratorio politico: così i suoi comunisti speciali, così Silvio Berlusconi, così oggi Salvini. Anche Bannon non va preso sottogamba, ha descritto meglio di ogni altro il disagio che stava logorando le democrazie occidentali, l’effetto determinato da élite che si separavano dai lavoratori del loro territorio. Il centro dell’argomentazione dell’ex consigliere della Casa Bianca ora è che l’Europa sia avanti di almeno sei mesi sugli Stati Uniti, come avrebbe dimostrato il rapporto Brexit – elezione di Trump e come potrebbe riproporsi con un risultato delle elezioni europee che aprisse la strada a una riconferma di Donald Tump nel novembre 2020. E in particolare ora, in questo processo, una funzione di avanguardia – così Cohen cita Bannon – lo ha assunto l’Italia con la Lega.

Salvini non è un fascista, sostiene persino Fabrizio Barca citato dal columnist newyorkese, è un movimento orbanizzatore (da Viktor Orbàn): tende a logorare funzioni fondamentali di una liberaldemocrazia pur senza instaurare un regime dittatoriale.

Cohen ricorda come alla deriva descritta – tale la considera l’opinionista – si possa resistere. Lo prova ad esempio la vittoria di Pedro Sanchez. Ma si deve – come ha appunto fatto il leader socialista – apprestare provvedimenti di sostegno ai lavoratori del tipo di quelli proposti in Spagna. La spinta a recuperare sovranità nazionale è solida – aggiunge il columnist – ma tutto sommato il sentimento liberal pro integrazione europea è ancora più forte: comunque la sua ammonizione finale è su come si debba prendere atto che vi sia uno scontro culturale e di idee, e che bisogna dunque studiare quelle dell’avversario per prevalere.

L’articolo è interessante perché dopo tante sconfitte dalla Brexit a Donald Trump fino all’Australia di questi giorni, la crème dell’opinionismo liberal sembra aver compreso che descrivere gli scontri in atto come una lotta tra intelligenti e untermenschen, conduca inevitabilmente alla sconfitta.

La lezione coheniana peraltro in parte vale anche per il fronte neoconservatore. Come spiega lo stesso Bannon: oltre agli slogan semplificati particolarmente adatti ai social media, bisogna anche sforzarsi di produrre costantemente idee ben articolate e fondate.

 

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