
La quota azionaria posseduta da Unicredit in Generali, che resta lo snodo più delicato della grande finanza italiana, ha sfondato la soglia sensibile del 5 percento. A dirlo è stato l’amministratore delegato Andrea Orcel mentre presentava agli analisti i conti della banca di Piazza Gae Aulenti relativi allo scorso anno.
Ma non è finita qui. Perchè, secondo alcune indiscrezioni, Unicredit sarebbe pronta a spingersi anche oltre, assumendo così un ruolo davvero centrale nei futuri equilibri del Leone. Generali è infatti da tempo contesa tra l’azionista storico Mediobanca (che ne isegna i destini forte del suo 13%) e il fronte avversario formato dall’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone e dalla Delfin di Francesco Milleri; si tratta della holding attraverso la quale gli eredi Del Vecchio controllano EssilorLuxottica.
Orcel ha subito detto con chiarezza che Unicredit non intende scalare Generali. Anche perché una mossa di tale portata – aggiungiamo noi – provocherebbe un terremoto di magnitudo mai vista in Piazza Affari, per il probabile intervento di altri operatori nel campo di battaglia a difesa del Leone e del risparmio degli italiani.
Il pacchetto di azioni Generali custodito nei forzieri di Unicredit si candida tuttavia a diventare strategico in vista della prossima assemblea dei soci del big delle polizze triestino, chiamata a rinnovare il consiglio di amministrazione. E questo vale ancora di più se guardiamo la mossa di Unicredit nella prospettiva della scalata a Mediobanca da 13,3 miliardi lanciata dal Monte dei Paschi, che vede ancora il ministero dell’Economia come primo socio. Una operazione, quella di Mps, subito stroncata da Mediobanca come distruttiva di valore.
Si vedrà. Come ha spiegato in questo articolo Nicola Porro dietro all’Offerta pubblica di Monte Paschi su Mediobanca però c’è ben altro. Generali ha infatti avviato con la francese Natixis un’articolata alleanza nel risparmio gestito. La partneship industriale e strategica è risultata invisa al governo, preoccupato per la sorte dei Btp in pancia al Leone.
Nel frattempo Unicredit prosegue l’espansione sul doppio fronte italiano e tedesco. Sul primo nazionale Orcel ha fatto capire di essere sostanzialmente pronto ad aumentare l’offerta per conquistare Banco Bpm, una scalata che ha ostacolato i piani del governo per il terzo polo bancario italiano, che è tutta carta contro carta e già sostanzialmente a sconto rispetto ai corsi di Borsa.
Sul fronte europeo il banchiere si è detto confidente di trovare un accordo politico per acquisire Commerbank una volta che la Germania si sarà data un nuovo governo e saranno passate le tensioni connaturate a qualsiasi campagna elettorale.
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Unicredit si presenta ad entrambi gli appuntamenti dopo aver ottenuto lo scorso anno 9,7 miliardi di utile netto contabile (+2%) e 9,3 miliardi di risultato netto (+9,9%), una volta tolte le partite fiscali legate alle Dta. Si tratta dell’acronimo di Deferred tax assets, imposte differite attive: in sostanza si tratta dei crediti fiscali che le banche possono contabilizzare per versare meno al Fisco.
Orcel ha alzato i dividendi e quindi la remunerazione dei soci. Ha però spiazzato gli analisti il forte rallentamento dei margini subito dalla banca italiana nell’ultimo trimestre del 2024. Quando i profitti di Unicredit si sono fermati a 1,56 miliardi, facendo un capitombolo del 37% circa sui tre mesi precedenti e del 18% sul 2023.
E’ il segnale evidente che dopo le sforbiciate ai tassi finalmente arrivate dalla Bce a dare fiato alle famiglie e alle imprese indebitate, per le banche sarà decisamente più difficile restare sulla careggiata dai maxi-profitti.
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