Alzi la mano chi non vorrebbe diventare milionario in poco tempo, facendo il minimo sforzo e senza correre alcun rischio per poter realizzare questo suo desiderio. Credo che se facessimo questa domanda ad una folla di persone ben pochi – molto probabilmente nessuno – rimarrebbero con il braccio lungo i fianchi. Ed è proprio per questo che ciclicamente, nel corso dei secoli, folle di semplici risparmiatori vengono assaliti dal “virus della ricchezza facile” che li trasformerà rapidamente in intrepidi speculatori alla spasmodica ricerca dell’affare della vita che li renderà ricchi, anzi ricchissimi.
La storia insegna
Le prime tracce storicamente documentate di questa epidemia risalgono al 1600 ed hanno origine in Olanda dove nelle taverne di Utrecht, Rotterdam e Haarlem diventava sempre più fiorente il mercato di un fiore proveniente dai giardini ottomani di Istanbul che, per la sua bellezza ed eleganza, fu soprannominato “fiore di Dio” ma a noi noto come tulipano.
Fin dal suo arrivo nel porto di Rotterdam si scatenò la passione per questo fiore dai colori sgargianti che ben presto si trasformò in euforia al punto che si creò un mercato in tutte le principali città olandesi. Le contrattazioni non riguardavano il fiore, bensì il bulbo dal quale esso sarebbe poi nato a distanza di tempo. Una particolare attenzione era riservata a quei bulbi che, colpiti da una particolare malattia, avrebbero dato vita a tulipani chiazzati che, proprio per la loro particolarità, divennero una vera e propria ossessione raggiungendo prezzi sempre più elevati.
Nel 1633, nella città di Hoorn, una casa venne venduta in cambio di un bulbo di Semper Augustus, la principale varietà di tulipano dell’epoca. Il mercato dei bulbi di tulipano continuò a svilupparsi nel corso dei successivi anni anche al di fuori dei confini olandesi divenendo motivo di arricchimento per molti speculatori, alimentando cosi lo spirito di emulazione di molti altri che fino ad allora erano stati solo spettatori.
Il fenomeno proseguì fino al 1637 quando il mercato, diventato di fatto un mercato di futures (bulbi) anziché di prodotti finali (fiori), implose in seguito alla impossibilità di onorare gli impegni assunti a scadenza da molti operatori, cosa che determinò il crollo dei prezzi dei bulbi tanto da paragonarli a quelli di una volgare cipolla. Da quel momento la storia ci ha consegnato molti altri esempi di bolle speculative a seguito delle quali, a fronte di pochi arricchiti, se ne contano tantissimi altri che si leccano le ferite.
L’ “effetto gregge”
La mia impressione è che nella gran parte dei casi coloro che sono colpiti dal “virus della ricchezza facile” acquistino cose di cui non sanno praticamente nulla, fidandosi del solo fatto che in tanti lo hanno già fatto e che molti altri stanno per farlo: è quello che viene definito “effetto gregge”.
Conformare il proprio comportamento a quello di chi ci circonda infonde un senso di sicurezza circa la sua correttezza, a volte arrivando al punto di mettere in discussione e modificare radicalmente anche quelli che erano veri e propri punti fermi del proprio modus operandi. Non adeguarsi a ciò che tutti gli altri stanno facendo ci fa sentire a disagio, quasi fuori luogo rispetto al contesto in cui viviamo. Per questo tendiamo a conformarci al gregge del quale – più o meno consapevolmente – facciamo parte.
L’ultima tentazione di molti risparmiatori sono i Bitcoin, ormai entrati a far parte dell’immaginario collettivo come una concreta – e tutto sommato facile – possibilità di dare una svolta alla propria vita.
Il prezzo di questa criptovaluta ha superato qualche giorno fa i 57.000 dollari. Niente male considerando che, esattamente due anni fa, la stessa quotava 4.100 dollari, segnando così un incremento del 1.400% circa!
Conosci ciò che compri?
Ho pochi dubbi che questi numeri siano ben presenti nella testa degli aspiranti cripto-traders.
Qualche perplessità ce l’ho invece sul fatto che abbiano ben chiaro cosa sia un Bitcoin e come funzioni davvero. Non so quanti di loro saprebbero rispondere alla domanda su cosa sia una criptovaluta oppure su quale sia il funzionamento di una crittografia a chiave pubblica o di una blockchain. Come ancora non credo saprebbero rispondere a domande circa il processo di generazione dei Bitcoin (c.d. mining) e di come esso possa influenzarne il prezzo sul mercato.
Nella beata ignoranza di tutto ciò milioni di persone in giro per il mondo possono acquistare Bitcoin o cose simili senza le necessarie informazioni da parte di qualcuno che sia in grado di darle in modo chiaro, comprensibile e disinteressato. Ma soprattutto senza che ci sia alcun presidio a tutela di coloro che desiderano investire i propri risparmi in strumenti a dir poco complessi come le criptovalute.
Ci pensa la MIFID 2. O no?
Perché oggi un cittadino europeo possa acquistare un prodotto finanziario nel quale investire il proprio denaro è necessario che sia costantemente profilato secondo i dettami della MIFID 2, normativa comunitaria volta appunto alla tutela del risparmiatore. L’intermediario con cui egli entra in contatto dovrà osservare tutta una serie di norme comportamentali volte a far si che la scelta da parte del soggetto debole (il risparmiatore) sia la più informata e consapevole possibile. La normativa pone inoltre una serie di limitazioni alle possibili scelte di investimento da parte del cliente qualora lo stesso non risulti in possesso di conoscenze ed esperienze pregresse tali da poter comprendere ciò che sta facendo.
Non si comprende quindi perché gli stessi presidi non debbano essere posti in essere qualora il risparmiatore decida di avventurarsi in terreni pressoché sconosciuti ed altamente pericolosi per la tutela del suo denaro. L’investimento in criptovalute è certamente uno di questi, ma potremmo dire la stessa cosa per chi si cimenta nel trading sulle valute o acquista pietre preziose. E non sfugge a questa considerazione nemmeno l’investimento immobiliare dove non si destinano gli spiccioli, ma molto spesso la gran parte delle risorse presenti e future di una famiglia.
Con questo non dico che acquistare gli ormai celeberrimi Bitcoin non possa essere vantaggioso o addirittura miracoloso. Mi chiedo solo se è giusto tollerare una tale asimmetria informativa tra il risparmiatore ed il fantomatico Satoshi Nakamoto, inventore nel 2008 del Bitcoin.
Forse l’unica cosa che varrebbe la pena di tenere ben presente è che, come ogni prezzo, anche quello del Bitcoin viene determinato dalla relazione tra domanda ed offerta.
Va da se, quindi, che fin quando la domanda sarà alimentata da parte di soggetti interessati all’acquisto il prezzo tenderà a salire e questo non sarà difficile percepirlo: basta guardarsi intorno e capire quanti ne parlano o, come me adesso, ne scrivono. Ciò che non è ben chiaro, al contrario, è chi ci sia dal lato dell’offerta e come questa venga controllata e regolamentata. E questa non sarà cosa da poco per valutare le successive evoluzioni del prezzo del Bitcoin.
La FCA (Financial Conduct Authority), la Consob britannica, ha di recente avvertito i risparmiatori d’oltremanica sui grandi rischi che corrono acquistando criptovalute, mettendoli in guardia in quanto si dice a conoscenza di società che promettono alti ritorni da investimenti in criptoasset. Per il momento è stata una delle pochissime voci ufficiali ad affrontare il tema e ad invitare i risparmiatori ad effettuare scelte ragionate e consapevoli riguardo alla collocazione del proprio denaro. Warren
Buffet vs. Elon Musk
Qualche tempo fa Warren Buffet, il celebre multimiliardario CEO di Berkshire Hathaway, ha ribadito ciò che dice ormai da anni e cioè che “Il Bitcoin attira molti ciarlatani. Probabilmente è veleno per topi al quadrato”.
La filosofia di Buffet si basa su un assunto fondamentale: un investimento è meritevole di attenzione solo e se produrrà frutti nel corso del tempo; di contro, investire in qualcosa che non produce nulla è pura speculazione e quindi da evitare (https://fb.watch/3TAkNB5bXe/.).
Lo stesso Bill Gates qualche giorno fa ha espresso le sue perplessità circa l’investimento in Bitcoin da parte di investitori retail e non particolarmente preparati in materia. Elon Musk, evidentemente di diverso avviso, ha invece annunciato che la sua creatura, Tesla, ha investito ben 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin facendone così impennare ulteriormente la quotazione di circa il 10% al solo annuncio dell’operazione (giusto per confermare quanto sopra….). Sono visioni diametralmente opposte di persone tutt’altro che sprovvedute, appartenenti a generazioni diverse e con differenti visioni del futuro alle quali solo il tempo darà ragione o torto.
E con l’ambiente come la mettiamo?
Di sicuro c’è che, da recenti calcoli, il processo di “mining”, cioè di generazione dei nuovi blocchi della blockchain di Bitcoin e la successiva gestione degli stessi comporta un consumo di 80 Terawatt/h di elettricità (fonte: statista.com), pari a quello di una intera nazione come la Nuova Zelanda. Un vero ossimoro quello che vede protagonisti la aspirante valuta del futuro ed uno dei personaggi divenuto la bandiera dell’energia pulita, Elon Musk. Certo che sarebbe davvero buffo un giorno scoprire che la neo-patentata Greta Thunberg ha acquistato una Tesla Model 3 da Elon Musk pagandola in Bitcoin. Con buona pace dell’ambiente !
Diego Marchetti