I nostri conti pubblici sono andati meglio del previsto e nel 2021 la crescita del Pil ha superato le attese, ma il Superbonus si è già divorato l’intero “tesoretto”. Lascia pochi dubbi il verdetto dell’Istat su quanto continui a essere dirompente l’effetto sui conti dello Stato di quella che è stata la misura bandiera nell’edilizia del secondo governo Conte. Uno strumento, quello del Superbonus, peraltro rivelatosi molto presto un gran pasticcio da gestire, un po’ come è accaduto in parallelo con il Reddito di cittadinanza, tra la foresta di impalcature nate nelle nostre città, artigiani introvabili e prezzi delle materie prime sempre più fuori controllo . Peraltro con quella percentuale da sogno, 110%, che prometteva in buona sostanza a chi riqualificava la propria casa migliorandone di due classi l’efficienza energetica di avere indietro dal fisco più di quanto avesse speso, c’era poco da illudersi su quale sarebbe stato l’ammanco finale per lo Stato e quindi per tutti i contribuenti.
Certo il Superbonus ha rappresentato un volano per l’edilizia dopo la pandemia Covid, un comparto quello delle costruzioni che a sua volta è da sempre uno dei maggiori cardini su cui si muove la ruota del Pil. Ma, aggiungiamo noi, anziché inseguire il diktat della green delle sirene europee per poi trovarsi con il ministero dell’Economia che rischia di schiantarsi contro gli scogli del rigore del Patto di Stabilità che tornerà in vigore a gennaio, non sarebbe stato meglio puntare tutte le (poche) risorse disponibili sul rischio sismico, così da mettere al sicuro le città italiane dai terremoti. Senza contare che, come ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, per quanto sia pagato da tutti il Superbonus ha permesso di ristrutturare meno del 3 per cento del patrimonio immobiliare italiano, comprese case al mare, in montagna, sul lago e financo persino qualche castello. Come dire, alla efficienza energetica dei solai e al taglio delle emissioni delle caldaie non è mancata anche una spolverata di aristocrazia.
In ogni caso ormai per le casse pubbliche è un bagno di sangue e, ha detto l’Istat, non bisogna farsi illusioni: il Superbonus, che si stima abbia lasciato un buco da 37 miliardi, ha annullato i miliardi che erano stati portati dalla revisione, malgrado questa stessa sia stata definita di “portata eccezionale” rispetto a quanto accaduto in passato. Fine della storia.
In particolare, grazie a una fotografia più precisa sulla produzione e sulla occupazione, il prodotto interno lordo nel 2021 è volato dell’8,3% per un rapporto col debito migliorato dal 149,8% al 147%. Il percorso virtuoso è poi proseguito nel 2022 con un debito\ Pil sceso dal 144,7% al 141,6%, insomma la soglia psicologica del 140% parrebbe a portata di mano per il nostro Paese, che resta comunque tra i più indebitati a livello europeo. Il percorso verso la Nota di aggiornamento al Def, in agenda giovedì della prossima settimana, appare quindi sempre più accidentato: le indiscrezioni parlano di una manovra prossima a 20-25 miliardi con priorità, come detto dalla premier Giorgia Meloni, su famiglia e lavoro. Il governo potrebbe decidere di prendersi qualche piccolo spazio in più sul deficit e, oltre alla tassa sugli extraprofitti delle banche, potrebbe decidere di battere ancora cassa al settore dei giochi. Si vedrà.