Appena ieri, non tre mesi fa, non tre anni fa, appena ieri dissero che Draghi era come la bellezza di Dostoevskij, che avrebbe salvato il mondo. “Basta con la vanità di Conte & Casalino” dissero “adesso tutto sarà nel rispetto del protocollo”; Draghi ha fatto il governo senza avvertire nessuno, via telefono rosso con Mattarella, e l’ha scodellato come fatto compiuto, tipo consiglio d’amministrazione d’una banca d’affari. Più che protocollo, capocollo: quello del Paese.
Dissero ancora: “Al diavolo i giochi di Palazzo e le conferenze stampa fumose, con Lui la trasparenza sarà assicurata, sobria ma puntuale”; Draghi non ha più parlato, ha messo la museruola, pur opportuna, ai garruli ministri e dotti medici e sapienti del Cts, però con un silenzio stampa che ricorda quello degli azzurri al Mundial spagnolo (ma almeno quelli vinsero) e ancor più le burocrazie da cortina di ferro.
Dissero poi: “Sarà un governo di alto profilo, altro che le buffonate di prima”; Draghi ha confermato buona parte degli impresentabili in disinvolta souplesse e le giullarate non sono mai finite.
Dissero incrollabili: “Lui è uno che ragiona, Lui “ha saputo” (come diceva il Dogui), Lui è perfettamente consapevole che il Paese non può più ruminare nella sua inerzia”; Draghi come primo atto ha avallato uno sciagurato blocco del turismo alpino, tanto più offensivo in quanto comunicato a 8 ore dalla riapertura, con perdite immani per tutte le parti coinvolte.
Dissero tetragoni: “Ma quella è colpa di Speranza, mica di Draghi, Lui è tecnico, però anche politico, praticamente un androgino, lui è tutto, è come Ronaldo, Pelè e Maradona tutti in un solo corpo e un’anima, lui conosce la via, lui ci riporta in alto”; Draghi ha steso il filo spinato ancora più dentro la carne di un Paese esangue, blocchi, coprifuochi, serrate, chiusure, lockdown non dichiarati, varianti turca, tahitiana, di Bora-Bora a giustificare tutto.
Dissero, già un po’ vacillanti: “Ma Draghi chiude a carnevale per salvare la Pasqua”; Draghi, a mezzo di/Speranza, chiude la Pasqua per salvare, chissà, il Ferragosto, comunque il semestre bianco, comunque le sorti loro, del governo, del Palazzo.
Dissero, quasi sconvolti: “Ma Draghi è uomo concreto, uomo che dà del tu al denaro, ci pensa lui ai ristori”; i ristori sono ancora da venire, non se ne sa niente e chi si contenta Godot.
Dissero, definitivamente abbattuti: “Ma tutto dipende dai vaccini e Draghi fa arrivare i vaccini, moltiplica sieri e antidoti, lui conosce l’Unione, sa lui come fare”; del vaccin non v’è certezza e al momento non si scorge una strategia, un piano completo, nebbia in Valpadana e pure a Capo Passero.
Dissero, con la speranza dei disperati: “Ma Draghi è persona seria, fattiva, adesso per prima cosa silura Arcuri, il fallimentare”; Arcuri comunque sta lì, resta lì, s’inabissa e manda a mezzo ufficio stampa certe puntute letterine contro i giornalisti impertinenti, comunque è ancora lì e come finirà lo scopriremo solo vivendo, e vivremo solo vaccinando, e vaccineremo chissà quando.
Dissero, aggrappandosi alla Costituzione più bella del mondo, isole comprese: “Beh, almeno non ci costringe alla miseria dei dippiciemme, lui sì che sta alle regole, lui fa i decreti-legge, lui rispetta il Parlamento, perché è un tecnico, sì, ma anche un politico, però anche un santo, però pure un bel presidente”; Draghi come primo atto amministrativo che ti spara? Un dippiciemme a pallettoni (col quale richiude tutto come prima più di prima ti odierò).
Dissero, già senza crederci tanto: “Comunque almeno adesso si fa sul serio, altro che l’umiliante mercato delle vacche per gli strapuntini: i partiti non possono più niente”; abbiamo assistito alla carica dei 101 sottosegretari, allo psicodramma piddino per i sederini rosa da impoltronare, ai litigi e ai ricatti in consiglio dei ministri, infine alla classica soluzione Cencelli, mai scevra da riconferme e quadriglie di culi sui sofà mortificanti, sconcertanti.