Babbo Natale lascia un altro pacco dono sotto l’albero dei bancari. I sindacati del credito, dopo il rinnovo del contratto nazionale che prevede un maxi-aumento da 435 euro in busta paga, ottengono anche di sterilizzare il perverso meccanismo che trasformava i mutui agevolati concessi dagli istituti di credito a 70mila dipendenti in una trappola fiscale. La questione è tecnica, ma si può sintetizzare così:
- il denaro è la materia prima delle banche che, da sempre, erogano ai propri dipendenti mutui e prestiti a tassi rasoterra in forma di fringe benefit. Certamente un bel vantaggio di questi tempi, ma la logica non è distante da quella per cui i commessi di un negozio o di un grande magazzino possono sovente acquistare per uso personale alcuni articoli a prezzi scontati.
- l’ossessivo rialzo al costo del denaro fino al 4,5% da parte della Bce di Christine Lagarde, oltre a mandare in frantumi il Pil, aveva però trasformato questa agevolazione in una vera fregatura per i bancari che stanno pagando un mutuo sulla casa. Perché, sfondati i limiti fiscali previsti sui fringe benefit, la ghigliottina dell’Irpef finiva per decapitare le buste paga dei lavoratori. Un po’ quello che accade anche alla classe media con la trappola del cuneo fiscale.
Un assurdo fiscale a cui ha rimediato, su pressione della Fabi di Lando Maria Sileoni, la Commissione Bilancio del Senato modificando con un emendamento al Dl Anticipi il meccanismo che fissa la soglia ai fringe benefit per considerare il tasso vigente al momento della stipula del mutuo e non più quello dell’anno di riferimento. Per la precisione, in caso di concessione di prestiti si assume il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di scadenza di ciascuna rata o, per i prestiti a tasso fisso , alla data di concessione del finanziamento, e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi.
Non per nulla Sileoni, da mesi personalmente impegnato in prima linea con le istituzioni per risolvere il problema dei lavoratori del credito, ha sottolineato nel proprio comunicato come la misura ripristini un “un principio di equità fiscale e di capacità contributiva“. Il leader della Fabi ringrazia quindi tutte le forze politiche presenti in Parlamento “per la sensibilità dimostrata” e in particolare il presidente della Commissione lavoro del Senato Francesco Zaffini, che è stato “l’artefice di questo successo”, consentendo così di “superare ostacoli sia di natura tecnica sia di natura politica”. Soddisfatta anche la “triplice” First-Cisl, Fisac-Cgil e Uilca che festeggiano la rimozione di questa distorsione normativa.
La correzione, che è retroattiva dal primo gennaio del 2023 e riconduce i fringe benefit entro i limiti fiscali di legge, sarà approvata dall’aula di Palazzo Madama la prossima settimana e poi passerà alla Camera per il voto definitivo.
Ecco quando scattavano gli interessi capestro sui fringe benefit dei bancari