Di quale formazione stiamo parlando?
Si parla continuamente di formazione, di quanto sia fondamentale formarsi continuamente, aggiornare la propria formazione, ma di quale formazione stiamo parlando?
Ho deciso di scrivere questo articolo partendo da questa domanda e cercando di sviscerare alcuni dubbi che mi lasciano perplesso circa questo argomento molto attuale.
É risaputo che ogni consulente finanziario deve assolvere 30 ore di formazione all’anno. Non metto in discussione l’obbligatorietà, che anzi, se venisse ripagata con un servizio adeguato, rappresenterebbe una garanzia in più per i clienti che pagano per un servizio di qualità, oltre che un’opportunità concreta per gli addetti ai lavori di migliorarsi e andare incontro alle esigenze del mercato con una marcia in più.
Quello che, a mio modo di vedere, rappresenta un limite, in primis per i consulenti stessi, è la natura del tipo di formazione che viene impartita.
In altri termini, non è la formazione ma la proposta formativa a sollevare più di una questione, risultando inefficace e inefficiente. Ad oggi, infatti, un consulente finanziario dedica 30 ore del suo tempo annuale a lezioni online in cui perlopiù passano sullo schermo delle slide che vengono lette pari pari e che affrontano argomenti general generici al cui termine c’è un test di valutazione e comprensione di quanto letto.
Con tutta onestà non credo che questa possa definirsi formazione. E tengo a precisare che il problema non è la modalità online: come conseguenza della pandemia, infatti, sono sbocciati numerosi webinar capaci di suscitare reale interesse nei partecipanti. Perché?
In parte sicuramente grazie alla scelta degli argomenti, alla presenza di informazioni nuove, specifiche, mirate; in parte grazie alla capacità dei formatori di suscitare interesse e interazione, di dare un ritmo alla lezione. Entrambi aspetti che purtroppo sono assenti nel format attuale di formazione finanziaria obbligatoria.
Se poi, si vuole far passare sotto il nome di “formazione” l’ammontare di ore dedicata alla conoscenza (e alla vendita) di prodotti e servizi della “casa madre”, risulta chiaro che la formazione è una definizione svuotata di contenuto e di valore.
Su questo punto, vorrei sottolineare che il problema non è ricevere formazione su prodotti finanziari, bensì far passare questo tipo di informazioni commerciali sotto il nome di formazione.
Dovremmo però, a questo punto, fare un passo indietro e porci con urgenza la domanda: quale formazione è giusto che sia obbligatoria?
La mia risposta?
La formazione che può fare davvero la differenza sia per i consulenti sia per i clienti.
Se mentre dovresti formarti ti giri i pollici, guardi tutte le app di social sul tuo cellulare e sbuffi aspettando l’ora di cena, non ti stai formando, stai sprecando il tuo tempo. Se le uniche nozioni che impari ingrassano le tasche delle società prodotto, non stai investendo sulla tua formazione. Se il tempo che dedichi ad imparare non ti migliora, non ti trasforma neppure minimamente, non accresce le tue competenze e non nutre la tua professionalità, è tempo perso.
La formazione, che sia degna di questo nome, dovrebbe, a mio avviso, lasciarti più ricco interiormente, fosse anche di dubbi e curiosità da approfondire, ogni volta, dopo ogni ora. Nello specifico, la formazione che fa la differenza per i consulenti dovrebbe essere tailor made: non abbiamo tutti la stessa età, lo stesso grado di istruzione, la stessa esperienza o la stessa tipologia di clienti.
Cosa serve, di cosa c’è bisogno affinché ciascuno esca da una sessione formativa contento, migliorato e con un significato in più?
La formazione deve saper offrire valore aggiunto, non solamente un elenco di nozioni sterili; deve essere veicolata da insegnanti preparati non solo tecnicamente, ma anche umanamente, al fine di saper coinvolgere e offrire un’esperienza ai propri studenti, spronandoli oltre i loro stessi limiti.
La formazione che vorrei fosse obbligatoria è vivificante e realmente impattante non solo a livello di competenze e cultura finanziaria, ma anche a livello di forma mentis del consulente: quanta differenza può fare, ad esempio, non solo leggere un manuale di finanza comportamentale, ma poter condividere esperienze professionali e casi di studio per allargare il campo delle proprie abilità e quindi aumentare le possibilità di essere realmente d’aiuto ai propri clienti?
La formazione dovrebbe rappresentare un momento di crescita, tanto per chi è agli inizi quanto per chi ha maturato anni di lavoro nel campo finanziario: c’è sempre qualcosa che possiamo ancora imparare, scoprire, studiare, approfondire, ricercare; qualcosa che possiamo apprendere per migliorare la qualità della nostra consulenza, per mantenere viva la conoscenza dei mercati, per essere d’aiuto a chi si affida a noi. In tal senso resta importante la formazione sulle hard skills, sulle competenze tecniche.
Infine, ma non per ultimo, ciò su cui vorrei che nel 2021, finalmente, ci si concentrasse è anche la formazione delle soft skills, come ad esempio l’intelligenza emotiva e la capacità di ascolto. Quanto può fare la differenza per un consulente saper instaurare un rapporto basato sulla fiducia e l’empatia con ogni suo cliente? Quanto conta saper comunicare con le parole adatte, nei tempi giusti sia per attrarre nuovi clienti sia per mantenerli soddisfatti?
Siamo nell’era dell’iper competitività, i clienti non piovono dal cielo: investire sulla nostra formazione, una formazione davvero di qualità, può aiutarci moltissimo.
Vito Ferito