La produzione degli stabilimenti italiani di Stellantis non è mai stata così bassa dal 1956. Nel primo trimestre di quest’anno dagli impianti della vecchia Fiat, poi diventata Fca e da qualche anno Stellantis, sono usciti appena 109.900 veicoli. Briciole, anche perchè il totale considera sia le auto sia i furgoni.
Questo è il disastro industriale conseguente all’ampio ricorso alla cassa integrazione del gruppo automobilistico, che vede la famiglia Agnelli come primo azionista, ancora in attesa di trovare il nuovo amministratore delegato dopo l’allontanamento del portoghese Carlos Tavares.
Il responsabile dell’Europa, Jean-Philippe Imparato, ha anticipato che affiderà agli operai di Mirafiori la produzione della Cinquecento Ibrida così da limitare al massimo gli ammortizzatori sociali. Al momento l’ex stabilimento orgoglio di Torino non arriva però a totalizzare 10mila macchine messe su strada (-22%) e sono quasi tutte elettriche. Cioè modelli che gli italiani non comprano, complici i costi e le scarsità delle colonnine.
A lanciare l’allarme è stato il sindacato Fim Cisl guidato da Ferdinando Uliano, rimarcando come da gennaio a marzo tutti gli stabilimenti italiani di Stellantis hanno tirato il freno in termini di veicoli prodotti. In particolare si contano il 35% di veicoli in meno rispetto al primo trimestre del 2024; per l’esattezza il gruppo ha sfornato in Italia 60.533 auto (-42,5%) e 49.367 veicoli commerciali (-24,2%).
Drammatico il caso di Maserati che, dopo la figuraccia di aver proposto ai suoi operai di comperare una delle sue supercar con lo sconto, in tre mesi ha prodotto appena 70 unità. Una situazione quella della casa del Tridente che sta per precipitare, tanto che l’agenzia Bloomberg ha rivelato come il gruppo abbia chiamato i consulenti di Mckinsey per decidere cosa fare del marchio e di Alfa Romeo.
Una idea per Maserati potrebbe essere quella di fare un polo del lusso con Ferrari, c’è però il rischio di inceppare i motori del Cavallino Rampante oggi molto profittevolle oggi molto profittevole, oppure di cederlo. Potenziali acquirenti cinesi non mancherebbero, così come da sempre c’è stato interesse all’estero di mettere le mani sul Biscione dell’Alfa.
Stellantis ha presentato al ministero un piano per ripartire e il presidente John Elkann è stato ascoltato dal Parlamento sui passi del rilancio. Ma la situazione è drammatica e con i maxi dazi imposti di Donald Trump alle imprese italiane rischiano di peggiorare ancora.
Al punto da far ormai apparire una sorta di amara barzelletta, l’obiettivo di raggiungere un milione di auto prodotte in Italia che il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha posto in cambio del sostegno dello Stato al gruppo franco-italiano.
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Elkann ha sospeso a tempo indeterminato anche l’investimento nella gigafactory che avrebbe dovuto assicurare le batterie alle auto elettriche della ex Fiat. Mentre scriviamo il titolo Stellantis passa di mano in Piazza Affari a 8,1 euro, valori che non si vedevano dall’ottobre del 2020, cioè dai tempi del Covid. Più chiaro di così.
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