Costi dei trasporti marittimi: una mazzata sui Paesi poveri

Pubblicato il rapporto 2024 di Unctad sui cambiamenti nell’interscambio commerciale via mare, sulle previsioni di crescita e sull’impatto del Covid e delle tensioni geopolitiche

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E’ stato ripetuto per mesi come un mantra: l’aumento dei costi del trasporto marittimo non inciderà sul prezzo dei prodotti e le merci al consumo, né tantomeno sulle spinte inflazionistiche. E i mercati hanno così assorbito l’escalation dei noli marittimi specialmente nei mesi della pandemia, o in quelli successivi come se si trattasse di un fenomeno disgiunto dalle dinamiche dell’interscambio mondiale. Allo stesso modo, anche la circumnavigazione obbligata dell’Africa, e gli extra costi che ne sono derivati, è stata considerata alla stregua di una variabile indipendente. Ma non è così. Il rapporto dell’L’UNCTAD, l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di commercio e sviluppo, sul trasporto marittimo, con la Review of Maritime Transport 2024, evidenzia come gli extra costi del trasporto marittimo si siano abbattuti e continuino a infierire sulle economie dei Paesi più poveri.

Il rapporto di 148 pagine (come riportato dal magazine Splash) sottolinea come i terremoti, causati dai cambiamenti climatici e dalle tensioni geopolitiche, stiano mettendo a rischio il commercio globale e le catene di approvvigionamento, con impatti particolarmente gravi sui piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS) e sui Paesi meno sviluppati (LDC).

Secondo i dati UNCTAD, l’incidenza del costo del trasporto marittimo (TWI) per dollaro di commercio marittimo nelle economie in via di sviluppo è doppia rispetto a quella delle economie sviluppate.

L’incidenza del fattore di trasporto per le importazioni nelle economie in via di sviluppo è pari a 14,3, il che significa che il trasporto di merci del valore di 1 dollaro richiede uno sforzo equivalente allo spostamento di 14,3 tonnellate per 1 km o 14,3 kg per 1.000 km; nei Paesi sviluppati sono necessarie 7,2 tonnellate-km per un dollaro di importazioni. Una tendenza simile si riscontra anche per le esportazioni. Il che significa che l’incidenza del trasporto sul valore delle merci al consumo nei paesi in via di sviluppo o sulle economie più fragili, sta ulteriormente precipitando questi Paesi in una spirale regressiva.

Secondo le previsioni dell’UNCTAD, il volume del commercio marittimo crescerà del 2% nel 2024 e quello del commercio containerizzato del 3,5%. Nel periodo 2025-2029, l’UNCTAD prevede che il commercio marittimo totale crescerà in media del 2,4% e quello containerizzato del 2,7%. Questa crescita, spiega l’UNCTAD, è trainata dall’aumento della domanda di grandi rinfuse come bauxite, carbone, merci containerizzate, cereali, minerale di ferro e petrolio.

Secondo l’UNCTAD, i volumi del commercio marittimo raggiungeranno 12,3 miliardi di tonnellate nel 2023, con un aumento del 2,4%, dopo una contrazione nel 2022.

Per altro, la rarefazione di vettori marittimi e la concentrazione del controllo dell’interscambio nelle mani di pochi mega carrier renderà ulteriormente precaria la capacità contrattuale dei Paesi più poveri.

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