Assicurazioni

Open Insurance: l’assicurazione che non protegge ma previene

La rivoluzione del mondo assicurativo è arrivata: siamo disposti a dare i nostri dati in cambio di un premio più economico?

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La scorsa settimana abbiamo parlato della sempre più crescente rilevanza dell’Open Banking e Open Finance riferite non solo al mondo bancario ma ad una visione più ampia della gestione del patrimonio di un cliente, ma il sigillo per una totale protezione del patrimonio è l’assicurazione.

 

Cos’è l’Open Insurance?

La trasposizione dell’Open Banking nel settore assicurativo viene definita Open Insurance ovvero la condivisione dei dati sul cliente da parte dei soggetti vigilati con altri operatori di mercato, dove questi ultimi spesso non sono sottoposti a forme di supervisione o controllo da parte delle autorità preposte. Condivisione resa possibile attraverso un intenso ricorso alla tecnologia, dove le API (Application Programming Interface) consentono un dialogo semplificato ed efficiente tra i diversi attori coinvolti e la clientela finale.

 

L’Open Insurance rivoluzionerà il rapporto tra assicurazioni e clienti. Non saremo più noi clienti ad andare da un assicuratore, ma, al contrario, l’assicurazione “entrerà” nei contesti digitalizzati che frequentiamo ogni giorno, dall’app per fare sport a quella per noleggiare un monopattino elettrico (ricordate le Super App?). Le assicurazioni italiane si trovano oggi a vivere una nuova fase; la digitalizzazione ha infatti registrato nell’ultimo anno una fortissima accelerazione e i clienti hanno acquisito una maggiore dimestichezza e fiducia con applicazioni e piattaforme per effettuare acquisiti online e operazioni finanziarie.

Da un punto di vista pratico essa si regge su tre colonne portanti: l’acquisizione di dati da terze parti che permette alle assicurazioni di avere una maggiore conoscenza dei clienti e offrire di conseguenza una value proposition più innovativa e appropriata; la condivisione dei propri dati che garantisce un nuovo canale di ricavi; infine la collaborazione con più partner, che permette di innovare con un approccio olistico e a valore aggiunto per tutta la filiera.

Sono diversi i possibili fornitori che hanno interessi nell’integrare uno o più prodotti assicurativi per soddisfare diverse esigenze quali: migliorare il livello di servizio erogato aggiungendo un servizio di protezione, sempre più rilevante nel Dopo Covid; soddisfare le esigenze legate a nuovi modelli di business emergenti; differenziarsi tramite servizi a valore aggiunto, aggiungendo servizi di protezione Danni; infine generare nuovi fatturati, tramite offerte assicurative profilate e contestuali.

L’OPIN Innovation Lab segnala che, a livello globale, non sono ancora molti gli incumbent che hanno la cultura della condivisione dei dati, e il maggior numero di API sono legate all’assicurazione auto con il 25% del totale. L’assicurazione viaggio e le assicurazioni parametriche contro i ritardi dei voli costituiscono il secondo segmento più grande (20% del totale), mentre l’assicurazione sulla vita è al terzo posto (17% del totale delle open API).

 

Le compagnie assicurative si trovano davanti una grande opportunità nel mercato delle protezioni non obbligatorie. Al netto di fattori strutturali come la scarsa educazione assicurativa e la diversa struttura industriale, rimane un potenziale di crescita dei premi finora frenato da problemi di offerta e di distribuzione assicurativa.

 

La via dell’Open Insurance non è certo semplice ma è già realtà. L’offerta di servizi assicurativi arriva da un numero sempre maggiore di settori: l’Italian Insurtech Association individua circa 101 aziende in Italia che erogano servizi assicurativi digitali (+30% rispetto a 12 mesi fa) e che appartengono a 12 diverse industry: utility, telco, automotive, banking, retail, pure player ecommerce, travel, mobility, sharing economy, pet economy. Molti di questi settori hanno importanti basi di clienti, capacità di coinvolgerli e risorse finanziarie. Per questo motivo è stato creato l’Osservatorio Open Insurance dell’Italian Insurtech Association in collaborazione con Accenture, che avrà il compito di monitorare gli avanzamenti in termini di distribuzione cross-industry e l’evoluzione dell’offerta e degli standard tecnologici Open Insurance.

 

L’Open Insurance è la via obbligata per mantenere il presidio delle compagnie di assicurazioni nell’industria dei servizi assicurativi in cui è fondamentale conservare una reale parità di condizioni tra i diversi attori del mercato per garantire ai consumatori lo stesso livello di protezione indipendentemente dall’azienda con cui hanno a che fare e un’equa ripartizione dei costi tra le parti per garantire un approccio equilibrato al finanziamento e allo sviluppo di qualsiasi nuova infrastruttura. Un processo complicato in quanto è anzitutto necessario il dialogo con gli altri partner che hanno modelli organizzativi e di business completamente diversi e successivamente perché il mercato va creato, stimolato e sostenuto.

 

Siamo a un punto di svolta interessante. È indicativo il caso, per esempio, della salute: la partnership fra compagnia e network di provider di servizi (medici, cliniche, punti di prelievo, laboratori di analisi, ecc.) esiste già. È un settore in cui l’integrazione è necessaria per offrire il risarcimento in forma specifica, che è indispensabile per i clienti e per contenere la spesa della diagnostica e dell’erogazione delle cure. Tuttavia il costo di amministrazione dei sinistri e delle erogazioni è elevato perché avviene nel mondo fisico. Con interfacce cliente e processi interni digitalizzati si abbatterebbero i costi di transazione ed è possibile proporre nuovi servizi (es. di prevenzione) a costi marginali ridotti e con un elevato ritorno nella gestione tecnica delle coperture, in quanto si riduce la frequenza e la severità dei sinistri.

 

Regolamentazione normativa dell’Open Insurance

Dalla ricerca “Il dibattito sull’Open Insurance” condotta dall’IVASS in collaborazione con lo studio Ambrosetti si chiarisce che al momento manca ancora una regolamentazione, ma l’essenza è analoga a quella dell’Open Banking. E’ bene però precisare che il contesto assicurativo presenta peculiarità che vanno attentamente considerate.

Una prima differenza rilevante rispetto all’approccio PSD2 dell’Open Banking è data dalla diversa natura e dalle differenti caratteristiche del business assicurativo, i cui dati presentano maggiore varietà, eterogeneità e talvolta sensibilità rispetto a quelli dei servizi bancari e di pagamento. È importante ricordare che parliamo solo dei dati forniti dal cliente e non le informazioni elaborate dagli assicuratori mediante i propri modelli di valutazione del rischio e di pricing che non sarebbero condivisibili in quanto protette dal segreto industriale e dalle norme sulla proprietà intellettuale.

Oltre ai dati sul portafoglio delle coperture in essere e degli investimenti in prodotti assicurativi, si tratta anche di informazioni relative ad esempio alla salute del cliente, al suo comportamento, alla sua mobilità (pensiamo alle registrazioni della black-box e di altri device personali o domestici) e ai sinistri. Questa grande eterogeneità suggerisce una riflessione sull’opportunità di estendere l’Open Insurance indistintamente a tutto il business assicurativo oppure solo ad alcuni rami o prodotti.

 

Un’altra differenza è la diversa struttura dei mercati della distribuzione assicurativa a livello europeo. Si va da Paesi con reti distributive caratterizzate dalla presenza di intermediari di grandi dimensioni a Paesi, come l’Italia, con un gran numero di intermediari (poco meno di 40.000), per lo più piccole imprese e ditte individuali, e quindi meno in grado di fare rete e sostenere gli investimenti informatici necessari. Sarà importante individuare anche chi autorizza e chi controlla gli operatori di questo mercato e garantire parità concorrenziale tra soggetti che svolgono le stesse attività e sono sottoposti o generano gli stessi rischi.

 

Va attentamente considerata l’eventualità che un regime di Open Insurance, come già avviene nell’open banking, permetta alle Big Tech di accedere a dati assicurativi, senza offrire una reciprocità sulle loro basi dati. Queste terze parti non finanziarie possono non essere soggette allo stesso di livello di regolamentazione e supervisione e ai più elevati standard di tutela del consumatore validi per i soggetti vigilati. Oltre agli aspetti di tutela del consumatore e corretto trattamento e utilizzo dei dati, l’esperienza dell’Open Banking ha messo in evidenza l’esigenza di promuovere l’interoperabilità e, quando possibile, la portabilità dei dati, obiettivi che non sempre il mercato è apparso in grado di perseguire in via autonoma.

 

Sebbene l’Open Insurance abbia il potenziale per avere un impatto positivo sia sui consumatori che sugli assicuratori, la progettazione di qualsiasi potenziale quadro determinerà il suo impatto complessivo. È pertanto necessaria un’ulteriore elaborazione della portata e degli obiettivi esatti di tale quadro.

Il 28 gennaio 2021, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) ha lanciato una consultazione pubblica in tema di open insurance ed in particolare sull’accesso e la condivisione dei dati relativi alle assicurazioni che  evidenzia come la raccolta di nuove tipologie di dati, anche attraverso canali non tradizionali come i social media, faccia sorgere importanti questioni, soprattutto per quanto attiene all’utilizzo di tali dati, che rendono sempre più necessaria l’adozione di un quadro normativo di riferimento unitario.

 

L’importanza dei dati

Secondo l’indagine “Global Insurance Consumer Study” di Accenture che ha visto coinvolti 47.000 consumatori in tutto il mondo emerge che negli ultimi due anni è cresciuto il numero di consumatori disposti a condividere dati significativi sulla propria salute e altre informazioni legate allo stile di vita con il proprio assicuratore per ridurre i premi. Al contempo è però diminuita la fiducia negli assicuratori per la cura di tali dati.  In base alla ricerca è aumentata dal 58% al 69% la percentuale di consumatori pronti a condividere con i loro assicuratori i propri dati sanitari oltre che quelli relativi al proprio stile di vita e di guida in cambio di prezzi più bassi. Nello stesso periodo è cresciuta dal 54% al 66% la quota di consumatori disposta a condividere dati per avere servizi personalizzati in grado di prevenire infortuni e perdite. Stando al sondaggio, la percentuale di persone che afferma di fidarsi degli assicuratori per il trattamento dei propri dati è è scesa dal 40% al 32% in due anni. Il rapporto evidenzia come gli assicuratori debbano rivedere anche le loro politiche in relazione alla forza lavoro umana.

Il Covid.19 ha, infatti, dato un’accelerata all’adozione di servizi assicurativi digitali. Un dato su tutti: è cresciuta al 71% la percentuale di over 55 che preferisce una gestione del sinistro digitale tramite chat e video invece di quella tradizionale che prevede l’incontro fisico con un agente. I consulenti assicurativi possono però stare tranquilli: quasi un cliente su due si fida del consulente umano, solo il 12% si fida di un servizio digitale automatizzato e solo il 7% di un chatbot.

 

Conclusioni

L’open Insurance sta portando a concrete innovazioni tecnologiche e mutamenti radicali di paradigma nell’ideazione e offerta di beni e servizi assicurativi ai consumatori. Il cloud (ricordate chi sono i principali fornitori di piattaforme cloud? Esatto, proprio le Big Tech) che giocheranno un ruolo centrale per la trasformazione infrastrutturale e applicativa e faciliterà l’interoperabilità tra i sistemi e i servizi dei partner di ecosistema.

L’implementazione di nuovi modelli, lo sviluppo dell’insurtech e la crescita di una nuova offerta possono quindi aumentare la diffusione delle soluzioni di protezione su target dove oggi sono meno presenti supportando la diffusione della protezione (“Insurance Inclusion”). Dato il ruolo sociale delle assicurazioni, un aumento della penetrazione di assicurati, dovrebbe essere ben visto da tutti gli stakeholder: compagnie, governi, regolatori, intermediari e player tecnologici.

Secondo il sondaggio condotto a marzo 2021 da BIB dell’Università di Milano – Bicocca  e DOXA alla domanda: “Perchè ha deciso di sottoscrivere anche polizze non obbligatorie?” 

Si evince che il consulente resta sempre la prima scelta del cliente in quanto il rapporto umano resta un fattore fondamentale soprattutto per sostenere scelte che sono profondamente emotive.

 

 

Deborah Ullasci