Cronaca

“È un narcisista covert”. La diagnosi su Filippo Turetta

La criminologa Roberta Bruzzone traccia un profilo sull’assassino di Giulia Cecchettin

Filippo Turetta accusato dell'omicidio di Giulia Cecchettin © Ton Photographer 4289 tramite Canva.com

“Mi sento in una situazione in cui, appunto, vorrei che sparisse. Vorrei non avere più contatti con lui, però, allo stesso tempo, lui mi viene a dire cose del tipo che è super depresso, che ha smesso di mangiare, che passa le giornate a guardare il soffitto, che pensa solo ad ammazzarsi, che vorrebbe morire. E non me le viene a dire, secondo me, per forza come ricatto, però suonano molto come ricatto”. È così che inizia il vocale di Giulia Cecchettin diffuso dalle sue amiche e trasmesso da Chi l’ha visto.

Un audio in cui la ventiduenne parlava del suo ex fidanzato, Filippo Turetta, estradato dalla Germania e ora rinchiuso nel carcere di Verona. Lo stesso che, sempre da quanto è emerso dall’audio, diceva alla ex che l’unica luce che vedeva nelle sue giornate erano le uscite con lei o i momenti in cui gli scriveva. Una situazione che a Giulia iniziava a pesare e che la ragazza non riusciva più a gestire: “Io vorrei non vederlo più, perché comunque comincio a non sopportarlo più. Mi pesa e non so come sparire, nel senso vorrei fortemente sparire dalla sua vita ma non so come farlo, perché mi sento in colpa, perché ho troppa paura che possa farsi male in qualche modo”.

Parole dalle quali emerge il rapporto tossico che Filippo Turetta aveva instaurato con Giulia e dal quale quest’ultima non riusciva a liberarsene, perché troppo sensibile, empatica e fragile alle parole ricattatorie di quello che si sarebbe ammazzato per lei ma che, alla fine, è diventato il suo assassino. Un omicidio animalesco, studiato e commesso senza alcuna pietà per la vittima. Infatti, il ventiduenne è accusato di omicidio volontario aggravato e sequestro di persona e, da quanto emerso dall’ ordinanza di custodia cautelare, scritta dal gip Venezia Benedetta Vitolo, il ragazzo deve stare in carcere per la sua pericolosità sociale «evincibile dall’inaudita gravità e manifesta disumanità» che ha mostrato contro la «giovane donna con cui aveva vissuto una relazione sentimentale».

Per Filippo Turetta c’è un «grave quadro indiziario» da cui emerge una volontà omicidiaria «resa palese dalle modalità dell’aggressione”. Ma non è finita qui, si parla infatti anche di premeditazione da parte del giovane carnefice. Aspetto, questo, che si deduce da un sempre maggior numero di elementi. Tra questi, l’acquisto di scotch online, qualche giorno prima dell’uccisione della ragazza, trovato nella zona dell’ultima aggressione alla giovane vittima. La premeditazione è una variabile decisiva nel futuro processo a Filippo Turetta, perché lo porterebbe fino a una condanna all’ergastolo, senza poter chiedere il rito abbreviato. Sono diversi gli elementi su cui gli inquirenti stanno lavorando per contestare l’aggravante della premeditazione, tra cui pure l’acquisto online, pochi giorni prima dell’11 novembre, di quel nastro adesivo che l’ex fidanzato avrebbe usato per impedire a Giulia di urlare durante l’aggressione.

Un’aggressione avvenuta in due fasi e durata circa 25 minuti. Una ventina di coltellate, è con queste che Filippo avrebbe colpito Giulia. Questo è quanto ha scritto il gip di Venezia, Benedetta Vitolo, nell’ordinanza di custodia cautelare: lo scotch è stato “applicato” da Turetta “probabilmente per impedirle di gridare”. In seguito, la ragazza sarebbe caduta a terra, esanime: a questo punto Filippo l’avrebbe caricata sulla sua auto, la Punto nera, prima di abbandonare il corpo della vittima in un dirupo sotto Piancavallo. Uno scenario macabro, frutto di una “personalità narcisistica patologica”, e nel dettaglio un “covert passivo aggressivo”.

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Questo è Filippo Turetta, secondo l’analisi prospettata dalla criminologa Roberta Bruzzone. L’esperta parla di “una modalità parassitaria e vessatoria di imporre la propria presenza”. Come? Per esempio, con l’aut aut: “Se non fai quello che dico io, mi uccido”; “se mi lasci, mi uccido”. Secondo Bruzzone queste minacce sono ricatti emotivi, non il segnale di tendenze suicide: “Non ha mai avuto intenzione di uccidersi. Tanto è vero che, quando ne avrebbe avuto ben donde, non l’ha fatto”, spiega in una intervista al Messaggero. Le persone narcisistiche, continua, diventano patologiche “quando non tollerano che qualcuno possa muoversi fuori dalla sfera del loro controllo, della loro influenza”. E il soggetto manipolatore trascina la vittima “piano piano, in questa relazione sempre più asfittica. Il controllo che ha nei confronti della vittima è l’unico filtro che lo separa dall’angoscia depressiva”.

Un profilo che contrasta con il ritratto del “bravo ragazzo”. Ma è tipico del narcisista covert: “È la maschera che lui indossava, perché aveva capito che era un modo efficace per tenere agganciata Giulia. Ma in realtà lui non è mai stato quella persona. Probabilmente Giulia l’ha visto veramente fino in fondo solo quella sera”. Ma cosa vuol dire “covert passivo aggressivo”? “Ci sono diversi modi in cui la patologia narcisistica può manifestarsi. Ci sono quelli un po’ più evidenti: quelli arroganti, che sono convinti di essere i migliori del mondo”, argomenta Bruzzone. “E poi ci sono quelli più subdoli, quelli passivo aggressivi, quelli coperti o covert. Che hanno invece lo stesso sé grandioso, ma temono terribilmente il fallimento. Quindi lo tengono un po’ più custodito, un po’ più nascosto”.

Sono quelli che “si travestono da ragazzi per bene“, come Turetta, “apparentemente molto dimessi, molto tranquilli, finché va tutto come dicono loro”. In caso contrario, può emergere la loro parte violenta e aggressiva. Nel caso di Turetta, lui non sopportava di mostrarsi inferiore a Giulia: “Qui il problema non è la fine della relazione, ma la laurea. Quella era il traguardo pubblico che lui non aveva varcato”. Una laurea alla quale Giulia teneva come emerge dalle parole di Silvia Todros, la docente di Meccaniche dei materiali all’Università di Padova con la quale la ventiduenne aveva preparato la tesi “Giulia era una bravissima ragazza, una studentessa scrupolosa, precisa e attenta. Ha sempre fatto tutto quello che era richiesto. Si fermava per fare domande e rispettava le scadenze”.

La laurea in ingegneria biomedica era però il primo passo per realizzare il sogno della ragazza: trasferirsi a Reggio Emilia per la Scuola Internazionale di Comics, che aveva cominciato a frequentare dallo scorso ottobre. Aveva passato l’ammissione per il corso triennale di illustrazione e cullava “il sogno di intraprendere una carriera da disegnatrice”, così ha spiegato a Repubblica Jessica Ferreri, la direttrice di R2. Tanti traguardi da raggiungere e sogni da realizzare, questa era Giulia, una giovane donna che viveva la vita. Una vita che l’è stata strappata via da chi avrebbe dovuto essere il suo principale tifoso anche e soprattutto a storia finita. Perché l’amore finisce, il voler bene resta.

Nemes Sicari, 26 novembre 2023