Articoli

Nelle aziende la donna conta sempre di più

Articoli

Il 2021 è testimone di un nuovo record: mai la presenza femminile nei cda delle aziende quotate è stata tanto alta in Italia. Le donne hanno raggiunto il 41%. Dato messo in evidenza dalla decima edizione del Rapporto Consob sulla corporate governance delle societa’ quotate italiane. Un massimo storico nel mercato italiano a cui ha contribuito anche l’effetto delle normative sulle quote di genere. 

Tuttavia c’è poco da festeggiare, il cosiddetto “soffitto di cristallo”, ossia il limite simbolico oltre il quale una lavoratrice non riesce a far crescere la propria carriera verso ruoli apicali, non è stato ancora abbattuto. Continuano a essere solo 16 le società che hanno un amministratore delegato donna, che rappresentano solo il 2% della capitalizzazione complessiva di Piazza Affari. Dato che addirittura diminuisce considerando che erano poco più del 3% nel 2013. Meglio, ma ancora non equilibrato il numero di donne alla presidenza: 30 professioniste, per una capitalizzazione di Borsa totale del che si ferma al 20,7%, mentre prevale il ruolo di consigliere indipendente (tre casi su quattro).

 

La distorsione dell’interlocking

Un’altra distorsione che emerge dal rapporto dell’autorità, che preoccupa, è il fenomeno noto come interlocking: tradotto significa che le donne sono più frequentemente degli uomini titolari di più di un incarico di amministrazione: il 30%. Si tratta di un dato negativo perché riduce il numero assoluto delle donne che fanno esperienza di ruolo di leadership e dimostra una minore predisposizione nell’esaminare nuovi profili. Il dato tuttavia mostra una flessione rispetto all’anno precedente e al massimo raggiunto nel 2019 (34,9% di donne interlockers) a seguito di una crescita significativa nel periodo 2013-2018.

 

Come si è arrivati a questo record?

Si è dovuto ricorrere a delle leggi per imporre la presenza femminile nelle aziende, a dimostrazione che il problema è prima di tutto socio-culturale.

Nel 2009 in Italia erano solo il 6,8% le donne nelle società quotate e al 4% in quelle a partecipazione pubblica. Fino all’attuazione di politiche di genere sorte dall’iniziativa di Deputati e Senatori appartenenti a diverse forze politiche. Stiamo parlando della legge Golfo – Mosca rappresentando uno dei pochissimi provvedimenti bipartisan del Governo Berlusconi IV.

Questa legge obbliga le società quotate e le società controllate dalle Pubbliche Amministrazioni a riservare una quota del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale al genere meno rappresentato ovvero imponendo la presenza di un numero minimo di donne (almeno 1/3) all’interno dei CDA delle società quotate.

Questa evoluzione ha portato con sé anche l’esistenza di una correlazione tra la diversity di genere nel board e le performance aziendali. L’ingresso delle donne ha trasformato infatti i cda delle quotate: ora sono in media piu’ giovani, con piu’ laureati e con una maggiore diversificazione dei profili professionali.

I dati hanno più volte confermato che la rappresentanza femminile nelle posizioni apicali ha implicazioni rilevanti sulle scelte aziendali e soprattutto sulle performance. Perchè? Prima di tutto favoriscono la sostenibilità, con maggiore attenzione a welfare ed ecosistema ambientale e sociale. Inoltre, le aziende con una maggiore presenza di donne nei board investono di più in innovazione. Ancora, in termini di governance, l’ingresso delle donne nei consigli di amministrazione ne ha arricchito la diversity sotto vari profili.

Una maggiore diversità di genere si associa a una pluralità di dimensioni quali una minore elusione fiscale, frodi meno frequenti e meno gravi piuttosto che minori sanzioni ambientali. Studi recenti mostrano anche che la diversità di genere accresce l’efficacia del presidio consiliare e quindi la sua capacità di ridurre il rischio di condotta (conduct risk). In particolare, considerando il numero delle sanzioni comminate dalle autorità di regolamentazione statunitensi alle banche quotate nell’Ue, si osserva che una maggiore rappresentanza femminile riduce significativamente la frequenza delle multe per cattiva condotta, equivalenti a un risparmio di 7,48 milioni di dollari all’anno per le banche Ue, con una maggiore influenza delle donne quando raggiungono una massa critica e sono supportate da donne in ruoli di leadership. Il meccanismo attraverso il quale la diversità di genere influisce sull’efficacia del consiglio nel prevenire la cattiva condotta deriva dall’eticità e dall’avversione al rischio delle donne

Ecco perchè garantire la cosiddetta gender diversity nella composizione dei board è una delle principali sfide che le aziende devono affrontare per sviluppare il proprio business anche in ottica ESG (Environmental, Social, and Corporate Governance). Non a caso la parità di genere rientra anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) predisposto dal governo italiano, che punta a un aumento dell’occupazione femminile del 4% entro il 2026 e a una riduzione delle disparità tra figure maschili e femminili.

L’Italia sta facendo però importanti passi avanti per quanto riguarda le tematiche legate a diversità e inclusione, cercando anche di colmare quel gap salariale che le vede nelle posizioni più basse della classifica dei paesi europei. Uno di questi passi è il decreto legislativo per le pari opportunità in ambito lavorativo, approvato a ottobre 2021. Che prevede, ad esempio, l’applicazione a partire dal 1° gennaio 2022 di un sistema incentivante nelle aziende con più di 50 dipendenti: i datori di lavoro che si impegnano a ridurre la disparità di genere, ad esempio nei salari e nelle possibilità di crescita, con risultati certificati, ottengono uno sgravio contributivo fino a 50.000 euro. Questo incentivo è collegato all’obbligo, per queste società sia pubbliche sia private, di presentare un rapporto, almeno ogni due anni, sulla situazione del personale maschile e femminile.

La parità di genere non è quindi tanto una questione di inclusione ma di business e rendimento. La presenza delle donne conviene, in tutti i sensi. Serviranno leggi anche per abbattere il soffitto di cristallo e trasformare quel 2% di donne all’apice in una percentuale equa?

Deborah Ullasci, 30 maggio 2022