E ti pareva: il Nobel agli inventori dei vaccini Covid

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premio nobel vaccino

L’informazione nazionale ha dato grande risalto ai due vincitori del premio Nobel per la medicina. Si tratta della biochimica ungherese Katalin Karikò e l’immunologo americano Drew Weissman, i quali hanno ottenuto l’ambito riconoscimento per le loro scoperte sulle modifiche delle basi nucleosidiche che hanno permesso lo sviluppo di vaccini efficaci a base di mRNA contro il Covid-19.

L’Assemblea dei Nobel del Karolinska Institutet, con sede a Stoccolma, ha così motivato la designazione: “Attraverso le loro scoperte fondamentali sull’importanza delle modifiche di base dell’mRna, condotte ad un ritmo senza precedenti, i due studiosi hanno contribuito in modo cruciale a questo sviluppo trasformativo durante una delle più grandi crisi sanitarie, la quale ha rappresentato una delle più grandi minacce alla salute umana dei tempi moderni.”

Ora, senza entrare negli aspetti più tecnici di questa invenzione sanitaria, che ha dato luogo secondo alcuni autorevoli scienziati nostrani, come il professor Mariano Bizzarri (secondo cui i magici sieri anti-Covid non sono vaccini in senso stretto, bensì terapie geniche sperimentali), piuttosto significativo le conclusioni dell’Avvenire, perfettamente in linea con lo spirito che ha animato per tre anni e oltre il cosiddetto giornale unico del virus: “Per la comunità scientifica internazionale, il massimo riconoscimento mondiale assegnato in Svezia è anche una risposta alle farneticanti e dannose campagne no vax che anche in Italia, e persino a livello politico, hanno non di rado trovato terreno fertile.”

Quindi, tirando le somme di questo autorevolissimo riconoscimento al dogma sanitario che, evidentemente ha messo le sue radici anche in Svezia, il più Paese più aperturista durante la pandemia, ancora una volta si trasmette un messaggio alla popolazione mondiale che sin dai primi riscontri oggettivi risulta destituito di fondamento; ossia che il Covid-19 fosse una malattia mortale per tutti e che, per questo, senza i  costosi vaccini, si sarebbe verificata una ecatombe senza precedenti. Tant’è che l’Italia ne acquistò oltre 330 milioni di dosi, e circa 10 miliardi la sola Unione europea.

Bisogna però ricordare, a futura memoria da elefante, che assai prima dell’arrivo di questi novelli elisir di lunga vita, l’eminente Giorgio Palù, decano dei virologi europei, già nella primavera del 2020 stimava il tasso di letalità reale intorno allo 0,25%; mentre alcuni mesi dopo, alla fine dell’estate, l’Oms calcolava i contagi effettivi una decina di volte superiori a quelli ufficiali, facendo ulteriormente scendere il medesimo tasso di letalità. Senza poi dimenticare che, così come riportano i dati ufficiali del nostro Istituto superiore di sanità sin dai primi momenti, la malattia grave ha sempre colpito persone molto anziane e/o con gravi e gravissime patologie multiple pregresse: i cosiddetti soggetti immunodepressi, così come è sempre accaduto anche nei riguardi dell’influenza stagionale.

Ebbene, partendo da questi presupposti il Nobel lo avrebbe senza dubbio meritato l’epidemiologo di casa Anders Tegnell, il quale si assunse la responsabilità di adottare in Svezia una strategia diametralmente opposta a quella di matrice cinese, che l’Italia ha seguito quasi pedissequamente, chiudendo il Paese per mesi e imponendo misure catastrofiche sul piano sociale, sanitario ed economico. Facendo dichiaratamente circolare il virus tra la popolazione sana, Tegnell fece in modo che già alla fine di maggio del 2020 oltre il 60% della popolazione raggiungesse una immunità naturale. Immunità naturale che i nostri maghi dei vaccini hanno sempre osteggiato, avendo raccontato la stessa favoletta edificante che ha accompagnato il premio Nobel.

D’altro canto, bisogna anche rendersi conto che in questa vicenda pandemica ancora tutta da decodificare si sono mossi colossali interessi economici, politici e professionali e che, probabilmente per questo, nessuno dei beneficiari di tali interessi sembra ragionevolmente disposto ad esprimere una seppur parziale autocritica, soprattutto in merito agli stessi vaccini. Vaccini che, vorrei ricordare, secondo il medico in pensione Massimo Galli, uno dei virologi più ortodossi durante il terrore sanitario, “funzionicchiano”. Non credo ci sia altro da aggiungere.

Claudio Romiti, 2 ottobre 2023

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