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Il salvataggio di MPS? Costerà almeno 700 euro a famiglia

Il conteggio di cunsumerismo no profit. Ma il dato potrebbe essere inferiore alla realtà

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Quanto costa agli italiani il salvataggio statale di Monte dei Paschi? 
“Consumerismo no profit”, associazione di consumatori, ha fatto i conti ed i conti parlano chiaro, potremmo superare i 700 euro a famiglia. Ma secondo noi, rischierà di costare molto, molto di più.

La vicenda. Quella della banca senese è una storia infinita che ha bruciato valore e continua a bruciarne. Gli ultimi stress test dell’EBA hanno di nuovo evidenziato uno stato di forte difficoltà dei conti della banca toscana, così come abbiamo già riportato nell’ articolo di ieri. La situazione non sarà più sostenibile a meno che non arrivi un “Cavaliere Bianco”, oggi potenzialmente incarnato da Unicredit. Vedremo cosa accadrà nelle prossime settimane, ma l’intervento dello stato per sanare la posizione del Monte e per agevolare l’operazione di salvataggio con Unicredit aggiungerà costi a costi.

Breve excursus storico. La banca senese entra in crisi profonda, e non ne esce più, nel 2007, proprio alla vigilia della Grande Crisi Finanziaria. Sui conti dell’Istituto pesa, soprattutto, l’acquisizione di Antonveneta per 10,3 mld di euro.  A Marzo del 2008, il titolo Mps, che viaggiava intorno ai 4 euro a novembre 2007, scende sotto i 2 euro. Il valore della banca si è dimezzato. Da quel momento in poi sarà una discesa senza fine. Vediamo allora perché il salvataggio di MPS secondo Consumerismo no Profit arriverebbe a costare più di 700 euro a famiglia:

Le perdite di bilancio. “La banca negli ultimi 10 anni ha accumulato perdite per oltre 23 miliardi di euro chiudendo solo due bilanci in utile: il 2015 e il 2018. E poi una sequela di anni disastrosi: nel 2011 una perdita di 4,69 miliardi di euro, nel 2012 di 3,16 mld, nel 2014 di 5,398 miliardi, sia nel 2016 sia nel 2017 di oltre 3 miliardi fino ad arrivare all’ultimo bilancio quello del 2020 quando la banca ha perso 1,6 miliardi di euro.

 

L’ ultima (fino ad oggi) tappa del salvataggio. Tra febbraio e luglio 2016 la Banca Monte dei Paschi di Siena  è stata sottoposta alla prova di stress condotta dall’Autorità Bancaria Europea in cooperazione con la Banca Centrale Europea e le autorità di vigilanza nazionali. L’obiettivo della prova era di valutare la resilienza delle banche dell’UE e la loro capitalizzazione in condizioni critiche. In questo scenario ipotetico alla fine del 2018 MPS avrebbe mostrato un significativo peggioramento della situazione patrimoniale, con un capitale di qualità primaria,“CET1” pari al -2,4% delle attività ponderate per il rischio. Anche alla luce di questi risultati, la BCE ha chiesto a MPS l’adozione di misure idonee a risolvere i problemi della banca e, in particolare, quello della qualità creditizia. Il piano predisposto dalla banca a questo scopo (“Project Charles”) non è stato portato a compimento perché non è stato possibile reperire sul mercato le risorse necessarie per completare la ricapitalizzazione.

Il 23 dicembre 2016 il Governo ha adottato il Decreto Legge n. 237/2016 contenente misure di sostegno pubblico alla liquidità e al capitale delle banche. Con quell‘intervento lo Stato ha cercato di evitare che le difficoltà ipotetiche di un intermediario (quali quelle che emergono da una prova di stress) si traducessero in difficoltà effettive, con conseguenze per l’intermediario stesso e per la complessiva stabilità del sistema finanziario.

 

Il costo del salvataggio. Il 23 dicembre 2016, alla luce dei risultati della prova di stress resi pubblici dall’EBA nel precedente luglio, la BCE ha quantificato per MPS un fabbisogno di capitale regolamentare di 8,8 miliardi. L’Importo era cosi determinato: 6,3 miliardi per riallineare il CET1 ratio alla soglia dell’8% (dal -2,4% risultante dalla prova di stress nello scenario avverso); e 2,5 miliardi per raggiungere la soglia di Total capital ratio (TCR) dell’11,5%. Oggi il Tesoro è il primo azionista di MPS di cui detiene il 68,24% del capitale: nel 2017 ha pagato 7 euro in media per azione (6,49 euro per l’aumento di capitale e 8,65 euro per i possessori dei bond) quando oggi le azioni valgono 1,17 euro. Lo Stato su queste azioni ha perso 4,5 miliardi di euro ovvero l’82% di quanto investito.

Tutto qui? No, sottolineano quelli di Consumerismo No Profit che fanno riferimento ai tanti contenziosi aperti dall’Istituto senese. Sulla banca pesano, infatti, 10 miliardi di cause legali. Fra questi tra i più rilevanti è quello aperto con la Fondazione Mps, che ha chiesto alla banca nel complesso 3,8 miliardi di euro. Di questi soldi sta pensando di farsi carico ancora lo Stato perché altrimenti sarebbe impossibile riuscire a trovare un’altra banca disposta a comprare o fondersi con MPS. E lo Stato non ha più molto tempo perché le autorità europee hanno autorizzato la ricapitalizzazione precauzionale ma hanno imposto l’uscita entro il 2021 dello Stato dall’azionariato della banca. 

Lo Stato dovrà comprare anche i crediti deteriorati della banca

Parte dei crediti marci ovvero deteriorati di banca MPS sono finiti in una partecipata pubblica, la AMCO che dovrà trovare come valorizzarli al meglio: parliamo di oltre 8 miliardi. Secondo alcuni operatori del settore Amco la controllata del tesoro che rileva i Non Performing Loans (crediti deteriorati) li paga fino al 20% in più. Il che è come dire che paga 8 miliardi qualcosa che gli altri operatori comprerebbero a 6,6. E questa differenza chi ce la mette? Sono soldi pubblici.

Sommando tutto, il salvataggio della più antica banca in attività nonché la più longeva al mondo potrebbe costare fino a 717 euro per famiglia italiana. Ma in realtà i costi sono e saranno molto più alti. Questo conteggio infatti non prende in considerazione ciò che è accaduto prima della statalizzazione di MPS. L’attivazione dei due fondi ATLANTE su tutti.

Il primo, di 4,2 miliardi di euro raccolti, è stato praticamente azzerato dai fallimenti di Popolare di Vicenza e VenetoBanca oltre che dal crollo delle capitalizzazioni di MPS. Ma proprio per comperare i crediti deteriorati di MPS è entrato in gioco Atlante 2 utilizzando altri 2,5 miliardi.

Un pozzo senza fondo. Non è finita qui. Agli inizi di Aprile 2013, la capitalizzazione di MPS era intorno ai 2,2 miliardi di euro. Sul finire dell’anno 2007, al proliferarsi della crisi finanziaria internazionale, la capitalizzazione di mercato di BMPS era di circa 14,5 miliardi di euro. Oggi, nonostante tutti gli aumenti di capitale fatti (per circa 20 miliardi), il valore della Banca è di 1,8.

Quanti soldi perduti, anche da milioni di azionisti ed obbligazionisti. Inoltre chi pagherà il costo sociale dei tantissimi licenziamenti esuberi che ci saranno nei prossimi mesi?

Insomma una vicenda che è costata e continuerà a costare tantissimo ad ogni cittadino italiano, anche se qualcuno dice che, l’eventuale fallimento di MPS (sulla stregua di quanto accaduto con Lehman Brothers) sarebbe costato o costerebbe molto di più.

 

Leopoldo Gasbarro