Benvenuti al grande show del fantasioso copia-incolla della sinistra italiana. Dove per una strana operazione mentale quel che accade di là viene plasmato e ridotto a mozione morale di qua, dove tutto fa brodo per il dagli agli avversari. E trasfigura il reale in un grande fumettone, rigorosamente alterato e per questo falso. Così, l’assalto (vergognoso, turpe, inaccettabile) degli esagitati trumpiani a Capitol Hill, l’epilogo brutto e indigeribile della presidenza del tycoon divenuto eroe dei “forgotten people”, diventano per la sinistra italiana l’aspersorio con cui bersagliare l’acqua della condanna indignata chi non c’entra nulla.
Solito vizio
Ovvero Matteo Salvini e Giorgia Meloni, notoriamente sodali con questa presidenza che si avvia a conclusione. Accusati di “concorso esterno” con Trump in associazione sovversiva. Nello spazio di una sera e una mattina. E sì che i leader di Lega e Fratelli d’Italia hanno da subito preso le distanze con la mattanza di Washington, e però secondo l’areopago della Resistenza infinita, o l’hanno fatto poco o l’anno fatto male. D’altronde è un vecchio vizio della sinistra voler fornire alla destra il manuale del galateo. “Le parole sono importanti”, tuona da Leu Erasmo Palazzotto, “il linguaggio violento dei leader della destra mondiale mette in pericolo la democrazia ovunque. È per questo che non sentirete una parola di condanna da parte di Salvini e Meloni. Loro farebbero la stessa cosa di Trump”.
Il vicesegretario dem Andrea Orlando, a Omnibus osserva: “Mi turba che la destra italiana che aveva applaudito Trump dica solo ‘basta con la violenza’ o che l’onorevole Meloni abbia detto ‘seguite le indicazioni di Trump e tornate a casa’. Trump è colui che ha innescato questa cosa… dobbiamo essere tutti più netti”. Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, prende una pausa dall’estenuante trattativa sul governo e osserva: “Oggi tocca a noi dire che la democrazia americana è un valore che non si tocca. Dire che il comportamento di Trump è folle (e i primi a dirlo chiaro dovrebbero essere i suoi fan italiani, ancora troppo reticenti sull’argomento)”. La vicepresidente del Pd, Deborah Serracchiani, dal canto suo, accusa Salvini e Meloni di “contorsionismi inaccettabili”.
Doppia morale
E via così, in una lunga antologia di cui, per non solleticare troppo la noia, questa è solo una piccola parte. Lo schema è sempre quello. Render buono di qua ciò che accade di là, anche se gli strati sociali, le tradizioni e le pulsioni sono nettamente differenti. E sempre osservando il dogma della doppia morale. S’innescò forse il concertino degli strali, quando infuriava la protesta (ferocemente antitrumpiana, stavolta) Black lives matter? Quando i suoi agitatori si accanivano contro le vetrine dei negozi, assaltavano megastore dei grandi brand dando luogo ad una versione aggiornata dell’esproprio proletario, buttavano giù i monumenti, picchiavano il prossimo? Ovviamente no.
Anzi, quella follia veniva inalata nel suo versante retorica di movimento per i diritti civili. Perché funziona sempre così, nell’emisfero sinistro del cielo. Si prende solo la parte buona della mela, semplificando evoluzioni terribilmente complesse. Con l’illusione che la medicina americana guarisca dai mali patiti in Italia.
D’altronde, rimane scritta nella pietra una battuta di Arturo Parisi, uno dei grandi saggi del centrosinistra. Era il 2008, e il Pd di Veltroni (e dunque con un respiro pseudo kennediano) in Italia le perdeva tutte, e di brutto, ma si esaltava per il trionfo di Barack Obama, ribattezzato “Baraccobbama” nello slang della romanella radical chic. Ebbene, Parisi fulminò tutti: “Abbiamo perso in Abruzzo, ma in compenso abbiamo vinto in Ohio”. Non è cambiato niente.
Pietro De Leo, 8 gennaio 2020