L’avvento della pandemia di Coronavirus ci sta giocoforza costringendo a rivalutare le nostre priorità così come le nostre stesse abitudini. Ciò che era del tutto normale fino ad una settimana fa, oggi, è diventato un miraggio eccezionale.
A questo punto, un pò provocatoriamente, viene spontaneo porsi un quesito: e se il Coronavirus fosse lo strumento in grado di tradurre la cashless society?
D’altra parte, i grandi cambiamenti nella storia spesso passano attraverso una crisi sistemica ed è difficile immaginare una crisi più sistemica di una pandemia.
Provocazione a parte, il quesito si basa su un assioma più che fondato.
Secondo gli studi dell’OMS, infatti, monete e banconote sarebbero degli eccezionali veicoli di contagio proprio in virtù della loro rapidità di circolazione.
In questi giorni, stiamo già assistendo in forte aumento delle transazioni elettroniche dovute in maggior parte ad un aumento esponenziale degli acquisti effettuati sui portali di e-commerce, così come sui portali online, ad esempio, delle catene dei supermercati. A tempo di record, anzi, molti di quegli esercenti che non si erano adeguati fino ad oggi, hanno provveduto a dotarsi almeno dei minimi strumenti necessari ad entrare nell’economia digitale.
Ciò di cui parliamo è confermato anche a livello internazionale, a seguito del rapido aumento dei casi di coronavirus nel Regno Unito, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha evidenziato le preoccupanti potenzialità di diffusione che il virus ha grazie alla circolazione dei contanti. Secondo le stime effettuate anche dagli esperti del NHS (National Health Service) britannico, infatti, il denaro di carta può trattenere il virus per un massimo di 17 giorni. Alla fine del 2019, c’erano ancora 212 milioni di banconote di carta in circolazione nel Regno Unito, secondo la Bank of England, parliamo quindi della reale potenzialità di infettare rapidamente vastissime fette di popolazione.
Se questi fattori – e alcune delle evidenze emerse – potrebbero sembrare sostanzialmente incentivanti la progressione di una società totalmente digitalizzata e senza contanti, è bene tenere presente che un cambio così tanto rapido e non adeguatamente assecondato da enti, associazioni ed istituzioni potrebbe causare dei gravi problemi di inclusione sociale e finanziaria a vaste aree della popolazione.
Seguendo sempre lo studio fatto sul Regno Unito dai membri del NHS, se la curva di incremento della digitalizzazione dovesse procedere con l’attuale andamento, 8,7 milioni di cittadini potrebbero
risentire pesantemente della loro dipendenza dagli strumenti di pagamento fisici, questa cifra include 5,2 milioni di famiglie e circa l’80% degli ospiti delle case di riposo.
Banalmente, il Regno Unito non sarebbe ancora pronto a gestire una società completamente digitalizzata e priva di contanti dovendo anche affrontare il problema dell’esclusione sociale di una parte considerevole della sua popolazione.
Un ragionamento simile, anche in assenza di dati certi, può essere trasferito anche in Italia. Nel nostro Paese, considerato che ancora (dati BCE) circa metà delle transazioni vengono fatte in contanti, è presupponibile che gli eventuali problemi di inclusione sociale e finanziaria riguarderebbero più degli 8,7 milioni di cittadini britannici.
Nonostante questo, le contingenze sanitarie attuali, le esigenze economiche e la ormai strenua necessità italiana di aggiornare le proprie procedure inducono, per ragioni di sicurezza ma non solo, a preferire i pagamenti tramite strumenti elettronici come, ad esempio, le carte di credito contactless che non passano di mano in mano e devono essere semplicemente accostate al POS.
Ovviamente, tenendo conto di coloro i quali anche in Italia potrebbero rimanere esclusi da questa rivoluzione è necessario potenziare gli strumenti formativi ed informativi al fine di assecondare nel passaggio tutte le persone che possono manifestarne necessità. La rivoluzione digitale è efficace in un Paese se tutti i suoi cittadini sono coinvolti nel cambiamento e se i sistemi pubblici a loro disposizione ne favoriscono l’integrazione, i pagamenti elettronici, in particolare, sono per loro natura uno strumento che favorisce la coesione sociale e come tale permettono ai cittadini di essere parte attiva della trasformazione civica, sociale ed economica che li coinvolge, sta però a noi: scuola, università, istituzioni, associazioni, enti no profit eccetera agevolare la transizione e non escludere nessuno attraverso azioni mirate di inclusione e coesione civica.