Il carovita è tornato a mordere in tutti i Paesi industrializzati, Italia compresa. Dove, complice la fiammata delle quotazioni di gas e petrolio, la corsa dei prezzi al consumo si attesta ormai al 3 percento. Meno noto è però che il viaggio verso un mondo a emissioni zero produrrà quella è già stata battezzata la “greenflation”: l’inflazione verde. Ad analizzare le radici del fenomeno, che influirà sulla crescita dei prossimi anni impattando quindi anche sulle Borse, è Fidelity International. In un interessante studio, il big del risparmio gestito che a fine 2020 gestiva asset per un totale di 453,8 miliardi di euro per conto di oltre 2,5 milioni di clienti nel mondo, rimarca in particolare l’opportunità di attribuire un valore economico alle emissioni di CO2, si tratta del cosiddetto “carbon pricing”. Un tale passo accelererà la strada verso la neutralità carbonica ma con ogni probabilità “alimenterà le pressioni inflazionistiche, soprattutto se combinato con le spese in conto capitale necessarie per la transizione ecologica”, avverte Terry Raven, Director, European Equities Gita Bal, Global Head of Research, Fixed Income di Fidelity. Ritardare la svolta sostenibile anche di pochi anni – prosegue l’esperto – sarebbe tuttavia ancora peggio. Vediamo insieme perché, così da inquadrare, anche in un’ottica di gestione dei nostri risparmi, le conseguenze della battaglia per il clima.
Come reagiranno le aziende
Nei prossimi tre anni – secondo una ricerca condotta dalla stessa Fidelity con l’ausilio dei propri analisti – un terzo delle aziende adatterà il proprio modello di business in previsione del futuro prezzo delle emissioni di carbonio. Con un inevitabile impatto sui prezzi finali e quindi sul caro vita. Anche perchè il trend sarà ancora più marcato nei settori ad alte emissioni, come energia e materiali, dove la proporzione “si avvicinerà ai due terzi”, sottolinea Raven. “Se ne deduce – prosegue l’esperto – che molte aziende stanno cercando di scavalcare gli effetti normativi e finanziari della tariffazione del carbonio, soprattutto nei settori in cui quest’ultima renderà più redditizie le nuove tecnologie”. Un sistema globale così congegnato se da un lato rappresenta un catalizzatore del rinnovamento dall’altro “incentiverà l’inflazione, se implementato con troppa aggressività”. Per contro “tenere il prezzo del carbonio troppo basso rallenterebbe la transizione e renderebbe le aziende più vulnerabili a innalzamenti di prezzo più drastici in futuro”. Si tratta quindi di un equilibrio molto complesso da trovare, come si evince anche dai recenti summit internazionali: dal Youth4Climate di Milano al G20 di Roma fino alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite a Glasgow appena terminata con un compromesso che sancisce la riduzione (ma non l’abbandono) dell’uso del carbone. Ad aiutarci a capire il motivo della difficoltà di attribuire un valore economico alle emissioni di CO2 è sempre lo studio di Fidelity: “Una carbon tax o un costo del carbonio superiori ai 100 dollari per tonnellata (contro i 3 dollari attuali) avrebbero un impatto drammatico. I piani di spesa in conto capitale verrebbero adeguati rapidamente”, sostiene un analista del colosso del risparmio gestito.
Alle aziende servono regole e incentivi
Ma qual è la situazione oggi tra le imprese? Come spesso accade quando sono in corso trasformazioni strutturali su larga scala, il quadro è variegato. Se da un lato oltre la metà delle aziende di tutto il mondo ha iniziato ad adattare il proprio modello di business per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni entro il 2030, dall’altro solamente il 7% di queste sta attuando davvero misure su vasta scala. All’atto pratico, quindi, molto meno di quante ne servirebbero per raggiungere l’obiettivo prefissato dai Grandi della Terra. Insomma la marcia verde è in ritardo. Per colmare questo gap potrebbe essere necessaria la spinta della mano pubblica, prosegue l’esperto di Fidelity individuando negli incentivi statali e nelle normative “gli strumenti più efficaci per aiutare le aziende a raggiungere la neutralità carbonica”. E nella tariffazione del carbonio “la scelta politica migliore per il settore dell’energia”.
Arriva l’inflazione verde
Gli interventi dei governi avranno, tuttavia, delle conseguenze sul mercato. Secondo gli analisti di Fidelity, circa un quarto delle aziende sosterrà costi maggiori nei prossimi tre anni a causa del prezzo del carbonio, con un impatto particolarmente marcato per i settori dei prodotti industriali, dell’energia e dei materiali. La spia dell’inflazione verde è peraltro già accesa nel trasporto aereo, dove sono in aumento i prezzi dei crediti di carbonio che i singoli vettori europei sono tenuti ad acquistare nell’ambito del sistema di limitazione e scambio dell’Ue. “Molte aziende dovranno affrontare altri tipi di spese per la trasformazione green. Poco più della metà dei nostri analisti si aspetta che la transizione verso un’economia a basso tenore di carbonio aumenterà i costi operativi delle aziende nei prossimi tre anni, mentre il 60% ritiene che incrementerà le spese in conto capitale”, sintetizza Raven.
Vince chi gioca d’anticipo
Le aziende che aumentano già oggi le spese in conto capitale per la transizione verde – come sta accadendo per esempio nel settore dei servizi di pubblica utilità – potrebbero “ridurre i loro costi operativi in tempi più rapidi”. In prospettiva, infatti, il costo marginale di produzione scende a zero e questo è l’opposto di quanto accade con i metodi tradizionali, che richiedono un costante apporto di materia prima. In sostanza le aziende che oggi hanno la capacità e la forza finanziaria per giocare d’anticipo nella svolta green, in prospettiva dovrebbero riceverne un vantaggio in termini di competitività. Ma le imprese come affronteranno i maggiori costi? “I nostri analisti ipotizzano che le società copriranno queste spese principalmente con risorse interne come la liquidità, anche se è oramai opinione sempre più diffusa tra loro che le aziende opteranno per un aumento dei prezzi al consumo”, conclude Raven. Ecco perchè la greenflation andrà ad alimentare il caro vita. La battaglia verso un Pianeta più pulito è tuttavia ineludibile e non può che essere vinta, in primo luogo per i nostri figli e nipoti.
Contenuto consigliato