Siete in ottima forma, allenamenti costanti e rigorosi, abbigliamento tecnico, scarpe da running hi-tech, alimentazione super controllata. Insomma: avete accumulato energie per permettervi l’investimento in un lunga corsa. I vostri impegni vi consentono però di uscire solo quando il sole non si è ancora alzato. Ma che problema c’è, la vostra zona ha sempre avuto un’ottima illuminazione.
Aperta la porta, però, ecco la sorpresa: è tutto buio pesto. Cosa fate? Partite lo stesso o vi bloccate, al limite provate a fare solo qualche guardingo passo cercando un po’ di luce?
Gli investitori italiani stanno vivendo da tempo questo buio, come dimostrano i quasi 1.750 miliardi bloccati sui conti correnti.
“Assurdo”, “ci perdete”, “adesso l’inflazione risale ed eroderà il capitale” sono le frasi che più si sentono ripetere. Ma l’incertezza economica, esplosa con la pandemia, è più forte e lo dimostra anche il calo dei consumi: non so cos’ho davanti e che necessità potrei avere (emergenze, lavoro perso), quindi mi fermo.
Allora, care banche, cosa potreste offrire ai vostri correntisti per convincerli a investire parte dei loro depositi? Si potrebbe partire da un patto.
Facciamo l’esempio di un cliente che abbia 100mila euro sul conto corrente (massima cifra garantita dal consorzio interbancario anche in caso di fallimento della banca). Ne vengono investiti 70mila in cambio di una sicurezza: un prestito, in caso di necessità, al tasso dell’1,5% garantito proprio dall’investimento che gli proponete.
Come? Interesse troppo basso? Piuttosto il contrario, considerata la solidità della garanzie: vostro cliente, investimenti consigliati da voi, possibilità di rivalsa sull’investimento stesso. Altro che Npl, non sembrerebbe il sogno per ogni ufficio crediti? Inoltre si creerebbe un movimento finanziario notevole e introiti per lo Stato con capital gain e imposta di bollo.
A proposito di Stato: giustamente l’accento è improntato sempre sulla necessità di far ripartire l’economia. Bene, forse anche in questo caso si potrebbe chiedere aiuto ai soldi degli italiani sul fronte delle obbligazioni, lo strumento che utilizzano le società quando necessitano di denaro fresco per, ad esempio, espandersi o modernizzarsi diventando più competitive.
Bello. Peccato che un risparmiatore che compri obbligazioni si assuma un carico di rischi e oneri non indifferenti. Chi emette l’obbligazione potrebbe, caso raro, ma avvenuto, non essere in grado di restituire i soldi chiesti al mercato, lasciando l’obbligazionista senza nulla. Poi l’investitore deve fare i conti con il capital gain, il 26 per cento, e l’imposta di bollo, una mini patrimoniale dello 0,20% su valore di mercato del titolo posseduto.
Ma in una situazione d’emergenza anche economica, non sarebbe forse il caso di abbassare almeno il capital gain portandolo al 12,5%, che è quello praticato sui titoli di Stato e postali?
Lo so, siamo nel campo della pura teoria e “vi immaginate che problemi creerebbe riorganizzare in questo modo?”
Giusto. Meglio non gettare il cuore oltre l’ostacolo, che con questo buio non si sa dove potrebbe finire.
Massimo Esposti