Esteri

Ecco la prova dei legami tra Hamas e i giornalisti

L’IDF ha rivelato documenti trovati a Gaza che confermano l’affiliazione di 6 giornalisti di Al Jazeera alle organizzazioni terroristiche

giornalisti hamas

Le notizie, anzi le conferme di quello che già sapevamo, arrivano dal portavoce dell’esercito israeliano che ha distribuito le prove di molte di quelle informazioni che erano già state rese note ma pubblicate con molta parsimonia. Ora però, anche se non se ne vede traccia sui grandi network giornalistici, l’IDF ha rivelato informazioni di intelligence e molti documenti trovati nella Striscia di Gaza che confermano l’affiliazione militare di 6 giornalisti di Al Jazeera, l’emittente del Qatar a Gaza, alle organizzazioni terroristiche Hamas e Jihad Islamica.

Si tratta di: Anas Al-Sharif, Ala’ Salame, Hassam Shabat, Ashraf Al-Sarraj, Ismail Abu Amr e Talal Al Aruki. Il giornalista-terrorista Ismail Abu Amr è rimasto ferito diversi mesi fa a Gaza e i documenti ora pubblicati confermano e non lasciano dubbi sulla sua attività terroristica, che la rete Al Jazeera ha tentato di sconfessare. Gli stessi documenti che includono tabelle del personale, elenchi di corsi di addestramento dei terroristi, elenchi telefonici e documenti salariali per i terroristi, che dimostrano inequivocabilmente che operano e operavano come agenti terroristici delle organizzazioni terroristiche nella Striscia di Gaza e sono la prova del coinvolgimento di Hamas nella rete mediatica del Qatar, Al-Jazeera.

La maggior parte dei giornalisti che vengono smascherati in queste ore come agenti dell’ala militare di Hamas costituiscono solo la punta dell’iceberg della diffusione dei messaggi di propaganda di Hamas come parte del loro lavoro ad Al Jazeera, soprattutto nel nord della Striscia di Gaza. Messaggi di propaganda troppo spesso presi come oro colato da tutti gli altri network e testate internazionali ai quali bastava citare Al Jazeera per dare credibilità a ciò che raccontavano. L’IDF ha rivelato anche ulteriori documenti che indicano una stretta cooperazione tra Hamas e la rete qatariota alla quale era fatto divieto di criticare l’organizzazione, di occultare gli incidenti di lanci di razzi falliti, fino alla creazione di una linea di comunicazione sicura al fine di avere l’autorizzazione dalla censura di Hamas prima della pubblicazione di notizie sensibili.

In un documento di Hamas risalente al 2022 c’è la descrizione di come siano state fornite ad Al Jazeera chiare istruzioni su come coprire un fallito lancio di razzi della Jihad Islamica a Jabaliya, lancio che ha causato la morte di diversi civili. Le istruzioni includevano l’evitare di usare la parola “massacro” per descrivere l’evento, ridurre la visualizzazione di immagini dell’incidente e assicurarsi che i membri del panel non criticassero Hamas. Un altro documento, sempre del 2022, rivela le istruzioni che Hamas diede al giornalista Tamer Almisshall sulla sua copertura della Jihad Islamica durante l’operazione “Breaking Dawn” nel suo programma “More Hidden than Revealed”. Le istruzioni erano di sostenere la “resistenza” a Gaza e di impedire qualsiasi critica alle capacità missilistiche della Jihad Islamica, alla luce dell’elevato numero di lanci falliti.

L’istituzione del telefono sicuro fra Hamas e Al Jazeera è confermata da altra documentazione risalente al 2023, una linea protetta che avrebbe consentito all’organizzazione terroristica di comunicare con il canale televisivo in modo riservato e in caso di emergenza. In finale, non ci voleva molto per capirlo, i documenti rivelano quello che era sotto gli occhi di tutti coloro che volevano sapere, e cioè che Hamas ha sempre orientato la copertura mediatica di Al Jazeera per servire i propri interessi, impedendo all’opinione pubblica di Gaza e del resto del mondo di scoprire la verità sui crimini commessi contro i civili di Gaza prima ancora delle violenze perpetrate contro i civili israeliani. Quindi, documenti alla mano, la prossima volta quando vi dicono che una notizia è stata lanciata da Al Jazeera, prima di crederci è meglio riflettere due volte. Anzi, tre.

Michael Sfaradi, 25 ottobre 2024

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