Il “Giorno della Liberazione” alla fine è arrivato. Dal Rose Garden della Casa Bianca, Donald Trump ha svelato il suo piano per porre fine alla presunta “resa economica unilaterale” degli Stati Uniti e “rendere di nuovo grande l’America”. Il tycoon ha criticato il presunto “sfruttamento” da parte dei partner commerciali degli Stati Uniti, che include tanto gli alleati quanto i rivali, e ha annunciato l’introduzione di dazi del 10 per cento su tutti i prodotti stranieri che verranno importati negli Stati Uniti, con effetto a partire dal 5 aprile.
Trump ha parlato di ulteriori tariffe “reciproche”, sebbene “moderate”, applicabili a circa sessanta Paesi, definiti i “worst offenders”, ossia i “peggiori” nelle loro relazioni commerciali con gli Stati Uniti. I prodotti provenienti dall’Unione Europea dovranno fare fronte a una tariffa del 20 per cento, che rappresenta circa metà del 39 per cento di barriere doganali che, secondo Washington, l’Europa impone sui prodotti statunitensi. Questo calcolo include anche l’Iva e altre imposte applicate dall’Europa sulle merci americane.
Altri Paesi dovranno affrontare tariffe ancora più elevate: il Vietnam con il 46 per cento, la Cina con il 34 per cento, Taiwan con il 32 per cento, l’India con il 26 per cento e il Giappone con il 24 per cento. Per il Regno Unito, invece, la tariffa sarà solo del 10 per cento. Inoltre, Trump ha confermato che, a partire dalla mezzanotte di mercoledì, entrano in vigore dazi del 25 per cento su tutte le automobili straniere importate negli Stati Uniti. Canada e Messico sono esclusi da questa nuova serie di misure, ma le tariffe del 25 per cento imposte per far fronte all’emergenza fentanyl al confine con i due Paesi rimangono in vigore.
Infine, Trump ha escluso qualsiasi possibilità di “negoziazioni” con le singole nazioni, definendo la situazione come un'”emergenza nazionale”. Questo messaggio è stato ribadito da un alto funzionario dell’Amministrazione in una conferenza telefonica con una selezione di giornalisti, prima dell’annuncio ufficiale del presidente.
I dazi Paese per Paese
- Unione Europea 20%
- Svizzera 31%
- Regno Unito 10%
- Norvegia 15%
- Serbia 37%
- Cina 34%
- Vietnam 46%
- Taiwan 32%
- Giappone 24%
- India 26%
- Corea del Sud 25%
- Thaiandia 36%
- Indonesia 32%
- Malesia 24%
- Cambogia 49%
- Bangladesh 37%
- Singapore 10%
- Filippine 17%
- Sri Lanka 44%
- Myanmar 44%
- Kazakhstan 27%
- Laos 48%
- Brasile 10%
- Cile 10%
- Colombia 10%
- Peru 10%
- Nicaragua 18%
- Costa Rica 10%
- Repubblica Dominicana 10%
- El Salvador 10%
- Trinidad and Tobago 10%
- Argentina 10%
- Equador 10%
- Guatemala 10%
- Honduras 10%
- Sud Africa 30%
- Tunisia 28%
- Madagascar 47%
- Costa d’Avorio 21%
- Botswana 37%
- Marocco 10%
- Turchia 10%
- Egitto 10%
- Israele 17%
- Pakistan 29%
- Giordania 20%
- Emirati Arabi Uniti 10%
- Arabia Saudita 10%
- Australia 10%
- Nuova Zelanda 10%
LIBERATION DAY RECIPROCAL TARIFFS pic.twitter.com/ODckbUWKvO
— The White House (@WhiteHouse) April 2, 2025
Le reazioni
“L’introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti verso l’Unione Europea è una decisione che considero errata e che non giova a nessuna delle due parti”. Questo il primo commento di Giorgia Meloni, arrivato un’ora dopo la conclusione del discorso di Trump. Se finora si era astenuta dal commentare le misure annunciate da Washington, la leader del governo ha stigmatizzato nettamente il piano del tycoon. Allo stesso tempo ha evidenziato come Roma nutra ancora qualche speranza di negoziato: “Faremo tutto il possibile per raggiungere un accordo con gli Stati Uniti, al fine di evitare una guerra commerciale che indebolirebbe inevitabilmente l’Occidente a favore di altri attori globali. In ogni caso, come sempre, agiremo nell’interesse dell’Italia e della sua economia, anche confrontandoci con i nostri partner europei”.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rimarcato che l’Italia è già al lavoro con la Ue e gli altri partner europei per una valutazione iniziale e una risposta comune. “Serve un negoziato costruttivo, con fermezza e determinazione”, ha affermato Tajani, ribadendo che “il governo non lascerà indifeso il sistema produttivo italiano”. Nell’esecutivo si valuta che la risposta debba essere misurata, senza precipitarsi a scelte drastiche, e che un’opportunità potrebbe arrivare con la visita del vicepresidente a stelle e strisce J.D. Vance, in Italia a ridosso di Pasqua. La visita, prevista per il 18 aprile, potrebbe rivelarsi una finestra utile per trovare una soluzione diplomatica prima di arrivare all’eventuale “estrema ratio” di rispondere con dazi.
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Per quanto riguarda i numeri, secondo Coldiretti “il dazio al 20 per cento su tutti i prodotti agroalimentari made in Italy porterà a un rincaro da 1,6 miliardi per i consumatori americani, con un calo delle vendite che danneggerà le imprese italiane, oltre ad incrementare il fenomeno dell’italian sounding”. L’associazione ha aggiunto sul punto: “Al calo delle vendite va poi aggiunto il danno in termini di deprezzamento delle produzioni, da calcolare filiera per filiera, legato all’eccesso di offerta senza sbocchi in altri mercati. Occorre ora lavorare a una soluzione diplomatica che venga portata avanti in sede europea”.
Tra le prime reazioni a livello internazionale quella della Gran Bretagna. Gli Usa sono “il nostro più stretto alleato”, ma “nulla è escluso” in risposta ai dazi del 10 per cento sulle importazioni imposti da Trump, l’analisi del segretario per il Commercio e l’Economia britannico Jonathan Reynolds: “Agiremo sempre nel migliore interesse delle aziende e dei consumatori del Regno Unito. Ecco perché, nel corso delle ultime settimane, il governo si è concentrato esclusivamente sulla negoziazione di un accordo economico con gli Stati Uniti che rafforzi le nostre attuali relazioni commerciali, eque ed equilibrate”. “Mi rammarico profondamente per il percorso intrapreso dagli Stati Uniti, che cercano di limitare il commercio con dazi più elevati. Non vogliamo barriere commerciali crescenti. Non vogliamo una guerra commerciale è invece il commento del premier svedese Ulf Kristersson. Perentoria la presa di posizione dell’Australia con il premier Anthony Albanese: “Queste tariffe non sono inaspettate, ma lasciatemi essere chiaro, sono totalmente ingiustificate. Questo avrà delle conseguenze sul modo in cui gli australiani vedono queste relazioni”.
Franco Lodige, 3 aprile 2025
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