Articoli

La guerra aumenta l’appeal delle rinnovabili in Borsa. Ecco perché

4.8k

I Paesi europei hanno stoccaggi prossimi al 90% e, dopo un lungo braccio di ferro, hanno raggiunto un accordo per contrastare l’allarme gas con misure condivise, ma sul tavolo resta la grande sfida della sicurezza energetica. Ecco perché oggi puntare sulle rinnovabili in Borsa – con la diversificazione assicurata dai fondi di investimento, un corretto orizzonte temporale e l’aiuto di un consulente di fiducia –  potrebbe essere una opzione da considerare per non restare immobili, intrappolati dalla paura mentre l’inflazione erode i risparmi lasciati sui conti correnti. A dimostrarlo è uno studio del gruppo britannico Schroders che, con oltre 898 miliardi di euro di patrimonio in gestione in 38 Paesi, è da oltre 200 anni una delle maggiori realtà del risparmio gestito al mondo. “Gli investimenti nel settore delle rinnovabili si sono storicamente concentrati sulle plusvalenze”, ricordano Richard Nourse e Karin Kaiser, rispettivamente Managing Parner e Investment Manager di Schroders Greencoat, che ora vedono però “l’opportunità di beneficiare di una forma diversa di rendimento”, che potrebbe contribuire alla crescita su vasta scala di una asset class caratterizzata da “basso rischio tecnologico, prevedibilità delle risorse” e, se gestita correttamente, dalla “sicurezza dei flussi di cassa”. Vediamo perché. 

 

 

 

 

La rivoluzione green

A spingere i governi a puntare con decisione su eolico, solare e altre fonti alternative (atomo compreso) sarà un cocktail di fattori, in cui figurano sia la “nuova normalità” bellica (compresi i sabotaggi a infrastrutture strategiche come il gasdotto Nordstream) sia la necessità di colmare alcune lacune industriali. Non solo, proseguono gli esperti di Schroders, proprio l’emergenza energetica e la temuta catena di fallimenti potrebbero imprimere una rivoluzione green dalla forza paragonabile a quanto è avvenuto all’acme del Covid sul fronte della ricerca per assicurare un vaccino efficace all’umanità. Il percorso, tuttavia, non è privo di ostacoli e va affrontato con una prospettiva di lungo termine,  visto che ottenere i permessi per realizzare un impianto eolico in Europa può richiedere fino a 9 anni, che scendono a 4-5 per un parco solare. Simile l’approccio al nucleare per cui, tra iter autorizzativi e cantiere, occorrono almeno una decina d’anni. Nel breve periodo non c’è insomma alternativa al ricorso a carbone e petrolio.

 

 

Nel 2026 il sorpasso delle rinnovabili

Richard Nourse, Managing Parner di Schroders Greencoat

A rendere attraente l’asset class delle rinnovabili è anche il fatto che l’Europa dovrà potenziare da subito la sua capacità di stoccaggio e investire di più sulle energie pulite. Malgrado lo sforzo compiuto anche durante la pandemia (+30% circa gli investimenti nel 2021), per centrare l’obiettivo emissioni zero nel 2050 “saranno necessarie ancora molte centinaia di miliardi”, rimarcano Richard Nourse e Karin Kaiser aggiungendo che secondo le proiezioni, entro il 2050 le energie rinnovabili costituiranno una parte fondamentale della sicurezza energetica in tutte le principali economie europee, contribuendo complessivamente all’80% del mix energetico dell’area, a fronte di una domanda di elettricità superiore di  1,5 volte rispetto a quella attuale. Non per nulla, l’Agenzia internazionale dell’energia calcola che lo scorso anno è stata aggiunta una capacità di energia rinnovabile record di 290 gigawatt a livello globale e che di questo passo entro il 2026 le rinnovabili supereranno i combustibili fossili sommati al nucleare.

 

 

Paesi europei più esposti alla crisi

Ad alimentate la corsa verso la sostenibilità dei Paesi europei sarà poi anche la consapevolezza di essersi ritrovati quasi senza difese davanti al caro bollette. Esemplare il caso della Germania: la maggiore economia del vecchio continente e prima importatrice di metano russo ha già deciso di rinviare l’addio al nucleare. Subito dopo Berlino, per dipendenza dall’oro blu di Mosca, c’è l’Italia che ha trovato nell’Algeria un fornitore alternativo e ha puntato sul gas naturale liquefatto, ma ha bisogno di nuovi rigassificatori che incontrano non poche resistenze sul territorio, come dimostra il caso di Piombino. Quanto alla Francia, sulla carta può soddisfare quasi la metà del suo fabbisogno con il nucleare, ma ora che ha numerosi impianti in manutenzione sta importando energia. Insomma tutta Europa ha bisogno di assicurarsi nuova energia per crescere, e la fonte da cui attingere saranno le rinnovabili.

 

 

Contenuto consigliato