Calcio e finanza

Juventus. La Procura di Torino “induce” la Procura sportiva a riaprire il caso

Calcio e finanza

Tutto all’ombra della Mole. Comanda l’articolo 31 del codice di giustizia sportiva, Comanda la Procura di Torino, segue a ruota la Procura Federale con l’indagine sportiva.

Così, metre l’Inchiesta Prisma continua e sembra aggiungere nuovi elementi alla vicenda ogni giorno, la magistratura sportiva è tornata in corsa, affiancando quella ordinaria, “spinta” da quella ordinaria. Le indagini sportive preoccupano i tifosi, quelle ordinarie soci, azionisti e componenti dell’ex consigliio di amministrazione di un’azienda, che quotata in borsa, avrebbe dovuto seguire dettami diversei da quelli che le cronache riporterebbero.

Le preoccupazioni crescono perchè le due indagini potrebbero portare a situazioni tali da impattare fortemente sul business economico e di conseguenza anche su quello sportivo e viceversa. La giustizia sportiva si trova di fronte ad un “momento nuovo” del suo percorso. Di solito la giustizia sportiva ha fatto in modo da scegliere strade più rapide rispetto alla giustizia ordinaria. Tuttavia, proprio perchè la Juventus è una società quotata in Borsa e, nell’interesse dei suoi azionisti, bisognerà utilizzare le molle anche nelle comunicazioni dell’inchiesta federale. 

L’ indagine della Procura di Torino sta assumendo connotati talmente tanto importanti che, la giustizia sportiva non ha potuto considerare chiuso il caso e, sulla base di potenziali nuove prove, ha deciso di riaprire il provvedimento. Intanto l’inchiesta della Procura di Torino prosegue ed assume risvolti inaspettati, anche sulla base di coinvolgimenti dei calciatori stessi, specie dopo quanto sarebbe emerso dalla “chiacchierata” con Dybala. Ma andiamo per ordine e cerchiamo di comprendere meglio cosa accade e, soprattutto cosa potrebbe accadere.

I rischi che la Juventus corre dal punto di vista dell’indagine sportiva sono tutti riassunti  nell’articolo 31 il cui titolo s’incastra alla perfezione con la vicenda di cui stiamo parlando: “Violazioni in materia gestionale ed economica”.

La Procura Federale FIGC ha infatti attivato la procedura di “revocazione” , con l’udienza già fissata per il 20 di Gennaio. Rispetto ad una questione – legata appunto alle “plusvalenze” – su cui le corti federali avevano già espresso il proprio giudizio (assolutorio). L’ufficio diretto dal procuratore Chinè si è avvalso della possibilità offerta dall’art. 63 del nuovo Codice di Giustizia Sportiva che consente – per ben tipicizzate ipotesi e sul presupposto dell’esistenza di “fatti nuovi” e di documenti che, se esaminati al tempo, avrebbero condotto ad una ipotizzabile diversa pronuncia – di riportare alla cognizione degli organi di giustizia comportamenti ed eventi imputabili a tesserati.

La nuova istanza dovrà, di fatto, superare il vaglio di ammissibilità e quindi dimostrare come e con quale grado di gravità siano sanzionabili le condotte della Juventus e degli altri 9 club come persone giuridiche e dei singoli soggetti tesserati. Il vero punto focale è il contenuto del fascicolo di 14 mila pagine finito ora nelle mani degli inquirenti federali, documenti che non sono stati inseriti all’epoca del precedente procedimento, perché non disponibili.

Allora il vaglio delle corti federali si basò su elementi probatori derivanti da “valutazioni”, derivanti da perizie e raffronti, circa la possibile configurabilità dei valori in via artificiosa. Il risultato fu che, non essendo stato individuato un metodo oggettivo ed attendibile, non si poteva pervenire ad un riconoscimento di responsabilità.

Il nuovo procedimento richiesto in queste ultime ore – che non a caso riguarda tutte le medesime parti legate alle operazioni della Juventus, senza coinvolgere Napoli e Chievo – per ottenere un esito diverso, dovrà far emergere elementi aventi rango di “prova”, quindi dotati di affidabilità. Nella grande mole di documentazione, nelle attività di indagine (anche ambientale) della Procura di Torino, sarà stata rinvenuta la prova che tali comportamenti siano stati coscienti, pianificati e finalizzati ad alterare la regolarità contabile del bilancio?

Sarò ora possibile dimostrare l’esistenza delle prospettate “condotte finalizzate alla manipolazione dei prezzi, per fini di bilancio, stabiliti dalle parti nelle transazioni incrociate”?Il complesso schema da esaminare non vedrà solo la Juventus comparire dinanzi agli organi di giustizia sportiva, ma coinvolgerà anche gli altri 9 club che, come controparte, hanno acquisito, ceduto e scambiato calciatori a valori tali da ricavarne, a loro volta, sistematicamente benefici contabili ma non economici.

La plusvalenza – il differenziale tra il costo (storico) del bene-calciatore in bilancio e il ricavo di realizzo nella contrattazione – dal rappresentare attività qualificante del modello di gestione a beneficio della solidità del club, in caso di “scambi” ad importi corrispettivi finisce per acquisire una accezione fortemente negativa nell’appesantire i conti societari. Il beneficio sul piano del maquillage dei conti e dell’equilibrio contabile, infatti, sarà pesantemente scontato dal club attraverso il mancato introito monetario ed i conseguenti ammortamenti, al massimo in un orizzonte quinquennale. I club, in pratica, utilizzano le plusvalenze per colmare il deficit presente ma ingigantiscono quelli futuri in una continua spirale certamente non a lungo sostenibile in un contesto fortemente indebitato come quello del mondo calcistico professionistico (cresciuto a 5,4 miliardi a causa della crisi post pandemica)

.Quali possono essere le conseguenze di questo nuovo filone di indagine? La risposta e nella lettura dell’art. 31 del Codice di Giustizia Sportiva che, nell’ambito degli illeciti riferiti alla gestione economico-finanziaria, si occupa delle possibili alterazioni dell’obbligo posto in capo ai club di corretta rappresentazione anche agli organi della FIGC o della UEFA.

Pur in secondo piano della gravità rispetto a quelli derivanti dalle normative civilistiche e penalistiche legate al bilancio e pur successive anche a quelle dettate dal mercato borsistico (la Juventus, ricordiamo, è quotata in Borsa), le conseguenze sul piano sportivo potrebbero avere un impatto molto pesante, coinvolgendo la sfera sportiva che è il “core” business dei club. In termini di ipotesi rispetto alla fattispecie oggetto di indagine, due i punti di riferimento.

Da un lato andrà compiutamente individuata la responsabilità o meno del club senza applicazione di discriminanti (derivanti dal Modello Organizzativo 231/2001 e dall’art. 7 CGS) e la stessa dovrà essere qualificata in via diretta per i rappresentanti legali ed indiretta per i restanti dirigenti coinvolti. In pratica, sarà necessario comprendere se questa alterazione della rappresentazione contabile abbia violato solo l’obbligo di corretta informazione agli organi federali (art.31 comma 1) oppure se essa abbia anche procurato al club vantaggi legati all’iscrizione al campionato (per cui esistono obblighi e rispetto di parametri gestionali ed economico-finanziari) altrimenti non conseguibile o conseguibile solo attraverso apporto di denaro in termini di aumenti di capitale o di tagli ai costi (art. 31 comma 2).

Nel primo caso la Juventus e gli altri club coinvolti sarebbero passibili di sanzioni circoscritte alle ammende. Nel secondo il ventaglio delle sanzioni comprende penalizzazioni (afflittive, tali da recare pregiudizio), retrocessione all’ultimo posto in classifica, esclusione dal campionato di competenza e, se conseguito, la non assegnazione o la revoca del titolo di campione d’Italia o di vincente di campionato o competizione. Per l’insieme degli elementi coinvolti, la vicenda è, allo stato, tutt’altro che di facile leggibilità quanto alle conseguenze.

Come finirà? Per quanto possano certamente impattare sull’opinione pubblica questi fatti, specie nell’ambito dello scenario peggiore, non si può tralasciare la circostanza che la Juventus ha operato negli ultimi anni più aumenti di capitale (oltre il miliardo) e ciò anche al fine di mostrare che il club non avesse come obiettivo quello di sottrarsi agli obblighi riparatori dell’equilibrio di bilancio, almeno parzialmente. Così come non può non considerarsi che una società quotata in Borsa ben abbia potuto ponderare, con il supporto di esperti e consulenti dalle grandi competenze, ciascuno di quei passi che ai più possono sembrare solo derivanti dall’improvvisazione dei dirigenti operanti sul calciomercato. Può, in definitiva, un club con alle spalle una proprietà storica e solida adottare artifici più degni di un club in brutte acque per “sistemare” le risultanze di bilancio? Possono, di contro, la riconcorsa alla competitività e la sostenibilità di investimenti sportivi fuori portata ammettere comportamenti così elusivi di norme e leggi di vario livello?

La risposta a queste domande ci indicherà gli esiti dell’inchiesta. Vedremo.

 

26 dicembre 2022