La babele di governo non è un’immagine edificante per un Paese che è costretto ad affrontare la peggiore crisi socio-economica dal dopoguerra. Eppure, le componenti della maggioranza si beccano come galline nel pollaio, rinfacciandosi gli errori nella gestione dell’emergenza pandemica.
Zingaretti è sempre più insofferente verso la loquacità molesta di Renzi, che contesta l’ultimo Dpcm per il sacrificio ingiusto che impone al settore della ristorazione e della cultura. In questo caso, le critiche del senatore di Scandicci non sono peregrine e corrispondono all’ampio dissenso che sta maturando nel Paese rispetto alle rigide limitazioni emanate senza differenziarne l’impatto per ambiti eterogenei. Includere nelle restrizioni quei settori, come i ristorante, i bar, i cinema, i teatri, che avevano attrezzato con costosi interventi i loro spazi nel rispetto dei protocolli anti-Covid, ha assunto il sapore amaro della beffa.
La farsa dei provvedimenti si evince dalle immagini in circolazione che illustrano i mezzi pubblici affollati senza il minimo rispetto del distanziamento. Dall’alba si tollerano gli assembramenti nei trasporti pubblici per poi imporre al tramonto la serrata degli esercizi commerciali che operano nel rispetto delle regole. Tale disparità è ovvio che genera dissenso e le conseguenti contestazioni degli operatori del settore, che vedono sfumare i sacrifici di una vita per la disorganizzazione gestionale dell’emergenza imputabile al governo. Il disordine è plasticamente raffigurato dalle prese di posizione degli esponenti politici interni alla maggioranza rossogialla che non risparmiano critiche ai loro colleghi. Infatti, il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, protesta per il Dpcm: “Chiederemo al presidente del Consiglio di cambiare il provvedimento. È più facile contagiarsi sulla metropolitana che a teatro”.
Dai Cinque stelle giungono bordate al ministro dei Trasporti Paola De Micheli: “Purtroppo ci tocca constatare che il nostro Paese è costretto a nuove restrizioni anche per via di alcuni settori dove si è lavorato poco. La ministra De Micheli da giorni minimizza, ma quello del trasporto pubblico rimane un problema da affrontare”. “Abbiamo proposto – hanno aggiunto i senatori M5s in commissione Lavori Pubblici e Trasporti – alla ministra la scorsa settimana di ricorrere anche ad operatori privati, ovunque sia possibile, al fine di potenziare il servizio. Dal Mit però non è arrivata neanche una parola”.
La replica del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, è piccata nella difesa delle misure adottate: “È intollerabile chi ha i piedi in due staffe. Non è serio sedere al tavolo del governo e poi fare opposizione il giorno dopo”. Anche i governi locali di area governativa non si sono sottratti a valutazioni critiche come il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che in una riflessione sui canali social ha dichiarato che “il Dpcm contiene molte nuove restrizioni, alcune delle quali forse non pienamente coerenti tra loro. Sulle modalità di alcune chiusure ritengo non vi sia stato sufficiente ascolto delle proposte che abbiamo avanzato come Regioni”. Così come lo sceriffo campano Vincenzo De Luca, imbracciando il solito lanciafiamme per incenerire i suoi interlocutori, ha bocciato come “una cosa incomprensibile” il ricorso alla didattica a distanza per il 75% degli studenti e sminuito il provvedimento restrittivo come non sufficiente.
Insomma, nel centrosinistra si assiste ad una lacerazione che ne pregiudica la credibilità. È inattendibile una maggioranza che si rivolge all’opposizione con appelli alla coesione, mentre al suo interno registra fratture e disarmonie politiche. Conte prenda atto del fallimento e agevoli un percorso di discontinuità in nome dell’unita nazionale.
Andrea Amata, 27 ottobre 2020