Dopo quel che sta accadendo a Bari, con Giuseppe Conte che sfascia la coalizione in diretta televisiva per una presunta questione morale, il cosiddetto campo largo è diventato un vero e proprio campo minato.
Sulla vicenda che ha “convinto” l’avvocato del popolo a defezionare, ho trovato molto interessante un commento, scritto da Andrea Belelli, professore di biochimica alla Sapienza di Roma, che mai mi sarei aspettato di leggere sul Fatto Quotidiano, un giornale da tempo di area grillina. Ritenendo assolutamente pretestuose le ragioni di Conte, Belelli ha spiegato che l’indagine della presunta compravendita di voti, sulla cui base i grillini hanno deciso di correre da soli a due giorni dalle primarie del campo largo, riguarda un altro comune – Triggiano – e sarebbe avvenuta cinque anni fa. D’altro canto, sentenzia il nostro senza appello, “Il M5S aveva fatto del voto una sua bandiera: secondo Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio si doveva votare su tutto, telematicamente, anche due volte al giorno; e adesso Conte ritira il M5S dalle primarie già organizzate e concordate per imporre il suo candidato? L’inchiesta in corso non c’entra evidentemente nulla con le primarie previste, ma fornisce a Conte e al M5S un modo per sganciarsi da una coalizione non molto desiderata”.
Tutto questo dimostra che Conte e i suoi scappati di casa, da tempo abituati a navigare a vista a seconda delle convenienze del momento, costituiscono una sorta, per l’appunto, di mina vagante nell’ambito di qualsiasi accordo politico/elettorale, a meno che, come avvenuto in Sardegna, non siano essi stessi ad esprimere il principale candidato.
Dall’altra parte c’è poi un Partito democratico che, barcamenandosi tra una sempre più confusa strategia di governo, che impone soprattutto in politica estera di mantenere la barra dritta sul piano europeo e internazionale, ed una linea rivendicativa che lascia il tempo che trova, sta acuendo la sua spaccatura tra chi, Schlein in testa, intigna sul campo largo scoppiato e chi, più prudentemente, vorrebbe tenersi alla larga dai farisei dell’onestà autoreferenziale guidati da Conte.
Comunque sia, per una forza politica usa da sempre a restare in mezzo al proverbiale guado – a parte l’unico, significativo guizzo tentato da Walter Veltroni con la sua famosa “vocazione maggioritaria”, nel corso delle politiche del 2008 -, è difficile che lo strappo dei grillini faccia cambiare rotta alla sua dirigenza, acuendo in tal modo i già tanti mal di pancia interni.
Occorre anche aggiungere che a Conte e soci in questo momento interessa ottenere un buon risultato alle prossime elezioni europee e, pertanto, possono permettersi il lusso di correre da soli nel capoluogo pugliese, consapevoli che il loro appeal a livello locale non è mai stato esaltante anche quando governavano il Paese.
Resta però il fatto che, ha conferma dell’uso strumentale della questione morale, il M5S si è ben guardato dal ritirare la propria delegazione dalla maggioranza, guidata da Michele Emiliano, che governa la Puglia. Ma c’è da capirli, poveri figlioli, anche loro tengono famiglia, come si suol dire.
Claudio Romiti, 5 aprile 2024
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