Banca

Unicredit scala Banco Bpm e sconquassa i piani del governo sul terzo polo

Orcel ottiene di congelare il risiko. La tentazione golden power

Unicredit Banco Bpm © STILLFX tramite Canva.com

Unicredit lancia un’offerta pubblica di scambio (in sigla “Ops”) da 10,1 miliardi per conquistare il Banco Bpm, che la rifiuta.

Il gruppo guidato da Andrea Orcel sottolinea che la fusione creerebbe una delle prime tre banche dell’eurozona e di attendersi una redditività in aumento anche grazie a 900 milioni di sinergie ottenibili su base annua. L’istituto guidato da Giuseppe Castagna replica che la proposta non solo è ostile ma anche inadeguata, perché non tiene conto del valore della banca. E fa suonare l’allarme per la tenuta occupazionale.

Unicredit, che come in ogni Ops mette sul piatto unicamente azioni senza alcun esborso in contanti, riconosce a Banco Bpm un prezzo implicito pari a 6,657 euro per azione. Il  premio si ferma quindi all’0,5% rispetto ai prezzi di Borsa del 22 novembre. Il concambio prevede un rapporto di 0,175 azioni di nuova emissione di Unicredit per ogni azione esistente dell’ex popolare.

Insomma è non molto generoso. Tanto che il consiglio di amministrazione del Banco Bpm definisce le condizioni proposte da Unicredit  “del tutto inusuali” per operazioni di questa tipologia. Rimarca poi come l’impianto non rifletta in alcun modo la propria redditività. Senza considerare l’ulteriore creazione di valore per i suoi azionisti connessa all’acquisizione in corso della società di risparmio gestito Anima.

Orcel rimarca però che le nozze avvantaggerebbero non solo i propri soci ma anche quelli del Banco nonche’ i suoi clienti, che avrebbero a disposizione un istituto dal respiro europeo. Se l’acquisizione andrà in porto, Unicredit promette inoltre:

Fino a qui si tratta della normale diatriba di prezzo e di strategia tra cacciatore e preda. Dissapori già visti in molte blitz a sorpresa consumati in passato. Divisi anche gli analisti, tra quanti si scommettono che Orcel sarà costretto a rilanciare se vorrà davvero espugnare il gruppo di Piazza Meda e quanti invece elogiano il potenziale di mercato dell’operazione.

La mossa di Orcel assume però un peso diverso, prima di tutto politico che non puramente finanziario. Perché sconquassa il cantiere appena avviato con cui il governo progetta di costruire il terzo polo bancario alle spalle di Intesa Sanpaolo, la prima banca del Paese, e appunto di Unicredit.

Il fulcro del progetto ruota infatti attorno al destino del Monte Paschi, che ha appena visto Banco Bpm prendere un posto importante le suo libro soci insieme all’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone e alla Delfin degli eredi del re degli occhiali Leonardo Del Vecchio, che è stato il fondatore di Luxottica.

Con la sua Ops di Unicredit ottiene infatti di congelare quasi ogni mossa difensiva da parte di Bpm e quindi di fatto gli attuali assestamenti in corso sul mercato. Guadagna tempo insomma, per la regola della “passivity rule” pensata per garantire la contendibilità della società quotate in Borsa, frenando eventuali azioni di disturbo degli amministratori davanti a scalate non gradite.

Se Castagna ha la mani sostanzialmente legate, non così vale però per il governo. Con il vicepremier Matteo Salvini apparso da subito alquanto indispettito dall’affondo di Orcel. Freddo anche il ministero dell’Economia, regista dell’operazione Mps, dove si accarezza l’idea di ricorrere a golden power per fermare Unicredit. Essendo le banche strategiche, la norma nelle mani dell’esecutivo per tutelare gli asset ritenuti strategici per il Paese si può infatti applicare anche se l’acquirente è italiano.

 

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