Le Borse mondiali sembrano rivivere la passione di zio Paperone e le sue avventure nel Klondike a caccia di pepite. L’atteso taglio ai tassi di interesse da parte della Fed, venerdì parlerà il presidente Jerome Powell al simposio di Jakson Hole, fa salire ancora la febbre per il metallo giallo che aggiorna ancora il suo massimo storico.
L’oro viaggia a 2.562 dollari per oncia e brucia ogni precedente record. La quota psicologica dei 2.600 dollari appare alle viste. Ma soprattutto il tradizionale lingotto, quello custodito anche in Bankitalia e che pesa 12,4 chilogrammi, vale oltre 1 milione di dollari.
Va detto che quella dell’oro è stati una lunga corsa, gli stessi future da gennaio ad oggi hanno messo a segno un progresso di quasi il 20%. Negli ultimi dodici mesi il balzo è arrivato al 32%.
Le cronache finanziarie insegnano che da sempre il biondo metallo beneficia del taglio dei tassi della Federal Reserve. Due i motivi:
- la riduzione del costo del denaro negli Stati Uniti indebolisce il corso del dollaro rispetto all’euro, alla sterlina, allo yen e altre valute. Ma proprio la divisa americana è quella in cui è espresso il valore dell’oro sui mercati mondiali;
- impatta sui rendimenti dei Treasury statunitensi rendendoli meno attraenti. Di conseguenza il mercato si sposta verso delle alternative.
Questa volta c’è però una singolare coincidenza, perché l’oro sta crescendo in parallelo alle Borse mondiali. Sicuramente molto spingono le forte tensioni geopolitiche internazionali – dall’Ucraina ad Hamas – che stanno inducendo il mercato ad affidarsi al bene rifugio per eccellenza.
Molti operatori ritengono però che non sia solo questo. In particolare potrebbe esserci lo zampino delle banche centrali dei Paesi emergenti, che hanno necessità di diversificare le riserve anche per affrontare l’impatto del rialzo dei tassi su debiti pubblici nazionali che molto spesso hanno già un peso quasi anche per il migliore degli sherpa.
Va poi capito se l’oro è ormai considerato non più semplicemente come un bene rifugio, ma come un vaso comunicante con il mercato. Una specie di “salvadanaio-bancomat” da cui attingere, all’occorrenza in modo flessibile, per investire.
Infine una nota di merito. Il nostro Paese, secondo i calcoli del World Gold Council, si posiziona terzo al mondo per le riserve auree custodite nei caveau di Bankitalia. Fanno meglio solo Stati Uniti e Germania, alle nostre spalle c’è invece la Francia.
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Speriamo che gli investitori internazionali e le agenzie di rating se ne ricordino quando Bruxelles farà scattare la procedura di infrazione contro il governo italiano per deficit eccessivo.