Banca

Lo Stato vende il 25% di Monte Paschi. E manda un segnale ai gufi dello spread

Incassati 920 milioni. Il governo avvia le privatizzazioni e il cantiere per il terzo polo bancario

Lo Stato vende il 25% di Monte dei Paschi e mette in cassa 920 milioni. A pochi giorni dalla promozione di Moody’s e delle altre agenzie di rating alla manovra, Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti manda un segnale chiaro ai gufi dello spread sulla determinazione con cui il governo completerà il previsto piano di privatizzazioni da 22 miliardi per abbassare il debito pubblico.

 

Il collocamento lampo di Mps, in gergo accelerated book building, è stato un successo. Il Tesoro aveva pianificato di cedere il 20% della banca senese ma, davanti a richieste degli investitori istituzionali che superavano di “cinque volte l’offerta iniziale”, ha alzato il quantitativo in vendita al 25 percento. Un centinaio circa gli istituzionali italiani e stranieri che hanno deciso di investire su Mps e hanno pagato 2,9 euro per ogni titolo dell’istituto accontentandosi di uno sconto rispetto ai corsi di Borsa di ieri nel frattempo ridotto dal 6% inizialmente ipotizzato al 4,9%.

 

E’ la prima volta in dieci anni  che lo Stato incassa qualcosa da Monte Paschi, dopo averci iniettato 5,5 miliardi solo nel 2017 per evitarne un fallimento che avrebbe provocato danni sistemici al sistema Italia. La plusvalenza stimata sul pacchetto ceduto è di circa 300 milioni. Insomma, il conto resta largamente a sfavore dei contribuenti, ma questo è inevitabile, peraltro lo stesso è accaduto con la vecchia Alitalia e gli altri salvataggi pubblici.

 

Il Tesoro scende così dal 64% al 39% di Monte Paschi, quindi bel al di sotto della maggioranza assoluta mantenendo però un saldo presidio per guidarne l’attesa aggregazione. La privatizzazione della banca senese dovrebbe infatti avviare la costruzione del terzo polo del credito che, nelle intenzioni del governo Meloni dovrebbe fare concorrenza alle due big Intesa Sanpaolo e Unicredit, pur mantenendosi a debita distanza per dimensione e attivi. Le indiziate a guidare il cantiere sono Banco Bpm e Bper Banca, che però al momento nicchiano. La prima vede la francese Credit Agricole come grande azionista e ha impostato un piano di crescita in solitaria, la seconda sta ancora digerendo l’acquisizione-salvataggio di Carige e fa parte dell’orbita di Unipol, così come la Banca Popolare di Sondrio.

 

Gli investitori istituzionali che hanno acquistato le azioni di Mps nell’accelerated book building – gestito dai consulenti di Bofa, Ubs e Jefferies – si sono impegnati a non rivenderle per tre mesi, è il cosiddetto periodo di lock-up previsto per contenere la speculazione. Vedremo se si farà avanti il Banco Bpm o la galassia Unipol per spingere sulla bancassurance (cioè la vendita delle polizze nelle filiali bancarie) oppure se invece tornerà di attualità la fusione in Unicredit. Il gruppo di piazza Gae Aulenti che era già arrivato a un passo dall’acquisire Rocca Salimbeni nel 2022 con l’allora governo Draghi salvo poi abbandonare la malconcia sposa a un passo dall’altare.

 

Ora invece il percorso di risanamento di Monte Paschi impostato dall’amministratore delegato Luigi Lovaglio è terminato: la banca è profittevole, tornerà a distribuire il dividendo ed è probabile che anche il rischio connesso alle cause legali della vecchia gestione si ricomporrà. Mentre scriviamo il titolo Mps è il peggiore dell’indice principale di Piazza Affari, dove sta accusando un tonfo del 5% che lo riallinea ai 2,9 euro della cessione del Tesoro. Ma non bisogna lasciarsi ingannare, il futuro della banca senese inizia oggi.