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Quotato o non quotato? Che cosa significa investire fuori dalle Borse

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La pandemia di Covid, la guerra in Ucraina, la fiammata dell’inflazione: le Borse mondiali hanno dovuto metabolizzare nell’arco di tre anni choc di intensità paragonabili a quello della grande recessione. L’esito è stato la grande volatilità dei listini e quindi il pericolo, soprattutto per i risparmiatori che puntano sul fai-da-te, di subire cocenti delusioni. Ci sono tuttavia alternative molto interessanti per diversificare il proprio portafoglio anche “fuori” dalle Borse, a patto di conoscerne le caratteristiche e considerarne i rischi legati alla loro complessità e relativa illiquidità. Stiamo parlando della possibilità di investire sui cosiddetti “asset privati”, cioè partecipare per esempio allo sviluppo delle infrastrutture di un Paese o di impianti energetici green, oppure finanziare il tessuto economico fatto di piccole e medie imprese e, perché no, start-up. Una sorta, insomma, di “Pnrr collettivo”, visto che anche chi investe sui private asset spesso contribuisce a obiettivi comuni come la sostenibilità o il sostegno all’economia reale. Vediamo allora più da vicino che cosa significa puntare sui mercati finanziari privati e quali sono le differenze fondamentali rispetto alle società quotate. Ci aiuta in questa analisi Schroders, big del risparmio con un patrimonio di oltre 831 miliardi di euro e una rete di professionisti in 37 Paesi, che ci mette a disposizione il proprio responsabile degli investimenti azionari Rory Bateman e quello del private equity Tim Creed.

 

 

Private asset ora un po’ più liquidi…

Rory Bateman, Co-Head of Investment and Head of Equities di Schroders

Partiamo dall’aspetto della liquidabilità. I private asset restano per natura non immediatamente rivendibili in caso di necessità, come invece accade per le azioni, le obbligazioni o i fondi di investimento che sono trattati quotidianamente in Piazza Affari e sulle altre Borse mondiali. Va però detto, ricorda Schroders, che il private equity sta crescendo molto in dimensioni e può ormai contare su un efficace mercato secondario che ha reso sempre più facile la compravendita di questi beni non quotati tra i diversi attori interessati. Grazie ai cambiamenti normativi degli ultimi anni, esistono anche diversi modi per strutturare gli investimenti in private equity, ad esempio attraverso fondi che consentono finestre di liquidità periodiche.

 

…e democratici

Le novità regolamentari stanno inoltre aprendo questi mercati anche agli investitori individuali, mentre prima erano storicamente riservati agli operatori professionali o ai clienti molto facoltosi. Tra i prodotti studiati a tale scopo spiccano gli ELTIF, acronimo di European Long-Term Investment Fund. Introdotti dall’Unione Europea, questi fondi d’investimento sono stati progettati per aumentare i finanziamenti non bancari a favore delle aziende che necessitano di capitale a lungo termine.  La caratteristica propria dell’ELTIF è che almeno il 70% deve essere investito in veicoli non quotati, come piccole e medie imprese, progetti infrastrutturali o immobili. Grazie a soglie di ingresso relativamente contenute, consentono di entrare nel mondo degli asset privati senza dover investire grandi somme o essere un investitore professionale. E permettono di farlo ricorrendo a team di specialisti, sottoposti a una rigida regolamentazione e in grado di gestire opportunità d’investimento complesse con l’impiego di competenze adeguate.

 

Meno burocrazia, focus sui risultati

Tim Creed, Head of Private Equity Investments di Schroders Capital

Le società quotate hanno il loro capitale frazionato come le tessere di un puzzle tra centinaia di migliaia (a volte milioni) di investitori grandi e piccoli, i private asset sono invece di norma di proprietà di singoli individui o famiglie oppure di fondi di private equity. Questi ultimi acquistano le aziende per farle crescere in modo sostanziale nell’arco di alcuni anni utilizzando capitali provenienti da fondi pensione, compagnie assicurative, dotazioni e fondazioni o appunto dei singoli investitori.  Da questa situazione – sottolinea Schroders – deriva che una società quotata in Borsa è legata a precisi obblighi di rendicontazione e pubblicazione dei bilanci o dei propri piani industriali mentre le informazioni sulle società private restano di dominio dei soli soci accomandatari (cioè i responsabili della gestione del fondo) e accomandanti (cioè gli investitori). Insomma le aziende private possono concentrare più tempo e risorse sulla gestione piuttosto che sull’adempimento dei requisiti normativi di rendicontazione”.

 

Orizzonte temporale più lungo, meno volatilità

I fondi svolgono un grande ruolo di investitore attivo, promuovendo un dialogo costante con le aziende in cui investono, al fine di favorire un cambiamento verso pratiche più sostenibili, ricorda Bateman. Ma la stessa forza, o un impatto ancora maggiore, la si può avere negli asset privati, perché maggiore può essere il controllo sulle strategie di queste società. Non solo, si abbraccia un orizzonte temporale di medio-lungo periodo mentre le azioni quotate sono esposte tutti i giorni all’esame del mercato, come evidenzia Creed: gli investimenti diretti in private equity sono infatti valutati in base a rigidi principi e procedure su base mensile o trimestrale. Ciò consente di ridurre l’emotività dell’investitore tipicamente associata al saliscendi quotidiano delle Borse.

 

 

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