Dopo aver utilizzato per circa due anni i tassi di interesse come un estintore per spegnere l’incendio dell’inflazione seguita a pandemia e guerre, con importanti ricadute sui costi dei prestiti di famiglie e imprese nonché sul debito pubblico, la Bce a giugno ha concesso una tregua. Ha tagliato il costo del denaro di 25 punti base, portandolo al 3,75%. A Francoforte prosegue però serrato il confronto tra i custodi del rigore, come i paesi nordici cosiddetti “frugali”, e i più permessivi quanto indebitati Stati del Mediterraneo.
Ecco perché, se la decisione di tagliare i tassi era stata prevista dai mercati finanziari, la scommessa è capire che cosa accadrà da qui a fine anno. Anche perché la stessa Bce ha visto al rialzo le stime sulla fiammata dei prezzi che non tornerà entro la porta tagliafuoco del 2% prima della seconda metà del 2025. Analizziamo la situazione e che cosa significa per gli investitori con l’aiuto degli esperti di Schroders, colosso del risparmio gestito.
Bce, i tagli attesi entro fine anno
L’Eurotower ha rimarcato di considerare tassi ancora “restrittivi” ma di essere pronta ad allentarli nuovamente anche se l’inflazione dovesse attestarsi poco sopra le attese, visto l’effetto a catena derivante dagli aumenti dei salari e la conseguente decisione delle imprese di ritoccare al rialzo i loro listini prezzi. Gran parte degli economisti pensano che la Bce taglierà i tassi altre due volte entro la fine di quest’anno e tre volte nel 2025. Schroders, invece, prevede altri tre tagli quest’anno e due l’anno prossimo, indicando una prospettiva più ottimistica. “Ciò potrebbe avere implicazioni positive per i mercati azionari e del reddito fisso europei, sostenendo una maggiore crescita economica e tassi di sconto più bassi” spiega Azad Zangana, Senior European Economist and Strategist.
L’impatto sugli investimenti
Ma i tassi fissati dalle banche centrali come impattano su chi investe? Per quanto riguarda le azioni “va considerato che ogni stretta al costo del denaro (cioè l’aumento dei tassi d’interesse) rende più oneroso indebitarsi per le imprese con possibili ricadute sugli utili e quindi sulle quotazioni” spiegano gli esperti di Schroders. Non solo: anche “le obbligazioni già in circolazione potrebbero diminuire di prezzo e attrattività, perché soffrono la concorrenza dei nuovi bond che hanno remunerazioni in media più elevate”. Va da sé, poi, che diventano più pesanti i prestiti ipotecari, come i mutui, fino a fare da freno al mercato immobiliare. Così come tende ad apprezzarsi la valuta, per noi l’euro, perché vengono attirati maggiori investimenti esteri essendo più remunerativi. In sintesi, uno scenario potenzialmente recessivo, mentre “quando i tassi d’interesse diminuiscono, può verificarsi l’effetto opposto”, sottolineano gli esperti di Schroders.
Che cos’è il tasso neutrale
La Bce ha iniziato a tagliare i tassi d’interesse; Federal Reserve e la Banca d’Inghilterra dovrebbero seguirla pur con tempi di marcia diversi. Ecco perché, avverte Schroders, per cercare di giocare d’anticipo in Borsa vale la pena chiedersi quale sia il tasso “neutrale” per queste tre grandi economie occidentali. Con questa espressione si intende un livello di tasso che non sia né troppo restrittivo né troppo “lasco”, quando cioè la crescita e l’inflazione si assestano su percorsi stabili e sostenibili. Questa è la definizione da manuale, ma nella realtà la pratica si allontana dalla teoria e sono molti i fattori che influenzano le decisioni delle banche centrali. Di conseguenza, è difficile stimare con precisione il tasso neutrale e sarebbe un errore aspettarsi che i tassi seguano una traiettoria regolare.
Che cosa farà la Fed?
Ipotizzando che la banca centrale statunitense riesca a riportare l’inflazione all’obiettivo del 2%, è probabile che ciò avvenga mantenendo tassi reali più vicini all’1,25-1,50% rispetto che non allo 0,5% che ha caratterizzato il periodo post crisi finanziaria globale. In ogni caso, conclude Zangana, “pensiamo la Fed si muoverà con cautela, riducendo i tassi di base al 4,50-4,75% entro l’inizio del 2025 per poi aspettare un anno per testarne l’effetto”. Insomma, l’incendio dei prezzi è domato, ma le banche centrali tengono gli estintori pronti all’uso.
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