Con il caos nel settore dei trasporti, è partita la caccia al nuovo capro espiatorio: Salvini. Tutti vogliono la testa di Matteo, la terza gamba più debole del governo, da Tajani a La Russa, dall’ interno della Lega in vista del congresso di gennaio, fino alla guerra in Liguria per contrastare la candidatura di Edoardo Rixi ora che Giovanni Toti si è dimesso, per non parlare della sinistra giustizialista e manettara e delle partite di potere in Lombardia. Ma sulle difficoltà delle ferrovie e dei cieli occorre qualche puntualizzazione. Non possono certo essere addossate oggi al solo Salvini tutte le colpe del comparto, che è da sempre gestito dallo Stato, dalle Regioni e dagli Enti locali, in cui ciascuno provvede autonomamente, senza alcun obbligo di coordinamento. Il triste risultato è certificato dal ranking IMD 2023 sulla competitività delle infrastrutture dove siamo stati relegati al 31° posto su 50. Meglio di noi anche il Portogallo. Per il Paese dei capolavori ingegneristici dell’antica Roma, una débâcle. E neanche l’opportunità del Pnrr riuscirà a farci scalare la classifica in quanto solo una minima parte dei progetti presentati ricade nell’ambito di competenza delle Amministrazioni Centrali mentre il grosso è di competenza degli Enti locali. Mille rivoli all’italiana che disperderanno la maggior parte delle risorse per realizzare piscine, campi da golf o da padel e piste ciclabili spesso inutili. Quanto alle Ferrovie, dove è arrivato Stefano Donnarumma, cresciuto mangiando pane e rotaie, le colpe vengono da lontano, essendo stato per anni il bacino del Pd. Basti pensare che, a lungo, a capo di Rfi – la rete ferroviaria dove ora opera un capace manager del settore come Gianpiero Strisciuglio – comandava la piddina Vera Fiorani, con qualche nozione di finanza e nessuna di ingegneria ferroviaria voluta da quella consumata statista che era la ministra televisiva Paola De Micheli.
Salvini, da quando è a capo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti-Mit, ha preso di petto la questione nella sua complessità, spingendo Strisciuglio a rivedere anche l’organizzazione interna e i processi per rendere l’azienda innovativa e contemporanea. Oggi sulla nostra rete girano in media 357 treni Alta Velocità-AV, circa 200 Intercity e quasi 8.000 treni regionali, oltre ai treni merci, il tutto su un territorio come quello italiano che, a differenza della maggior parte degli altri paesi europei, ha una conformazione orografica difficile. Il rilancio ‘salvifico’ passa anche dall’individuazione di soluzioni di transizione energetica in quanto il Gruppo Fs è il primo consumatore di energia del Paese. Obiettivo: rendere Ferrovie dello Stato una vera multinazionale, un progetto che era stato già avviato dall’ex Ad Luigi Ferraris.
E se i notiziari traboccano di notizie di interruzioni sulla nostra rete ferroviaria – venerdì i cugini francesi ci hanno fatto compagnia con il sabotaggio ferroviario nel giorno dell’inaugurazione dei Giochi Olimpici – ci sono circostanze tipicamente nostrane per le quali spesso si verificano. Accade, ad esempio, che ci siano sui binari manifestanti che protestano, questi ultimi non possono essere ‘sfiorati‘ dal personale delle Ferrovie e occorre attendere una pattuglia della Polizia ferroviaria che solitamente ci mette tre ore ad intervenire, e se i binari sono quelli della linea AV essa viene dirottata su quella destinata ai convogli locali, mandando tutto il traffico su rotaia in tilt. Poi può capitare anche l’«evento dovuto a cause esterne», il messaggio che appare sui display per indicare un suicidio, e ancora incendi che scoppiano proprio vicini ai binari, in attesa del magistrato di turno o del medico legale, nessuno può toccare nulla.
La richiesta di Trenitalia di poter utilizzare dei droni di sorveglianza lungo la linea ferroviaria che volerebbero a sei/sette metri di altezza non è stata ancora autorizzata. Si paventano possibili disagi ai voli aerei. Ma non sono certo i droni a creare turbolenza, nei nostri cieli ce n’è già abbastanza.
Ci sono infatti vuoti d’aria che provocano scossoni anche alla navigazione di Enav, l’ente che fornisce assistenza al volo dell’aviazione civile. A monte c’è un peccato originario che, dal 2016, quando l’ente fu quotato in Borsa con il governo Renzi, mette in crisi la sua stessa missione di garantire la sicurezza del traffico aereo. Da allora, ‘make money’ è la parola d’ordine di Enav. Con questo stravolgente cambio di rotta, il controllo dei voli è diventato uno strumento più per fare cassa che per assolvere al suo compito primario. Per presentarsi con il vestito buono in Borsa, sono state ridotte le spese del personale, congelando le assunzioni dei controllori di volo senza integrare le centinaia di pensionamenti del quinquennio di gestione dell’ex Ad Roberta Neri. La recente decisione di spostare il centro di controllo da Brindisi a Roma scatena oggi nuove polemiche: i sindacati lamentano la carenza di personale e una drammatica serie di problemi tecnici. Il sistema Radar è praticamente collassato e l’attuale Ad di Enav, Pasqualino Monti, uno dei maggiori esperti a livello internazionale, ha già ammonito l’ormai traballante responsabile del settore Vincenzo Smorto, che molti danno ormai in uscita. Monti ha risollevato Enav dalle ceneri di una gestione a dir poco anonima del suo predecessore Paolo Simioni (area Movimento 5 Stelle) e ora potrebbe aver pronto qualche ritocco alla sua squadra, soprattutto nelle Risorse Umane, dove la ‘zarina’ Monica Cacciapuoti, forgiata dai suoi studi filosofici, è troppo propensa a imbarcare collaboratori delle sue vecchie avventure. Intanto urge che i cugini dell’Enac, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, che controlla Enav, battano un colpo.
Al comando, un duplex navigato e affiatato: una funambolica vecchia volpe come il presidente Pierluigi Di Palma, partito dalla gloriosa sinistra socialista, accanto all’ottimo Dg Alessio Quaranta. Di Palma ha di recente affrontato con piglio sicuro le critiche del Ceo di Ryanair, Michael O’Leary. Il manager irlandese, che si muove come un hooligan in un pub il sabato sera, ha accusato Di Palma di fare affermazioni fuorvianti sul mercato italiano, smentendo la tesi di Di Palma sulla scomparsa delle compagnie low cost.
In questo marasma, c’è poi la questione Enac Servizi S.r.l., la società del gruppo deputata a gestire l’aeroporto di Pantelleria e altri 17 aeroporti minori. Di Palma vorrebbe che Enav entrasse in partnership per gestirla. Ma Enav è un’azienda quotata e Monti preferisce dialogare con soggetti privati ritenuti più in grado di rendere operativi i diversi aeroporti minori, aiutando così lo sviluppo del turismo in quei territori. E visto che i taxi volanti sono già una realtà, una rete capillare di minipiste d’atterraggio e la realizzazione di nuovi porti turistici potrebbe essere la svolta per l’Italia, il Paese dei borghi che il mondo ci invidia e dove siamo primi in classifica.
Luigi Bisignani, 28 luglio 2024