Il consumo smisurato di energia per l’estrazione di Bitcoin, le conseguenze social del trading in criptovaluta ed i rischi dettati dalla mancanza di un quadro normativo, spingono il bitcoin in rotta di collisione con il mondo ESG, proprio nel momento in cui questo Mondo è scelto dalla stragrande maggioranza degli investitori.
L’impennata del prezzo del bitcoin sta mettendo la criptovaluta più importante al mondo in rotta di collisione diretta con il mondo degli investimenti ESG. C’è sempre più voglia di gestire i portafogli in maniera responsabile e le scelte dei sottoscrittori di fondi ed etf si orientano sempre più verso investimenti che tengano fortemente in conto i parametri ESG.
Molti hedge fund continuano a trarre profitto dall’impennata in corso nel settore delle criptovalute, perché quest’anno sempre più gestori stanno investendo denaro nell’aumento record delle risorse digitali. Allo stesso tempo, tuttavia, un numero sempre più elevato di investitori chiede agli hedge fund stessi di assumere una posizione basata sulla sostenibilità e di implementare i fattori ESG-compliant nei loro portafogli.
In questo contesto si pone anche il bitcoin che secondo alcuni gestori sta già andando a mettersi in contrasto rispetto alla gamma di fattori ambientali, sociali e di governance che gli investitori cercano sempre più nel loro portafogli.
Sul tema ambientale l’estrazione di bitcoin continuerà a richiedere un consumo di energia sostanziale fino a quando il prezzo della valuta digitale rimarrà alto, sia in termini assoluti che relativi. La maggior parte dell’estrazione di bitcoin avviene nel sud-est asiatico, dove le centrali elettriche a carbone rimangono dominanti.
Attualmente, una transazione bitcoin richiede la stessa energia dell’elaborazione di 500.000 transazioni Visa come evidenziato da uno studio del Center for Alternative Finance dell’Università di Cambridge che stima che l’energia mineraria bitcoin ora supera il consumo annuale di paesi come i Paesi Bassi e Emirati Arabi Uniti, e si avvicina a quello di Norvegia e Pakistan.
La direzione presa dalla valuta digitale è impossibile da invertire. O il consumo di energia aumenta con gravi conseguenze ambientali, o il prezzo del bitcoin crolla, il che aiuta l’ambiente ma ne mina il valore dal punto di vista dell’ investimento.
Le conseguenze del trading in bitcoin sono anche di natura sociale. La criptovaluta è considerata meno stabile e “significativamente più volatile” rispetto ai tradizionali paradisi sicuri per gli investitori come l’oro, le obbligazioni o alcune valute forti come dollaro ed euro.
Se c’è poca giustificazione fondamentale per gli investitori istituzionali per detenere bitcoin, l’industria artigianale di incoraggiare gli investitori al dettaglio a scommettere sulle criptovalute può avere ancora meno giustificazione. Ci sono annunci pubblicitari che offrono scambi di bitcoin con leva fino a 100x direttamente agli investitori al dettaglio .
Questo tipo di promozione è irresponsabile fino al punto di essere immorale. Indipendentemente dal fatto che il bitcoin diventi mainstream o meno, in questo momento rimane un investimento speculativo. E la storia ci dice che lo scoppio delle bolle ha quasi sempre delle conseguenze, soprattutto sui sottoscrittori dell’ultima ora.
Non mancano anche i problemi di governance per il bitcoin che non può vantare un quadro normativo e questo lo rende attraente per coloro che eviterebbero la rete di regolamenti e sanzioni che governano le valute dei mercati finanziari ortodossi.
Va sottolineato la vulnerabilità dei portafogli bitcoin all’hacking. Sono molte le persone che si sono viste portar via fiori di portafogli direttamente dai propri Wallet. Ci sono inoltre problemi di compensazione e problemi di protezione dei dati e privacy derivanti dalla sua dipendenza dai registri pubblici.
Appare sempre più chiaro come i megatrend ESG e la criptovaluta si stiano dirigendo verso una rotta di collisione con velocità sempre più elevate.
Leopoldo Gasbarro