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Perché Putin perderà contro l’Occidente

Rassegna stampa del 17 febbraio 2019

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La frustrazione scaturisce dall’essere impediti a soddisfare un proprio bisogno o desiderio. Spesso deriva da una percezione di sé distorta che non consente di valutare la reale consistenza delle proprie potenzialità. Quello che si pensa di essere o si desidera essere non corrisponde alla realtà delle cose.

Dentro questo sentimento, che ha impregnato lo spirito di un intero popolo o almeno delle classi dirigenti che lo hanno guidato per secoli, occorre ricercare le motivazioni della smania di grandezza della Russia, che non si è mai concretizzata in modo definitivo nella storia a causa di ragioni economiche, geografiche e demografiche. 

Dentro questo stato psicologico che l’elite moscovita ha propagandato alle masse è necessario delineare le cause della guerra di aggressione russa all’Ucraina. Ragioni che vengono da lontano. Da molto prima della caduta del muro di Berlino, del disfacimento dell’URSS, dell’allargamento ad est della Nato a seguito di democratiche decisioni dei popoli liberatisi dal giogo della dittatura sovietica. 

Come spiega lo studioso di storia russa Stephen Kotkin in un’imperdibile intervista al New Yorker: “la Russia da sempre riproduce alcune caratteristiche politiche: il potere autocratico. Un governo repressivo. Il militarismo. Il patologico sospetto contro gli stranieri e l’Occidente. La Russia vuole distinguersi come una grande potenza. Ma le sue capacità non hanno mai eguagliato le sue aspirazioni. È sempre in lotta per essere all’altezza di queste aspirazioni, ma non può, perché l’Occidente è sempre stato più potente”.

Questo ciclico movimento che parte dall’aspirazione alla crescita e dall’affermazione della propria auto percezione e attraverso lo scontro con il vicino porta alla sconfitta e alla crisi economica produce il crescente divario tecnologico, economico e sociale con l’Occidente. La Russia non è stata mai capace di accettare la sua reale posizione nel mondo e costruire conseguentemente un percorso di fiducia collaborativa con l’Occidente.

Ha preferito anche dopo il 1991 affidarsi ad un nuovo sistema autocratico, con Eltsin prima e Putin poi, che è degenerato in un vero potere dispotico. Il dispotismo è una patologia dei sistemi di potere che inevitabilmente quando si instaura in uno stato conduce alla guerra e quasi sempre alla sconfitta. Perché nell’assenza di libertà di pensiero che il dispotismo crea, i despoti sono i primi ad essere privati dalla risorsa più importante per compiere scelte sensate: la verità.

La verità scompare. Pochi hanno accesso al despota. E nessuno fra quei pochi osa dirgli  la verità. Così la realtà sfugge. Le informazioni si squalificano. La possibilità di attuare correttivi diminuisce. E ciò che appariva certo svanisce contro il muro della verità. 

La resistenza di Kiev e del suo popolo e l’ispirazione che ha prodotto nelle opinioni pubbliche e nei governi occidentali è la verità inattesa che Putin si trova a dover fronteggiare dopo anni di impunita attività militare e geo-strategica nel mondo. 

La guerra di Putin all’Ucraina era nelle sue intenzioni una guerra lampo. Ma l’azzardo non calcolato è stato che Putin ha di fatto dichiarato una guerra all’Occidente per interposto stato. L’Ucraina di certo non era un pericolo militare per la Russia. Era piuttosto un pericolo ideologico. Uno stato alle porte di casa dove si sperimenta con alterno successo la democrazia, il pluralismo, il rispetto degli individui, la società aperta, il libero mercato, lo stato di diritto era un pericolo troppo grande da correre. 

La prova generale per dimostrare che fosse possibile militarmente assorbire nazioni dalla sfera di influenza dell’occidente. 

Ma Putin ha commesso un grave errore: l’Ucraina e il suo popolo non sono sotto la sfera di influenza dell’Occidente. Sono Occidente. Poiché esso non è una realtà geografica, ma una entità ideale. L’Occidente è una idea di relazione con gli altri e il potere. E una volta provata è difficile accettare di rinunciarvi.  

Gli ucraini hanno avuto la possibilità di provare il giogo di un sistema imperiale e autoritario e poi le libertà che garantisce un sistema basato su istituzioni democratiche. Questa comparazione ha motivato lo spirito degli ucraini, ancor di più del nazionalismo. La sfida non è solo appartenere ad una nazione, ma poter scegliere in quale sistema sociale far vivere i propri figli.

Putin ha sfidato l’idea stessa di Occidente, ma così facendo ha ricordato agli occidentali cosa sono e cosa devono essere disposti a fare per poter continuare a vivere in una società libera.

Nonostante gli intellettuali che sproloquiano di pace invocando la resa di Zelensky in alcuni salotti televisivi, perfettamente fotografati da Massimo Recalcati come neneisti estranei ai valori della democrazia, l’Occidente ha compreso che Kiev merita tutto il sostegno possibile per resistere. Intelligence, armi, aiuti alimentari e strategici. E dovrà essere così per tutto il tempo utile affinché  il despota russo veda implodere il proprio sistema economico.

L’ultima consapevolezza che deve avere l’Occidente è che occorre anche prevedere soluzioni estreme per impedire che Putin compia prima della sconfitta interna reazioni di frustrazione. 


Antonello Barone, 19 marzo 2022