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Ecco cosa sta dimenticando Draghi

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La follia – secondo Einstein – consiste nel ripetere esattamente le stesse azioni sperando di ottenere ogni volta risultati diversi. Pure un uomo intelligente come Mario Draghi sembra esserne preda. Si avvicina il 10 marzo. Un anno di lockdown nel nostro Paese. Del primo discorso di Mario Draghi agli italiani dopo aver ottenuto la fiducia delle camere al suo governo rimane poco di buono e nulla di nuovo. Ancora chiusure. “Il 10 marzo di un anno fa l’Italia si chiudeva diventando per la prima volta, una grande zona rossa” dice il primo ministro che poco dopo aggiunge “mai avremmo pensato che un anno dopo ci saremmo trovati a fronteggiare un’emergenza analoga”.

Terapie domiciliari sconosciute…

Nessun cambio di marcia rispetto al passato. E pure la terapia sembra essere una perfetta sconosciuta. Un marziano appena atterrato sulla terra e che cercasse di farsi un’idea sulla gravità di questa malattia dovrebbe trarne una conseguenza. Il pianeta è stato colpito da un morbo incurabile. Sebbene ormai le evidenze di terapie domiciliari di successo siano sempre più numerose. Ma nel discorso del premier, di tutto questo non vi è traccia. Mario Draghi dichiara di non voler promettere ciò che non può mantenere. Troppo poco per commuoversi gridando al miracolo di un politico che non prende in giro gli elettori.

I numeri dell’economia e della mortalità

La riapertura dell’economia non è un privilegio ma un sacrosanto diritto, visti i terrificanti numeri sulla povertà assoluta purtroppo in aumento.  5,6 milioni gli italiani indigenti. Praticamente il triplo rispetto al 2005 anno in cui l’Istat ha iniziato a rilevare il fenomeno della povertà assoluta. Una vera e propria catastrofe umanitaria. Poco meno di un anno fa dalle colonne del Financial Times Mario Draghi ammoniva che ci trovavamo di fronte ad una “sfida” ed esortava “ad agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione” si trasformasse “in depressione prolungata”. Parole al vento, verrebbe da dire.

Continuare con la chiusura non sembra certo essere il modo migliore per bloccare la circolazione del virus; figuriamoci la crisi economica. Ed i numeri sulla mortalità pubblicati sempre dall’Istat in questi giorni ci pongono di fronte ad un’altra clamorosa evidenza. Nel 2020 la mortalità in eccesso rispetto alla media del quinquennio 2015-2019 è stata pari a 100.526 unità. Questo cioè è il numero dei morti in più che abbiamo avuto nel 2020 rispetto al numero medio dei decessi dei cinque anni precedenti. Di questi 100.526 morti in più, gli italiani in età lavorativa sono stati 3.709 e gli ultrasessantacinquenni invece 96.817. Totale 110.526 morti in più, appunto.

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