Il ritornello da qualche giorno è sempre lo stesso: San Fazio martire è stato cacciato dalla Rai meloniana che vuole una tv pubblica a senso unico e che chiude i programmi a chi dissente. Nulla di più farlocco, come vi abbiamo detto: non solo perché nessuno ha cacciato il conduttore di Che tempo che fa, visto che se ne è andato di sua spontanea volontà per prendere qualche milione in più da Discovery; non solo perché non è stato il nuovo ad Roberto Sergio a non rinnovargli il contratto, bensì il precedente Carlo Fuortes messo lì dal governo Draghi; ma anche perché se c’era un programma che aveva creato una sorta di “sistema di potere mediatico”, molto poco pluralista e molto cortese con taluni amici scrittori, quello era proprio il Che tempo che fa di Fabio Fazio.
Alessandro Sallusti lo ha spiegato nel suo podcast qualche giorno fa: la Rai di Paperon Fazio era molto poco pluralista. Anzi: “Non un giornalista, un intellettuale o un ospite di destra ha mai messo piede nei suoi studi se si esclude qualche rara comparsata di politici chiamati per giustificare il fatto che si trattava per sempre di un canale di servizio pubblico”. Senza dimenticare la “satira” di Luciana Littizzetto, sempre ben attenta a picchiare i tasti giusti, quelli dell’orchestra sinistra del perbenismo, del genderismo, del pandemicamente corretto. Un concetto che il direttore di Libero ha ribadito senza giri di parole ieri sera ospite di Giovanni Floris a Di Martedì.
A chi sosteneva che l’obiettivo del governo fosse quello di “azzerare il pluralismo” sulla tv pubblica, Sallusti ha fatto notare che “la trasmissione meno pluralista mai messa in onda dalla Rai era proprio quella di Fazio”. Il direttore spiega anche perché: “Nessun commentatore, nessun giornalista, nessun esponente della destra è mai andato da Fazio: il dibattito politico di Fazio era tra De Bortoli, Saviano e Giannini. E mi parlate di pluralismo?”.