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È servito il lockdown?

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Dopo due mesi di lockdown, credo che sia non solo legittimo ma anche doveroso porsi le seguenti due domande. 1. Era necessario?  2. È stato utile? La risposta ad entrambe le domande sembra essere: No. Guardiamo i fatti. Se dico guardiamo i fatti, bisogna anche capire quali fatti guardare, cosa è essenziale e cosa è secondario, ai fini della valutazione degli effetti del lockdown.

Per esempio, il numero d’infetti: è essenziale? Direi di no. Anzi, a dire il vero, forse (e sottolineo forse) più siamo gli infettati meglio è. Con l’infezione si può almeno sperare di acquisire gli anticorpi per restare protetti almeno per qualche tempo, possibilmente fino alla disponibilità del vaccino. È vero che non si è ancora capito se con l’infezione si acquisisce immunità, tuttavia se non ci si è infettati sicuramente l’immunità non si è acquisita. L’ideale, allora, nell’attesa del vaccino, è essere nella posizione del nostro ospite, Nicola, cioè di essersi infettati ed essere guariti. Riuscire ad essere una popolazione di non infettati, inevitabilmente ci condanna alla condizione di popolazione sine die a rischio e, di conseguenza, al perpetuo segregamento.

Forse è essenziale il numero di malati? Direi di no: ci ammaliamo di infinite altre malattie, a cominciare proprio dall’influenza stagionale, che ha un decorso simile, con l’epidemia che emerge all’inizio dell’inverno, raggiunge il suo picco nel pieno della stagione fredda, per poi scemare in tarda primavera. E non si chiude un Paese per evitare di prendersi l’influenza.

Ma allora perché si è chiuso il Paese? A quanto pare perché, a differenza che per la normale influenza, contro la quale una larga fetta della popolazione è già protetta dal vaccino, da questo virus nessuno è protetto. Inoltre, a differenza della normale influenza, per la quale la convalescenza si passa a casa, i sintomi causati da questo virus richiedono spesso ospedalizzazione con, in mancanza, rischio di morte. Allora, il razionale del lockdown è stato di sperare di arginare la diffusione del virus per non intasare un sistema ospedaliero provato dai tagli cominciati dal governo Monti e mai interrotti, ed evitare di rendere impossibile l’assistenza a chi ne avrebbe avuto veramente bisogno. Cioè evitare, o quantomeno limitare, i decessi.

Allora, il vero numero d’interesse per valutare se il lockdown ha avuto successo è il numero di malati non guariti e, massimamente, il numero di morti, unica circostanza senza rimedio. Ha funzionato il lockdown? I fatti sono che, quanto a morti da Covid, siamo il primo Paese in Europa, con 26 mila casi. In realtà siamo il secondo Paese al mondo, superati dagli Stati Uniti, i cui morti sono la metà di quelli sofferti dall’Europa: un più appropriato confronto viste le popolazioni.

Si potrebbe obiettare: senza lockdown ci sarebbero stati molti più infetti e molti più morti. Intanto, come detto, molti più infetti non sarebbe stato necessariamente un male. Quanto ai temuti molti più morti, il fatto è che la Svezia non ha adottato il lockdown degli altri Paesi europei che ci hanno copiato: il governo svedese ha lasciato tutto aperto, vietando gli assembramenti superiori a… 50 persone!  La nostra popolazione è 6 volte quella svedese ma ha subito 12 volte più infetti e patito 12 volte più morti. Per precisione, va aggiunto che, come noi, la Svezia non ha ancora domato il virus.

V’è un altro Paese che invece sembra abbia domato il virus: la Sud Corea. I sudcoreani hanno agito rapidissimamente: fin dal 20 gennaio il loro governo ordinò la produzione in massa del necessario per eseguire i test, in modo da rapidamente individuare e isolare gli infetti, e tenerli sotto osservazione per immediato intervento sanitario. Risultato: con una popolazione solo di poco inferiore alla nostra, la S.Corea ha avuto 20 volte meno casi e patito 100 volte meno morti che in Italia. Inoltre, a differenza di noi, la S.Corea starebbe domando il virus: è da due settimane che, giornalmente, hanno meno di 50 casi con decessi che è da tre settimane che si contano sulle dita di una sola mano.

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