La miglior produzione giornalistica su carta e on-line propone in questi giorni analisi accurate in merito al tema delle soluzioni assicurative più diffuse attualmente sul mercato: le polizze unit-linked e quelle in genere multi-ramo. Ciò anche sulla scorta di interessanti studi, proposti da alcune società ed enti di ricerca che hanno esaminato con cura e buoni modelli la situazione di mercato.
Mi unisco a costoro, osservando lo scenario da un punto di vista consulenziale e con chiavi di lettura nell’ottica dei soggetti distributori, elemento finale e spesso determinante della catena che lega, nel caso, società di investimento collettivo del risparmio (in prevalenza estere), compagnie di assicurazione (in prevalenza estere o comunitarie) e distributori variegati (Banche, Poste, Sim dedite all’offerta fuori sede e reti agenziali assicurative), tutti con quote crescenti del loro fatturato derivanti dal collocamento di questi prodotti.
Parto dalla considerazione che è indispensabile impedire che, anche in questo comparto, possano realizzarsi situazioni dannose per il cliente sottoscrittore delle proposte, come avvenuto con cadenze ravvicinate negli ultimi anni.
I temi determinanti sono:
- la qualità dei prodotti;
- il loro costo complessivo a carico del beneficiario e del contraente;
- la corretta individuazione a monte degli obiettivi dei clienti sottoscrittori;
- la trasparenza dell’offerta;
- le modalità di distribuzione, governate dall’incrocio dei contenuti delle direttive MiFID II e IDD;
- i risultati di gestione sia delle gestioni assicurative separate sia degli strumenti finanziari che compongono l’IBIP (insurance based investment product);
- la efficace distinzione tra il prodotto di ramo III (unit linked, essendo al momento assenti le index linked) e quello multi-ramo (che può combinare ramo I, ramo III e, teoricamente, ramo V).
Questi fattori combinati fra loro destano attenzione perché creano condizioni che preoccupano (come ricordato da tutti i contributi citati) Authority comunitarie (EIOPA), nazionali (IVASS e Consob), studiosi ed analisti e, per derivazione degli eventuali provvedimenti, tutti i soggetti della catena produttiva citata in precedenza.
In primo luogo, ci si chiede se le soluzioni offerte siano correttamente indirizzate al giusto mercato di destinazione. Da un punto di vista normativo, appare non applicato il processo di Product Oversight Governance, indirizzata alla individuazione preventiva di target market positivi e, soprattutto, negativi. Altrettanto non sempre esercitato è l’onere dei distributori di verificare la coerenza della POG con i propri orientamenti nella scelta dei prodotti da indirizzare ai clienti, classificati in seguito alla loro mappatura e alla verifica dei requisiti idonei per ciascuna soluzione di prodotto o di investimento. L’applicazione di soluzioni di portafoglio (in luogo di quelle di prodotto) non appare sufficiente per garantire protezione, basandosi sull’allargamento dello spettro dei risultati attesi (ampliando la volatilità ex-post rispetto a quella prospettata nella fase pre-contrattuale.
Per comprendere le ragioni di iniziative ormai così continue, è necessario considerare le impellenti esigenze di ricavi dei produttori e dei distributori. I margini di interesse sono nulli o scarsi da tempo, mentre i costi hanno esaurito le possibilità di riduzione, incidendo invece pericolosamente sulla qualità dell’intermediazione offerta. I prodotti assicurativi sono tradizionalmente apportatori di ricavi provvigionali elevati, anticipati rispetto alle prestazioni (un caso unico, come è noto) e componibili con l’accentuarsi delle prestazioni offerte o richieste.
Banche e compagnie di assicurazione sono da tempo indotte a traslare i rischi dell’intermediazione sul cliente; un forte contrasto con la missione storica, ma ormai strutturale; non a caso nel 2020, per la prima volta a livello aggregato, i ricavi da intermediazione e servizi hanno pesato per più del 50% sul margine complessivo. Trent’anni fa era il 10%. Le compagnie di assicurazioni hanno agito in progressione, proponendo prima gestioni separate e poi polizze index e unit linked per trasferire il rischio, ricomponendo la struttura percentuale dei propri fatturati.
Sotto il profilo del comportamento finanziario della clientela, è opportuno individuare alternative di prodotto rispetto alla eccessiva crescita dei volumi di depositi della clientela. Le polizze in oggetto sono un’innovazione (non per tutti) e sovrastano per appeal le obbligazioni e le azioni, forse anche perché sono più complesse (un’attrazione pericolosa come ci suggeriva il film di. Adrian Lyne).
Dal punto di vista del cliente, prodotti multi-ramo, comprensivi di componenti finanziarie sono un prodotto complesso; per questo ricadono nelle regole PRIIPS e IBIP.
Riprendo una mia convinzione a suo tempo sviluppata teoricamente: prodotti e strumenti finanziari diffusi sul mercato non sono né buoni né cattivi, ma “pharmakon”, cioè il veleno. I farmacisti si dedicano ad utilizzare quest’ultimo in dosi controllate per trarne il massimo beneficio; se sbagliano il dosaggio, le conseguenze sono pericolose.
Inoltre, i farmaci sono efficaci se debbono contrastare malattie o condizioni fisiche imperfette; altrimenti provocano danni impattando su componenti sane. Infine, i farmacisti sono specialisti con lunga formazione ed hanno l’onere di non fornire prodotti quando ne manchi il presupposto o la richiesta vincolante da parte di altro specialista (il medico).
Trasferite tutte queste considerazioni in campo finanziario, traetene le debite considerazioni e comparate la normativa e le prassi “commerciali”. Come molti altri “prodotti” finanziari multi-ramo e unit-linked coprono utilmente bisogni esistenti e con loro quantità adeguate nel portafoglio dell’acquirente.
Una quota esagerata o ravvicinata nel tempo o la assenza del bisogno (soprattutto) determinano le conseguenze temute ed esposte nei contributi prodotti in questi giorni. Non è rassicurante la statistica emersa che evidenzia la percentuale inusitata di prodotti che – al momento – presentano risultati negativi per il sottoscrittore!
Il ruolo dei consulenti e le soluzioni distributive dei distributivi giocano quindi un ruolo determinante nel valutare se, quando e quanto ogni strumento sia compatibile con le esigenze dei clienti. MiFID II e IDD impongo la responsabilità di questi soggetti nei confronti di questi ultimi, tanto più quanto il prodotto/pharmakon sia complesso e delicato nella sua struttura.
I farmaci in tale ottica sono classificati in classi (A, B e C) e questo potrebbe essere soluzione da valutare in campo finanziario. Nella situazione attuale si individua anche qualche conflitto fra imprese distributrici e consulenti in disaccordo circa le politiche da attuare. Il portafoglio dei clienti risente quindi dell’asimmetria nei comportamenti dei propri consulenti. Un argomento che meriterebbe (nel rispetto della privacy) l’attenzione di qualche ricercatore.
Infine, a livello più sociale e macroeconomico, è necessario lamentare la costante assenza di educazione finanziaria adeguata, soprattutto rispetto ai prodotti complessi. Confidare nell’assistenza a tutto tondo da parte del sistema distributivo non è scelta coerente con l’importanza della funzione del risparmio. Confidare nelle tutele normative e nella possibilità di adire la via dell’arbitraggio è, di fatto, un errore tecnico e comportamentale.
Contare sull’efficacia dell’azione di vigilanza sottende l’esistenza di situazioni già critiche. E’ il Regulator che deve attivarsi per correggere l’entusiasmo imprenditoriale di produttori e distributori, tenendo sempre presente l’utilità non universale ma certa dei prodotti “pharmakon”, come dimostrato, in campo farmaceutico, dall’azione di contrasto della pandemia e di protezione della popolazione!
Giuseppe G. Santorsola