Lega e 5 Stelle non stanno nella pelle: la bocciatura della manovra da parte della Commissione Ue è proprio quello che volevano per dare la colpa all’Europa della mancata realizzazione degli impegni elettorali. Ma anche per guadagnare il tempo necessario per arrivare alle elezioni europee di maggio 2019 con gli elettori ancora illusi di ricevere il reddito di cittadinanza e di andare in pensione in anticipo.
Saranno tre settimane, quelle concesse come ultimatum dai commissari Ue al governo per riscrivere la manovra, di cui i due vice premier approfitteranno per mostrare ancora i muscoli, per professarsi duri, puri e senza paura, per rafforzare l’ipotesi di Matteo Salvini candidato del fronte sovranista alla guida della prossima Commissione, al posto dell’attuale Jean Claude Juncker, e la possibilità che anche il Movimento 5 Stelle confluisca in questo grande fronte dei riottosi per guadagnare ancora più seggi nel Parlamento di Strasburgo.
Usando la faccia buona e autorevole del Ministro dell’economia, Giovanni Tria, come scudo e come spada. In meno di un anno, avranno così messo a repentaglio , dopo l’Italia, anche l’Europa. L’ideale per loro, adesso, sarebbe quindi che il Presidente della Repubblica Mattarella si rifiutasse di firmare un disegno di legge di bilancio che va contro le regole europee, cosa tra l’altro non del tutto esclusa al momento, e che allo scadere dell’ultimatum arrivasse a Roma la Troika, con una bella patrimoniale come primo atto il giorno dell’insediamento.
A quel punto elezioni subito e vittoria stracciante nelle urne anche in Italia, con Mattarella di fatto depotenziato dai risultati del voto, poi tassa sui risparmi degli italiani cancellata al primo Consiglio dei ministri e rimborso per chi nel frattempo l’avrà già versata. Finalmente Salvini avrà mani libere per fare la Flat tax, quella vera da 50 miliardi, e passare alla storia non come colui che ha portato l’Italia fuori dall’euro e dall’Unione europea ma per chi ha rivoluzionato davvero il Paese con la riforma fiscale più grande dagli anni ’70.
Luigi Bisignani, Il Tempo 24 ottobre 2018