Criptovalute

Bitcoin: la grande corsa all’oro

Ciclicamente nella storia ci sono stati dei momenti in cui tutti hanno pensato di poter diventare ricchi in poco tempo: dalla ricerca delle ricchezze in Sudamerica al tempo dei conquistadores alla bolla dei tulipani nell’Olanda del Seicento, dalla Compagnia del Mississippi in Francia e quella dei Mari del Sud in Inghilterra a inizio Settecento alla ricerca del mitico Regno di Prete Gianni e delle miniere di Re Salomone.

Una delle più famose rimane però senz’altro la Grande corsa all’oro: dalle città e dai centri rurali dell’Est a migliaia lasciavano le loro case e le loro famiglie e partivano per la California: era il 1849, e la corsa all’oro era iniziata.

Tutto ebbe origine un anno prima, precisamente il 24 gennaio 1848, quando James W. Marshall, un dipendente del pioniere svizzero John Sutter, ispezionando un canale presso la segheria di Sutter, vide brillare qualcosa nell’acqua: era una pepita d’oro!!

Sutter gli fece giurare di mantenere il segreto ma, a poco a poco, la notizia si diffuse: all’inizio arrivarono solo pochi cercatori, ma poi arrivarono a frotte, da tutto il mondo.

All’epoca il guadagno di un agricoltore poteva essere di 200 dollari all’anno mentre un operaio in fabbrica percepiva un dollaro al giorno lavorando 12 ore; in California un cercatore – se fortunato – poteva ricavare 25/30 dollari al giorno dal letto di un fiume.

L’oro era lì, tutti potevano diventare ricchi ma pochi ci riuscirono, la maggior parte di quelli arrivati in California tornarono a casa senza un centesimo, molti morirono, alcuni però riuscirono a fare fortuna: furono quelli che capirono che era meglio commerciare con i minatori piuttosto che scavare: una libbra di zucchero era venduta a 2 dollari , una di caffè a 4 dollari; era l’infrastruttura al servizio dei minatori che fece veramente i soldi.

Pochi anni dopo la corsa all’oro finì e molti ripartirono, ma molti rimasero: San Francisco, che contava 600 abitanti nel 1848, arrivò ad averne 50.000 e divenne la più importante città dell’Ovest, sulle sue strade camminava gente proveniente da ogni angolo del mondo: tutti conoscevano la storia della California, la terra dove si poteva diventare ricchi…

 

Sognando la California

Ti sogno California, e un giorno io verrò” cantavano i Dik Dik nel 1969 in una cover della  famosa California Dreamin’ dei Mamas and Papas.

Oggi, 170 anni dopo, i nuovi cercatori d’oro sono quelli che in tutto il mondo, senza dover andare necessariamente in un luogo fisico, sono alla ricerca della ricchezza attraverso le piattaforme di trading: i tecno-cercatori che, armati di un computer e di una connessione internet (così come i loro antenati lo erano di piccone e setaccio), provano a trovare il loro personale filone d’oro nello spazio digitale; il nuovo oro sono le varie monete digitali, le criptovalute, il bitcoin su tutte (v. newsletter 152 e 146).

Oggi come allora la notizia corre veloce – più veloce di allora – e tutti quelli che sperano di arricchirsi velocemente vogliono partecipare al gran ballo, nessuno vuole restar fuori; e a sentire alcuni c’è posto per tutti in questo nuovo Eldorado, e così in tanti chiedono, magari alla fine di un incontro e in modo abilmente vago: “ma ho sentito parlare di questi bitcoin…”

E si intrecciano storie sull’amico dell’amico del mio amico che – pare – sia diventato ricco, ma non si sa molto di più, si dice che…

E qui occorre un chiarimento: non contesto assolutamente che qualcuno sia diventato ricco investendo in bitcoin o simili, non è questo il nocciolo del problema.

E’ evidente che, con una quotazione passata da 1.000 usd del gennaio 2017 ai 37mila e rotti di oggi pomeriggio in tanti abbiano fatto i soldi; rimango dell’idea peraltro che la maggior parte di quelli che hanno comprato hanno già venduto (per capirci, se sei entrato a 5mila, quando il bitcoin è salito a 10 o 15mila hai venduto nel 90% dei casi, o no?) e quindi a mio parere il bitcoin continua a salire perché la giostra è sempre in moto ma dubito fortemente che siano in tanti quelli che – entrati a 3mila – siano ancora seduti al tavolo da gioco…

In ogni caso il punto è un altro, almeno per quanto mi riguarda, ovvero: strumenti che hanno queste oscillazioni in pochi giorni non dovrebbero stare nel portafoglio di un risparmiatore…

Ah dimenticavo, proprio come nel 1849, quelli che fanno veramente i soldi sono quelli che vendono le infrastrutture di supporto: all’epoca pale, picconi, zucchero e fagioli, oggi conti digitali, connessioni e quant’altro.

 

Come correttamente dice un consulente made-in-Usa in un suo post:

Qual è la differenza tra le azioni di un’azione e le monete di blockchain? Le azioni di azioni rappresentano un diritto su una serie di flussi di cassa in arrivo alla società. In qualità di azionista hai una serie di diritti, che possono includere qualsiasi cosa, dalla partecipazione ai dividendi da quei flussi di cassa al voto per gli amministratori alla visione dei libri contabili quando la società condivide le informazioni finanziarie.

Come portamonete, non hai nient’altro che una scommessa sulla blockchain di quella moneta che cresce in utilità e importanza. Stai scommettendo sull’utilità di quella moneta e sul continuo sviluppo di un ecosistema attorno ad essa: programmatori, app, sviluppatori, acquirenti, venditori, investitori.

Se si presentano e mantengono il loro entusiasmo per il progetto, c’è qualcosa lì. In caso contrario, non c’è niente. Non ci sono flussi di cassa. Non esiste un team di gestione delle monete a te legato. Non ci sono tutele legali. I tribunali del Delaware non ascolteranno le tue argomentazioni. Hai acquistato una merce non produttiva con l’aspettativa che altri continuassero a comprarla dopo di te, a prezzi più alti, si spera. Non hai alcun diritto su nulla.

 

Massimiliano Maccari

 

 

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