Le tensioni create dal conflitto tra Russia e Ucraina stanno provocando forti pressioni sulle Borse mondiali e quindi una marcata volatilità di breve termine. Un motivo in più per cambiare approccio e visuale, quando si investe, guardando al lungo periodo con i cosiddetti “fondi tematici”. L’idea è in sostanza quella di investire, come farebbe un bravo talent scout, sugli “argomenti” che saranno vincenti nei prossimi decenni, per una maggior diversificazione di portafoglio e una miglior gestione del rischio. Inoltre, investire nei megatrend che plasmeranno il futuro, aiuta a rispondere a bisogni reali e ad affrontare le grandi sfide che l’umanità deve affrontare. Con un duplice effetto positivo: ottenere un extra rendimento dai propri risparmi e produrre un impatto positivo sul Pianeta e sulle Persone. Insomma creare crescita e sviluppo sostenibili, spiega Schroders che è impegnata in prima linea in una campagna di sensibilizzazione degli investitori.
Perché settori e area geografica non bastano più
I fondi tematici sono pensati per trarre beneficio dalle opportunità generate dai trend globali di lungo termine che nascono dai grandi squilibri del mondo in cui viviamo e lo trasformano. Vediamo allora come identificare questi “maratoneti” che corrono verso il futuro: “Siamo fermamente convinti che un approccio tematico possa aggiungere un valore considerevole ai propri investimenti”, sottolinea David Docherty, Investment Director Thematic del big del risparmio di origine anglosassone. Tuttavia “è cruciale affidarsi a chi può offrire una solida struttura di ricerca e un approccio attivo capace di individuare con precisione le opportunità”. Per capire di che cosa stiamo parlando, è utile partire dai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite che comprendono priorità globali come l’ambiente, le infrastrutture sostenibili, il consumo responsabile, l’inclusione, la salute e il benessere. Tutte sfide che, per essere vinte, comportano ingenti investimenti per rimediare ai forti squilibri oggi esistenti. Ecco allora – spiega l’esperto di Schroders – che gli investimenti tematici superano gli approcci tradizionali basati sull’area geografica o sui settori, per puntare sulle società realmente in grado di innovare e cavalcare i trend strutturali di lungo periodo.
Le sette regole per scegliere i temi vincenti
Individuare i temi su cui puntare richiede competenza, risorse e metodo. Per Schroders sono sette le regole da seguire. Passiamole in rassegna con Docherty. Prima regola: identificare correttamente i temi e le innovazioni a essi collegate, all’interno della sfida più generale di migliorare il Pianeta e la qualità della vita delle Persone. Seconda regola: accertarsi che i temi su cui si è deciso di investire non siano ciclici, ma di natura strutturale, e quindi di lungo periodo. Terza regola: verificare che l’investimento sia effettivamente realizzabile (ad esempio, i progetti di ricerca nella fase embrionale sono spesso gestite in ambito governativo o accademico e non accessibili agli investitori privati) e consenta di evitare i rischi di concentrazione. Quarta regola: alla larga sia da temi troppo circoscritti, perché impedirebbero al gestore del portafoglio la flessibilità necessaria, sia troppo ampi e quindi privi di “precisione” nell’investimento, come per esempio accade con la robotica, dove c’è un numero troppo esiguo di produttori per essere considerato un universo tematico e quindi è meglio guardare a sotto-temi come l’automazione. Quinta regola: i temi devono avere un potenziale di crescita nelle valutazioni. Sesta regola: investire con un approccio attivo, globale e senza vincoli che consenta anche di promuovere pratiche più sostenibili da parte delle società partecipate. Settima e ultima regola: stabilire adeguati presidi per vigilare sulle scelte fatte ed essere pronti a cambiarle nel caso uno o più requisiti vengano meno.
Dalla teoria ai fatti: la sfida acqua e cibo
Per capire meglio l’approccio trasversale dell’investimento tematico, vediamo ora un caso pratico: la sfida della fame nel mondo. Se le attese saranno rispettate, sulla Terra vivranno oltre 8 miliardi di persone entro il 2030 e dieci miliardi nel 2050. Tutto questo a fronte di un sistema alimentare già oggi insostenibile dal punto di vista climatico, perché responsabile di circa il 25% delle emissioni globali di gas serra, del 65% dell’utilizzo di acqua dolce e di circa il 60% dei 2 miliardi di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno nel mondo. Un circolo vizioso che può essere superato solo attuando almeno tre cambiamenti strutturali: l’efficientamento della resa dei terreni agricoli; la modifica dei regimi alimentari; l’abbattimento di sprechi e rifiuti. Questi cambiamenti sono tra loro interconnessi e portano con sé grandi opportunità di investimento, – spiegano Mark Lacey, Head of Global Resource Equities e Felix Odey, Global Renewables Anlyst di Schroders. Il primo tema da considerare è quello una agricoltura più hi-tech, basata su sensori in grado di misurare i dati del suolo (pH, nutrienti, contenuto di carbonio) così come i livelli di umidità e il flusso d’aria così da permetterne una resa più elevata a fronte di un minore spreco di acqua e minimizzando il ricorso ai fertilizzanti. Una scelta sostanzialmente obbligata, quella di ridurre l’uso del suolo se si considera quanto siano preziosi gli alberi come deposito di anidride carbonica e che sarà probabilmente necessario riforestare una parte della Terra.
La sostenibilità del cibo e dell’acqua non riguarda solo come produciamo, ma anche cosa mangiamo. Ecco allora la possibilità dei sostituti del latte, già oggi scelti non solo dagli intolleranti al lattosio. Una tendenza che, se si affermasse, potrebbe essere di “buon auspicio anche per i sostituti della carne, che attualmente rappresentano solo l’1% del mercato di riferimento, ma se incontrasse lo stesso successo dei sostituiti del latte, questo segmento potrebbe decuplicare nei prossimi 10 anni”, stimano Lacey e Odey, sottolineando come “tutti noi possiamo fare la nostra parte come consumatori adottando nuove abitudini alimentari”. Da ultimo, l’attività agricola oltre ad essere fortemente inquinante è un sistema estremamente inefficiente: il 44% di tutti i raccolti viene gettato prima di essere consumato. “Dall’uso della terra all’alimentazione animale, dalla produzione alimentare alla tecnologia, dal trasporto alla vendita e dal riciclaggio dei rifiuti, tutto dovrà cambiare. E lo stesso dovrà avvenire sul fronte del controllo, della gestione dell’acqua e del sistema idrico”, concludono gli esperti di Schroders. La stima è che siano necessari 30 trilioni di dollari per adeguare l’intero settore. Una somma enorme ma anche un‘occasione irripetibile da non lasciarsi sfuggire per investire guadagnando sul lungo termine mentre sia aiuta l’ambiente.
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