“Ecco la mia proposta di pace”: cosa c’è dietro la mossa di Putin

Messaggio dello zar a Zelensky: nel mirino quattro regioni ucraine (e la Nato)

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Un’apertura vera o un bluff? Una possibile via d’uscita o un modo per farsi beffe di Volodymyr Zelensky? La giornata di  ieri è stata significativa per il dossier Ucraina: Vladimir Putin ha infatti aperto ad un cessate il fuoco. Ufficializzando l’impegno complessivo di 700 mila soldati in quella che ha ribattezzato ancora una volta “operazione speciale”, lo Zar ha suggerito il dialogo a Kiev ponendo due condizioni: le regioni occupate dalle truppe russe (Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia) vanno considerate come parte della Russia e soprattutto lo stop all’ingresso di Kiev nella Nato.

La proposta di pace di Putin, decisamente più conveniente a Mosca che a Kiev, non è stata accolta di buon grado da Kiev. Zelensky non l’ha nemmeno presa in considerazione, parlando di ultimatum già sentito e di “parole da Hitler”. Il leader ucraino non ha tutti i torti, effettivamente non è la prima volta che il presidente russo paventa pubblicamente l’ipotesi di raggiungere la pace. Ma per giungere alla soluzione negoziale ha sempre posto basi inaccettabili per l’Ucraina, a partire dalla rinuncia ai territori. Figurarsi la rinuncia all’ingresso nella Nato dopo aver lottato a lungo e aver superato ostacoli un tempo considerati insormontabili.

La nuova offerta di Putin ha riacceso il dibattito tra analisti ed esperti. L’Institute for the study of war (Isw) ha rimarcato che la proposta del Cremlino non può essere considerata credibile per diversi fattori. In altri termini, si tratta di un mero bluff, l’ennesimo dopo due anni e quattro mesi di guerra. Come spiegato dal think tank americano, il cessate il fuoco non impedirebbe a Mosca di riprendere l’offensiva per arrivare alla distruzione dell’Ucraina come Stato sovrano. Basti pensare al numero di violazioni di impegni internazionali, tra l’intervento in Crimea e quello nel Donbass nel 2014. Ma non solo. Con questa proposta Putin potrebbe mirare alla preparazione di forze armate più affidabili per condurre una serie di operazioni offensive finalizzate a sovvertire il governo di Kiev, a ottenere la demilitarizzazione del paese e, alla fine, a conquistarlo. In soldoni, non c’è da fidarsi.

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Ma c’è di più. La pseudo-proposta di Putin è arrivata nel giorno del messaggio inviato dal G7 di Borgo Egnazia. “Riaffermiamo il nostro fermo sostegno all’Ucraina per tutto il tempo necessario”, scrivono nella dichiarazione finale i leader sottolineando come Mosca deve “porre fine alla sua guerra illegale di aggressione” e anche “pagare per i danni che ha causato all’Ucraina” che “secondo la Banca Mondiale superano ormai i 486 miliardi di dollari”. Sul tavolo 50 miliardi di dollari derivanti dal patrimonio sovrano russo immobilizzato. In più, il sostegno alla formula di pace di Zelensky e al vertice sulla pace in programma in Svizzera “per costruire un quadro basato sul diritto internazionale, sulla Carta delle Nazioni Unite e sui suoi principi, nel rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. Una posizione netta, chiara, limpida. E non s’è fatto attendere il messaggio di Putin: il Cremlino ha ribadito che si tratta di “vera proposta di pace” preparata “sulla base della situazione attuale”. Nessun passo avanti nell’immediato, la situazione sul campo resta la stessa.

Franco Lodige, 15 giugno 2024

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