Quando siamo piccoli non sappiamo nulla. Poi, per anni e anni, assimiliamo informazioni. All’asilo, a scuola, in famiglia, e dagli amici. Così diventiamo adulti “istruiti + educati”. L’istruzione è più esplicita, per esempio si riferisce a tutte le nozioni che dobbiamo imparare durante l’iter scolastico per acculturarci e per superare gli esami, dalle elementari fino agli studi universitari. L’educazione è più implicita nel senso che spesso si tratta di regole di comportamento che vengono assorbite per imitazione o per esperienza diretta: sbagliando s’impara.
E’ proprio perché alcune cose si imparano solo sbagliando che la saggezza non può venire insegnata, come diceva Socrate e, nel secolo scorso, lo scrittore Herman Hesse.
Questa coppia, istruzione più educazione, sembra funzionare anche nel campo dell’investimento dei risparmi. Dovete avere una minima idea su che cosa siano obbligazioni e azioni, valute, mercati e così via. Non sono poi così tante nozioni, bastano quelle sufficienti a capire a che cosa si riferiscono gli “indici&numeri” che trovate ogni giorno, tranne la domenica, nelle ultime sei pagine del Sole 24 Ore (o di altri quotidiani analoghi).
Le cose si complicano invece quando si passa all’educazione, a quella che si è soliti chiamare sbrigativamente “educazione finanziaria”. Questo è infatti l’unico caso in cui l’educazione deve partire inizialmente come una sorta di dis-educazione. Proprio come quando volete riverniciare una porta e dovete togliere bene croste e tracce della pittura precedente. Farò alcuni brevi esempi per mostrare come l’educazione finanziaria sia preliminarmente una sorta di dis-educazione:
- Fai le cose che capisci bene – Fin da piccoli ci martellano con questo motto, e fanno bene perché per solito facciamo meglio solo le cose che capiamo a fondo ed è facendo queste cose che abbiamo successo e mettiamo via i risparmi. Ma quando li dobbiamo investire se facciamo le cose che sappiamo meglio ripetiamo quelle già fatte in passato: liquidità, reddito fisso e immobili. Bisognerebbe invece diversificare su altre possibilità, quelle appunto che conosciamo meno bene.
- Non prendere rischi inutili – Fin da piccoli ci insegnano a essere prudenti e a non rischiare perché adeguarsi a principi di prudenza evita grossi guai. E’ vero, anche se non è sempre vero. Aver sospeso un vaccino per prudenza si è rivelato contro-producente. Troppa prudenza fa male perché funziona solo sui tempi corti. Quelli che crediamo essere rischi sui tempi lunghi, e neppure troppo lungi, sono in realtà le scelte più sicuri (azioni, azioni, azioni, e diversificate in tutto il mondo).
- Basati sulla tua esperienza passata – Altro principio benefico perché ci permette di migliorare e affinarci via via nel nostro lavoro dato che, il più delle volte, sbagliando s’impara. Purtroppo le cose non vanno così nel campo degli investimenti. Se non hai mai preso in considerazione una forma di investimento la scarterai, anzi neppure la “vedrai” proprio perché non ha mai fatto parte della tua esperienza passata. E così la stragrande maggioranza degli investitori, che pur durante la pandemia, avevano toccato con mano il più grande cambiamento della loro vita, non si sono accorti che le cose erano cambiate, che si era attraversato per sempre un punto di non ritorno. Usavano a man bassa le nuove tecnologie, sempre di più, sempre più spesso nella vita e nel tempo libero. Ma pochissimi hanno pensato di mettere un po’ di risparmi sul Nasdaq, l’indice delle azioni tecnologiche, invece di tenerli fermi sui conti correnti.
Sprechi immensi, il più grande fallimento della disciplina che pratico da decenni. In media gli italiani, ma anche molte istituzioni, non hanno la minima idea che una educazione finanziaria che tenga conto dei risultati della finanza comportamentale è, prima di tutto, una forma di diseducazione, di abbandono dei modi di pensare antichi e consolidati.
E come mai non se ne accorgono? Questo è il grande mistero. In realtà non se ne accorgono perché pensano che l’educazione finanziaria sia una forma di istruzione e sono talmente ciechi ai mondi che li circondano, alle nuove possibilità, da non accorgersi di essere ciechi.
Bisogna almeno essere orbi per avere il dubbio che si potrebbe vedere meglio con entrambi gli occhi bene aperti. Eyes Wide Shut: e invece, occhi inconsapevolmente ben chiusi, ricordate l’ultimo film del grande Stanley Kubrick?