E mo che fa? Addio Giorgia, (ex) fidanzata dei Maneskin

Damiano beccato in discoteca con un’altra ragazza: “Io e Giorgia ci siamo lasciati giorni fa”

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Damiano dei Meneskin e Giorgia, Giorgia e Damiano dei Maneskin. Ripetete con me: e mo so’ cazzi. Possibilmente con la faccia ispirata di Alvaro Vitali, che sarebbe il gemello siamese intelligente di un certo conduttore radiofonico collezionista d’insulti sacrosanti. Sapete, è per dare più sostanza alla traggedia. Perché è una traggedia e come tale una testata tipo Fanpage, ma sarebbe meglio Fun, l’ha sparata: lafidanzatadidamianodeimaneskin ha lasciato damianodeimaneskin.

O viceversa, va’ un po’ accapì, comunque dopo i Tottary, i Bonolelli, eccetera, so’ scoppiati anche i maneskini. È un casino, un casino: se si rompe la fidanzatadelfidanzatodellafidanzata dei Maneskin, si rischia una pandemia di crisi identitarie: del fidanzato, della fidanzata, dei Maneskin, di tutti giù per terra. Perché certe intraprese commerciali nascono chiavi in mano superaccessoriate, dev’esserci tutto, tutto ha una sua funzione nel fumo e se si perde un pezzo per strada poi come si fa. Ne risente l’equilibrio del fittizio. ‘Na traggedia, altro che la guerra in Ucraina con quei due pazzi nessuno dei quali disposto a fermarsi, altro che la Ue che ci spolpa come i piranha ogni giorno che Cristo mette in terra, qui è roba da fare impallidire pure i saluti romani, o magari romanisti, della presunta “Decima” all’insegna, com’è che ha detto testa di cuneo?, della questione semantica.

Saviano, la questione semantica sei tu. E vabbè, adesso cioè voglio proprio vedere, come va a finire. Perché la ragazza Giorgia Soleri, quella aspiratutto, nel senso di aspirante poetessa, musa, artista, scrittora, personaggio noto, dopo tanto sbracciarsi e smanicarsi e scollarsi non è che poi sia riuscita ad affrancarsi dalla mission di fidanzatadelfidanzatodellafidanzatadeimmaneskin. Con quella faccetta da baby Orietta Berti del terzo millennio: adesso che fine farà? Lecito aspettarsi cose eclatanti per restare a galla, di cosa non si è capito.

Non si è capito neanche, magari ci illuminerà Funpage, chi è andato da chi: lei che va con lui che va con lui che va con lei che va con lei, come nella filastrocca di Annalisa, questi so’ tempi fluidi e incasinatissimi, tempi spiraliformi. Ma così vanno le cose, così doveva andare, del resto la voce che gira è che la stessa band cartonata, ancora un giro di giostra e poi si discioglie come 4 meduse al sole, il fidanzato di se stesso che continua da solo, secondo schema classico dello show business, poi la reunion, poi saluti finali, titoli di coda, sipario, tra vent’anni altro ritorno, tipo le Spice Nonne. Sono operazioni a scadenza, cosa credete. Tutto predisposto al minuto, come l’agenda 2030, i regolamenti europei e i sabotaggi a Giorgia Meloni. Tutta quella insostenibile leggerezza dell’essere qui solo per i soldi, del non essere affatto, dell’insistere nell’inesistere. E il sesso va dietro all’arte.

Ai tempi c’erano Mick Jagger e Marianne Faithfull, Keith Richards e Anita Pallenberg, storie tragiche davvero, dissolute, a loro modo insanguinate di poesia, violentissime, devastanti in tutti i sensi (Anita, per dirne una, fu la mentore di una imberbe Romina Power: la introduceva, quindicenne lolitina, nella sua dissolutezza culturale, vizi, vanità, sostanze e Mario Schifano, Stash, il figlio del pittore Balthus, Ringo Starr, Macca e i Rolling Stones, Pasolini e Godard).

Cose folli, groupie vere, che si passavano il gotha del rock, i semidei della chitarra che per loro si uccidevano o le guardavano appassire, se le rubavano, Clapton va dall’amico George Harrison e gli dice “sono innamorato di Patty, tua moglie, non posso stare senza, me la devi cedere”, così, come fosse la cosa più naturale del mondo. I dodici anni di amore stratossico fra Keith e Anita che si spezzano definitivamente quando lei gioca alla roulette russa con il diciassettenne Scott Cantrell, che centra il colpo sbagliato: cervello spiaccicato sui muri della stanza d’albergo a Los Angeles e Richards che bestemmiando deve salire sul primo jet (privato) interrompendo le registrazioni delll’album Emotional Rescue ai Pathé Marconi Studios di Parigi, nel quartiere di Rue de Victor Hugo scelto anche perché il più provvisto di spacciatori che così stavano per così dire a portata di mano, casa e bottega.

Adesso abbiamo ‘sti due che si fanno i selfie linguetta di fuori e salutano dal resort di Dubai consigliando i marchi della transizione green per “salvare il pianeta” dai cambiamenti climatici. Avevi ragione, delinquente d’un Califfo che la sapevi lunga: tutto il resto è noia, davvero. Anche gli hasthag su twitter, #giorgiadamianoripensateci, poi magari faranno una canzone, brutta, insulsa, scopiazzata, algoritmica, sull’amore che muore in una sera piovosa su Instagram, senza allegria, senza ironia, senza poesia, fine de la traggedia.

Max Del Papa, 8 giugno 2023

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