Ecco i veri testi scolastici di propaganda

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L’ortodossia del politicamente corretta censura qualsiasi illustrazione che possa essere disallineata al suo rigido dogmatismo. E così la verità diventa inoperativa se risulta incompatibile con i canoni del pensiero unico che plasma la realtà al linguaggio dell’indifferentismo. L’omologazione che ne deriva rappresenta un depauperamento della società, che si sostanzia della diversità senza vocazioni egemoniche sulle molteplici culture che l’attraversano.

Vignetta incriminata

La bufera provocata dalla vignetta, presente sul manuale di letture Le avventure di Leo edito dal Gruppo Editoriale Raffaello per la seconda elementare, raffigurante un alunno nero che dice: «Quest’anno io vuole imparare italiano bene» è il sintomo di una semplificazione vincolata al cliché accusatorio di razzismo. Una sorta di reazione sanzionatoria che obbedisce ad uno schema automatico da cui si origina l’indignazione convenzionalista. Il manuale con la vignetta incriminata è stato segnalato per istigazione al razzismo e gli insegnanti ne hanno chiesto il ritiro dalla fruizione scolastica. La frase criminalizzata dalle vestali del politicamente corretto, con enfatico zelo censorio, non mi pare che possa essere inquadrata nella diffamazione razzista, perché esprime l’attitudine volitiva dello straniero ad integrarsi e la carenza linguistica raffigurata nella vignetta non indica un deficit strutturale ma l’esordio di un percorso inclusivo di apprendimento.

Testi scolastici immigrazionisti

Sono ben altri i testi scolastici su cui infervorarsi per la loro tendenza ad indottrinare gli studenti affinché assorbano acriticamente progetti di sostituzione etnica. Emblematico il silenzio dei novelli censori quando si evidenziavano gli estratti di un testo di geografia Geo Green 2 edito da Paravia per la scuola media in cui veniva descritta l’emergenza sull’«invecchiamento medio» e sulla diminuzione dei «giovani europei» con un manifesto ideologico dai toni imperativi: «Gli immigrati extraeuropei (africani, asiatici, sudamericani) rappresentano già oggi una parte consistente della popolazione giovane d’Europa. La vera sfida sociale e demografica del continente consiste nel “passare il testimone”: gli immigrati devono poter entrare nella società e nell’economia europee a ogni livello professionale e civile; solo accettando gli immigrati l’Europa anziana (che detiene la ricchezza economica e le radici culturali europee) permetterà l’esistenza dell’Europa futura».

Educare significa offrire ai giovani gli strumenti per decodificare la complessità della realtà e non catechizzarli all’immigrazionismo o al modello di cui è alfiere l’ex “presidenta” della Camera Laura Boldrini che eleva il migrante ad «avanguardia della globalizzazione che ci offre uno stile di vita da emulare». La cupola del politicamente corretto vorrebbe detenere l’autorità medioevale per concedere o negare l’imprimatur, la preventiva autorizzazione alla pubblicazione di un libro affinché sia conforme ai suoi precetti. Sicuramente lo avrebbe concesso al volume In prima!, della collana Zoom dell’editore Loescher, rivolto ai ragazzi di prima media, che si schiera apertamente per accogliere senza filtri il flusso migratorio – «gli immigrati sono una presenza indispensabile, soprattutto in alcuni settori lavorativi come l’edilizia, il lavoro domestico, l’assistenza a bambini e anziani» – e per lo ius soli – «i figli di stranieri nati in Italia continuano a non aver diritto alla cittadinanza italiana».

Si potrebbero citare tanti esempi di testi che orientano ad un pensiero, manipolando la libera capacità critica che dovrebbe essere l’obiettivo prioritario del sistema educativo. Invece, da alcuni manuali emerge la narrazione di una visione acritica sul tema dell’immigrazione con la finalità di plasmare i cittadini del domani al verbo tossico del politicamente corretto. Per tanti anni il sistema scolastico ha tollerato che gli studenti si formassero sulle omissioni dei manuali di storia rispetto alla tragedia delle foibe, provocando sul sentimento di appartenenza nazionale il “delitto” della memoria reticente e infierendo sul martirio di migliaia di italiani vittime della pulizia etnica dei comunisti jugoslavi del maresciallo Tito.

Ieri per ragioni ideologiche si imponeva il bianchetto sulle pagine buie della storia che evocavano i delitti partigiani, oggi la stessa tendenza soverchiante la si vuole applicare per imporre l’omologazione al pensiero dominante intervenendo sin dalle fasi embrionali del processo educativo.

Andra Amata, 27 settembre 2020

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